venerdì 14 dicembre 2007

Incontro a Quarticciolo con la Zabalaza

Il Sud, visto dal Sud

Incontro con:

2 militanti dello Zabalaza Anarchist Communist Front
- Breve storia del movimento anarchico e anarcosindacalista nell'Africa meridionale nel primo '900
- Crepuscolo dell'apartheid e il risorgimento delle idee anarchiche
- Ristrutturazione neoliberista dell'ANC nel Sud Africa post-apartheid e il ruolo del Sud Africa come potenza subimperialista
-Emergenza dei movimenti sociali popolari contro le privatizzazioni ecc. e il ruolo degli anarchici
- Zuma e l'Alleanza Tripartitica (PCSA, COSATU e ANC)
- La nuova ondata di scioperi e proteste studentesche, la loro trasformazione in senso burocratico e un possibile aumento nella militanza di base
- Lo Swaziland, il movimento per la democrazia e l'anarchismo
- Lo stato attuale del movimento anarchico, le attività dello ZACF e le prospettive per il futuro
Dibattito.
Domenica 16 dicembre, alle ore 19,30
presso il
Laboratorio Sociale "La Talpa"
via Ostuni 9 (Piazza del Quarticciolo), RomaBus 451 da Metro Ponte Mammolo e Metro Subaugusta
Tram 14 da Termini
latalpa2ott@hotmail.com
Organizzano:
Federazione dei Comunisti Anarchici - Sezione di Roma
Laboratorio Sociale "La Talpa"
Unione Sindacale Italiana

12 Dicembre 1969: Strage di Stato - 15 Dicembre 1969: assassinio del compagno Pinelli

Il 12 dicembre 1969 un ordigno contenente sette chili di tritolo esplode alle 16,37, nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura, in piazza Fontana, a Milano. Il bilancio delle vittime è di 16 morti e 87 feriti.
Nei giorni successivi alla strage, solo a Milano, sono 84 le persone fermate tra anarchici, militanti di estrema sinistra e due appartenenti a formazioni di destra.
Il primo ad essere convocato è il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli, chiamato in questura lo stesso giorno dell’esplosione. Dopo tre giorni di interrogatorio non viene contestata, a Pinelli, nessuna imputazione eppure non viene comunque rilasciato.
Ad interrogarlo è il commissario Calabresi il quale guida l’inchiesta sulla strage.
15 dicembre 1969, tre giorni dopo l’arresto, Pinelli muore precipitando dalla finestra della Questura.
La versione ufficiale parla di suicidio, ma i quattro poliziotti e il capitano dei carabinieri Lo Grano, presenti nella stanza dell’interrogatorio al momento della morte del ferroviere, saranno oggetto di un’inchiesta per omicidio colposo.
Verrà poi aperto nei loro confronti un procedimento penale per omicidio volontario. Nei confronti del Commissario calabresi, che non si trovava nella stanza ,si procederà per omicidio colposo.
Tutti gli imputati verranno poi prosciolti nel 1975, perché
LO STATO ASSOLVE SEMPRE I SUOI SERVI CRIMININALI

....E LA CHIESA LI FA SANTI
Fino ad arrivare ai giorni nostri con l'apertura del processo di beatificazione, da parte della chiesa cattolica, del commissario Calabresi.
Ma anche di questo non ci scandalizziamo, abituati ad una chiesa che ospita nelle sue cripte mafiosi ed assassini servi dei poteri.

FdCA Roma

lunedì 10 dicembre 2007

dal Quarticciolo ribelle due giorni di iniziative:

- per ricordare attivamente la strage di Piazza Fontana
- per rispondere a chi tenta di ricoprire con una mano di vernice le macagne strutturali delle periferie romane
- per rispondere a chi tenta di reprimere qualsiasi espressione proletaria di dissenso
- per denunciare le manovre speculative della cartolarizzazione
- e perchè no! per festeggiare 9 anni di occupazione.


Mercoledi 12 dicembre Ex questura Quarticciolo 9 anni di occupazione (1998-2007)

Diritto alla casa per tutti
Una giornata fuori dal “Comune”

dal pomeriggio:

-quarticciolo street writers > coloriamo i muri del palazzo> bomboletta libera

-live hip hop: Apostoli della strada crew, Testimoni, ChC, and more....microfono aperto

-mostra storica-fotografica-video: la Strage di piazza Fontana

-cena sociale: salsiccia e vino per tutti

-dalle 20.30: proiezione delle partita Roma-Manchester United

Sabato 15 dicembre Incontro pubblico:

“La riqualificazione del Quarticciolo tra case ATER, sanatorie e svendita del patrimonio pubblico”
presso i locali dell'ex questura occopata. via Ostuni n 7
Organizzano:
- laboratorio sociale la talpa
- Coordinamento cittadino di lotta per la casa
www.talpalab.com
www.abitare.noblogs.org

domenica 9 dicembre 2007

Da un compagno al nord

Le mie sono delle riflessioni sconclusionate.
Questa sera (ore 19,45) stavo tornando a casa e, ascoltando uno spezzone di “zapping alla radio” su Rai 1, apprendo della morte del terzo operaio ( martire, eroe o chissà cosa) della fonderia torinese (mattatoio annunciato come tante fabbriche e altri posti di lavoro) e del minuto di silenzio alla Scala in ricordo/onore (!?) degli operai (forse schiavi mo­derni, visto che qualcuno lavorava ininterrottamente da 12 ore – a “zapping alla radio”, la conduttrice li ha definiti “rit­mi cinesi", io, pensando ai miei, li definisco normali, ma, il mio, qualcuno lo ha definito auto sfruttamento mentre, io, lo definisco solo una questione di sopravvivenza di cui, se potessi, ne farei volentieri a meno!) e Sandro Curzi che, ri­spondendo alla telefonata di un ascoltatore, con una retorica da vomito, diceva che la classe operaia esiste ancora ma è stata lasciata sola (poverina, penso io) e si chiede anche lui, ricordando suo padre che ha fatto le lotte operaie con­tro gli orari di lavoro massacranti (per inciso ha citato la canzone che dice “se otto ore vi sembran poche provate voi a lavorar”), dove sia il sindacato, in quel momento entravo in garage e spegnevo motore e autoradio; naturalmente non ho riacceso la radio (dovevo salutare la mia famiglia, sentire come è andato l'esame di Enrico, salutare i miei cani e mangiare) ma, in automatico, la mia testa ricordava l'intervista ad uno dei sopravvissuti che, mestamente, diceva che al sorgere del primo focolaio d'incendio, lui aveva azionato un idrante che aveva funzionato solo per pochi istanti (forse se avesse funzionato per il tempo necessario non sarei qui con le mie paturnie) e che poi non aveva potuto aiutare i suoi compagni di lavoro e che non funzionava il telefono rosso (quello per chiamare i soccorsi!!!) o l'altro che, lucida­mente, parlava di tragedia annunciata perché la fonderia era in dismissione e che la direzione risparmiava su tutto, an­che sulla sicurezza! all'età degli operai (tutta superiore ai 30 anni e, quindi, fuori del mercato del lavoro; in questi casi si pensa solo a non perdere quel poco che hai, signor Curzi e non alle lotte del tuo papà che tu e il tuo partito ricordate solo in questi casi, mostrandovi contriti e stranamente smarriti) a Luca Cordero di Montezemolo che si è accorto che i salari sono troppo bassi (forse negli ultimi rendiconto ha notato che se la gente non ha soldi non consuma! e il mecca­nismo capitalista potrebbe incepparsi).

Ora io mi chiedo come mai a nessuno di “lor signori” è venuto in mente di fare immediatamente, invece che della retorica, uno straccio di protesta o di prender qualche serio provvedimento (adesso si discute della finanziaria, della fiducia al governo o del fatto che il progetto del PDS è stato tradito, forse caro Berti­notti, non era neanche partito) su quello che è avvenuto e avviene nel mondo del lavoro invece che delle solite frasi di circostanza o si mai chiesto perché i bamboccioni non escono di casa (forse, signor Padoa Scoppiato, con uno stipendio mensile che, se va bene, è di 1000 € e un affitto, sempre mensile, di 700/800 € è leggermente complicato farlo!), in­somma mi è venuta una botta di tristezza e penso che, noi compagne/compagni (ora non sono polemico/pignolo/iper­sensibile e non dimentico le desinenze, anzi le amo e le abbraccio tutte!) abbiamo molto da lavorare e combattere per arrivare alla società liberata e ad un mondo di uguali tra gli uguali dove ognuno da per quel che può e riceve per quel che ha bisogno e mi viene sempre di più la voglia di farlo!

Scusate lo sfogo.
Un abbraccio anzi, Salud!
Salvatore

sabato 8 dicembre 2007

Quando è il lavoro ad uccidere...

Quando è il lavoro ad uccidere......la morte diventa un numero e la vita un sacrificio da offrire al Moloch del capitalismo e dello sfruttamento.

Per il capitalismo i lavoratori non sono che numeri in vita: numeri in produzione, numeri in esubero, numeri in mobilità, numeri da ridurre coi licenziamenti.
E numeri restano, anche quando sono morti sul lavoro. Le vite sfruttate, le vite spezzate non sono altro che costi. Cioè numeri. Così l'INAIL ci fa sapere che nel 2006 ha registrato 1.280 morti sul lavoro. Che sono in aumento le vittime tra le donne e gli extracomunitari. Che nel 2006 vi sarebbero stati 1.115 morti nell'industria (280 nell'edilizia), 114 nell'agricoltura e 11 tra i dipendenti statali. Che il numero degli infortuni mortali aumenta per le donne: 103 uccise nel 2006 contro 88 nel 2005.

Da 4 anni emerge poi anche la crescita delle vittime tra gli extracomunitari.
Si dice che sono numeri dentro la statistica! Una statistica che conta una media di quattro morti al giorni per infortunio sul lavoro e che non tiene conto di quei lavoratori e lavoratrici, anche immigrati, che non esistono perché in nero, clandestini, sommersi.
E che dire dei lavoratori che sono rimasti vittima di incidenti stradali perché stanchi e affaticati dalla guida o dal turno di lavoro?
E delle vittime di esposizione ad agenti cancerogeni e tossici, di cui raramente o a grande fatica si riesce a dimostrare che la causa della loro morte è il lavoro?

Quando il lavoro uccide, non c'è articolo 2087 del codice civile che tenga, non c'è legge 626 che tuteli, il serial killer che non si vuole denunciare e fermare è tuttavia sotto gli occhi di tutti: è l'organizzazione del lavoro e la sua deregolamentazione; è l'intensificazione dello sfruttamento del lavoro ed il ricatto che attenua o annulla le norme di protezione e sicurezza o addirittura le vuole depenalizzare. E se non provoca la morte, procura centinaia di migliaia di incidenti sul lavoro (938.613 sono stati gli incidenti denunciati nel 2004 dall'INAIL).

In Italia come in tutto il mondo, dietro i morti e gli incidenti sul lavoro ci sono grandi interessi che tendono a scaricare sulla collettività i costi delle conseguenze delle morti, degli infortuni e delle malattie professionali. Si tratta di costi umani ed anche economici enormi: si perde ogni anno il 4% del PIL mondiale per costi derivati da incidenti, decessi e malattie legate al lavoro, pari a 20 volte la spesa per gli aiuti allo sviluppo.

Ma il costo umano è incalcolabile!! Si tratta di una mattanza di dimensioni mondiali. L'Ufficio Internazionale del Lavoro (ILO) ha registrato per il 2005 circa 2,2 milioni di morti l'anno, di cui "solo" 350.000 sono dovute a infortuni (e fra questi ben 60.000 nell'edilizia). Tutti gli altri - 1 milione e 700 mila persone - sono vittima di malattie professionali (l'amianto da solo è ancora responsabile di circa 100.000 morti l'anno).
E la maggior parte degli infortuni mortali stimati dall'Ilo avviene in Cina (circa 90.000), in altri Paesi dell'Asia (76.866) e in India (40.133). E nei prossimi 15 anni ci sarà un aumento sia nel numero di giovani (15-24 anni), sia in quello di anziani (60 anni e oltre) che entreranno nella forza lavoro: si tratta proprio delle categorie che tendono ad avere i più alti tassi di incidenti sul lavoro.

La prevenzione, la protezione, la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro sono costi che non possono essere scaricati sui contratti di categoria, ma devono essere assunti dai datori di lavoro; i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) devono essere istituiti in ogni luogo di lavoro anche su iniziativa autonoma ed autogestita dei lavoratori e messi in condizione di poter operare, protetti e tutelati dai ricatti padronali, in diretto contatto con le ASL, a cui affidare il riconoscimento degli infortuni e delle malattie professionali e l'istituzione di un osservatorio, comune per comune, azienda per azienda degli infortuni sul lavoro.

Ma soprattutto occorre riprendere la critica sul capitalismo come sistema di produzione, la denuncia sistematica dello sfruttamento e dei suoi effetti letali sulla salute e sulla vita dei proletari in Italia ed in tutto il mondo; l'organizzazione di lotte specifiche per la sicurezza, per contrastare tutti i processi causa dell'aumento dei fattori di rischio: dalle privatizzazioni all'outsourcing, dalla dequalificazione delle mansioni all'aumento dei ritmi nelle unità produttive.

Perché non si debba più morire di lavoro, ma vivere, non bastano accorati appelli o lacrime di coccodrillo, e l'affidarsi al rispetto delle regole o alla correttezza dei padroni: è necessaria, in ogni luogo di lavoro, la riconquista della dignità e la consapevolezza di dover difendere i propri diritti, serve la lotta e l'unità dei lavoratori e delle lavoratrici.

FEDERAZIONE DEI COMUNISTI ANARCHICI

giovedì 6 dicembre 2007

Vivere in Italia

Cari Compagni,
e' notizia di ieri o ieri l'altro dell'ennesima tragedia in mare,solo che in questo caso riguarda un
peschereccio affondato per il cattivo tempo di fronte al litorale laziale.

Mancano all'appello due persone, due lavoratori in nero, sottopagati, senza permesso(scaduto), due magrebini (non ricordo la loro nazionalita') ma poco importa. Importa che sono ancora dispersi in mare e che forse le mogli e i figli non li rivedranno piu.

Uno dei due ha conosciuto il calvario che infligge la nostra giustizia borghese con l'accusa di terrorismo internazionale. Questo perche' in una perquisizione in casa gli trovarono dell'esplosivo, solo dopo tre anni fu dimostrato che serviva per la pesca di frodo e di conseguenza la Cassazione annullo' tutta l'inchiesta.L'esplosivo chissa' perche' non era in casa dell'armatore o del comandante del peschereccio!
Questo e' quanto ho voluto scrivere su una storia come tante che si consuma ogni giorno nel bel paese.

ciao Luigi

lunedì 3 dicembre 2007

Sulle manifestazioni di Vicenza

Le mobilitazioni di Vicenza per bloccare l'apertura di una nuova base militare nell'area Dal Molin hanno segnato una tappa importante per tutto il movimento contro la guerra, facendo emergere due aspetti importanti.
Da una parte, l'esperienza di Vicenza ha messo al centro dell'iniziativa contro la guerra la questione delle basi militari, superando l'approccio etico al rifiuto della guerra, individuando e proponendo obiettivi concreti nell'azione antimilitarista. Dall'altra, il movimento "No Dal Molin" rappresenta un bel esempio di resistenza sociale alla militarizzazione del territorio e di democrazia diretta. Smascherati i falsi propositi dei partiti di governo locale e nazionale, coinvolti nei processi decisionali che hanno permesso al governo degli Stati Uniti di perseguire l'obiettivo della ridefinizione strategica del proprio ruolo nello scacchiere internazionale, il movimento che si inserisce in quella realtà più allargata, fatta di tanti comitati locali, che oggi, a partire dalla Val di Susa contro la Tav, passando per Venezia contro il Mose e attraverso le tante lotte in difesa dell'ambiente e della salute pubblica, caratterizza quella parte del paese che non intende sottomettersi alle decisioni di chi fa dei territori lo strumento del proprio profitto e ad una politica delle grandi opere che comporta effetti devastanti sul piano ecologico e sociale.
L'importanza degli obiettivi che il movimento vicentino ha posto, supera la dimensione locale per inserirsi in un percorso di lotte che coinvolge tutto il territorio nazionale e anche oltre. Il movimento contro la base militare di Vicenza ha già lasciato una segno indelebile (molti comitati si sono costituiti sull'onda dell'esperienza vicentina) e il suo esito finale sarà determinante per il futuro delle lotte antimilitariste nel nostro paese, oggi rappresentate da innumerevoli comitati impegnati per la chiusura della basi militari e per una loro conversione al civile.
Noi comunisti-anarchici, siamo sempre più convinti che il movimento "No Dal Molin" vada sostenuto e appoggiato nelle sue diverse iniziative e scadenze di mobilitazione, ma ci auguriamo che il percorso unitario e condiviso che ha contraddistinto le grandi manifestazioni nazionali, sia cercato e garantito in un'ottica di piena autonomia e attraverso una pratica che privilegi l'autorganizzazione e l'autogestione sociale.
Oggi, come ieri, siamo dalla parte di chi lotta per la difesa dei propri diritti e, coerenti con le nostre origini antimilitariste, individuiamo negli eserciti il "braccio armato" che difende chi viola questi diritti.
La Federazione dei Comunista Anarchici aderisce alle mobilitazioni internazionali indette dal movimento vicentino e si impegna a promuovere, nelle realtà dove è presente, scadenze di lotta per bloccare l'ennesima servitù militare. E' nostro auspicio che da Vicenza prenda forza un'iniziativa antimilitarista su tutto il territorio nazionale per chiudere le basi militari e convertirle ad usi civili.

Federazione dei Comunisti Anarchici

19 ottobre 2007

mercoledì 28 novembre 2007

In memoria di Benedetto Petrone, barbaramente ucciso dai fascisti a Bari il 28 novembre di 30 anni fa

Anche il silenzio è un modo di uccidere

Il 28 novembre del 1977 a Bari veniva assassinato da una squadraccia fascista il compagno Benedetto Petrone. La città reagì con un movimento di lotta contro il fascismo e il suo tessuto organizzativo, e ripropose a livello di massa i valori più genuini della Resistenza, delle lotte antifasciste vissute come lotte anticapitaliste, contro lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, per una società senza classi.

Tale movimento ritrovò nella mobilitazione di massa e nell'azione diretta la giusta risposta militante al barbaro assassinio del compagno Benedetto, avvenuto a distanza di soli due mesi dall'assassinio di Walter Rossi a Roma.

Tale risposta di massa ebbe l'immenso valore di sintetizzare delle indicazioni politiche chiare:
- la necessità di battere il fascismo con la mobilitazione di massa;
- la necessità di non delegare allo Stato e ai suoi organi rappresentativi tale compito; non solo perché fascismo e Stato vivevano come sempre a braccetto; non solo perché i fascisti, anche a Bari, avevano avuto tutte le coperture possibili e immaginabili, ma soprattutto perché gli operai, gli studenti, le donne, i disoccupati non potevano, ieri come oggi, scindere le lotte contro il fascismo da quelle contro la disoccupazione, contro l'emarginazione, contro il lavoro nero, contro l'aumento dei prezzi, contro la repressione, contro le leggi liberticide.

Ridicoli furono, ieri come accade anche oggi, i tentativi di criminalizzare tale movimento attraverso l'uso terroristico della stampa.
L'azione del movimento di lotta, che la stampa ed i partiti istituzionali tentarono di presentare come azioni di teppisti, si diresse contro il tessuto organizzativo dei fascisti, colpendo le loro sedi organizzative; i loro posti di ritrovo, negozi gestiti da noti squadristi e criminali..

Anche in quegli anni era chiaro che non si elimina il fascismo soltanto colpendone il tessuto organizzativo, ma anche organizzandosi all'interno dei quartieri, con reti di mobilitazione antifascista permanenti, che svolgono attività di recupero della memoria, di controinformazione, di vigilanza, togliendo ogni agibilità politica ai fascisti, impedendo che possano utilizzare piazze e luoghi cittadini, sia per radunarsi che per organizzarsi.

Solo in questo modo Benedetto non è morto invano, e il suo ricordo rimarrà sempre vivo, non solo tra i compagni che gli sono stati vicini nelle lotte, ma tra tutti gli sfruttati che lottano e lotteranno per la liberazione dallo sfruttamento e dall'oppressione.

Ancora oggi la mobilitazione è importante per giungere all'obiettivo da tutti auspicato, di chiudere i covi fascisti, di impedire che nelle scuole e nei quartieri possano continuare a scorazzare seminando il panico tra i giovani e gli immigrati, di contribuire alla crescita della coscienza politica e della partecipazione diretta di tutti e tutte.

L'antifascismo non va delegato, perché la sua forza risiede nella determinazione e nella capacità del movimento di immigrati, studenti, operai, donne, disoccupati, di costruire e di portare avanti un processo di trasformazione radicale della società, un processo di costruzione di una società senza classi, autogestita ed egualitaria.

A distanza di 30 anni, oggi come allora, resta ferma la scelta dei comunisti anarchici di favorire nel territorio la nascita e lo sviluppo di organismi di base antifascisti in grado di mobilitarsi nella lotta contro il razzismo, contro il sessismo, contro il patriarcato, contro lo sciovinismo, contro la legge della sopraffazione che arma il neofascismo al servizio dei padroni di sempre.

Federazione dei Comunisti Anarchici
28 novembre 2007

mercoledì 21 novembre 2007

ROMA, 24 NOVEMBRE - MANIFESTAZIONE NAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

Aderiamo alla manifestazione del 24 novembre contro la violenza sulle donne perché non è solo una cosa che riguarda le donne, anche se da essa sono le donne, di ogni orientamento sessuale, che devono difendersi.
Se ne devono difendere quando la subiscono, se ne devono difendere quando essa viene usata, anche strumentalmente, contro di loro, per restringere ancora di più gli spazi di libertà che ciascuna di noi si è conquistata.
È vero che la violenza contro le donne è trasversale alle classi, ma perché in essa si ripete un meccanismo di sopraffazione e di dominio che dello sfruttamento fa pietra angolare.
Vittime sbattute in prima pagina, usate vergognosamente per nascondere l’inesistenza di politiche sociali di sostegno, di politiche per la casa, lo smantellamento dei servizi pubblici e sociali, l’abdicare della politica a governare la società con qualcosa di diverso che la sola forza bruta, le tensioni causate dal sempre maggiore impoverimento, il cedere di tanta società civile al caldo richiamo della tradizione. E vittime di serie B perché uccise all’interno di famiglie normali, da cui magari cercavano di scappare, e non da un balordo che può essere utilizzato come comodo capro espiatorio o da una cultura straniera, facile da colpevolizzare. Perché all’interno della tanto celebrata famiglia si sfoga sui soggetti più deboli la paura di rapporti solidali, paritari, liberamente scelti e gestiti che minerebbero la società, questa società patriarcale, gerarchica e autoritaria che conosciamo e subiamo.
E poi vittime innominate dello sfruttamento, vendute e comprate per pochi spiccioli, carne da macello o da lavoro, schiave senza voce e senza diritti, chiuse in capannoni o esposte sulle tangenziali. Ogni violenza contro di loro aumenta la violenza contro tutte.
Ma la violenza contro le donne non può essere sconfitta da nuove leggi, sempre più inefficaci, né da ronde notturne né da più pattuglie per le strade. Può essere sconfitta solo dalla libertà, da una sempre maggiore autonomia personale, che passa per le battaglie per il reddito, per la parità salariale e per i servizi sociali, dalla solidarietà tra donne e dal percorso di crescita, individuale e collettivo, di donne e uomini capaci di andare oltre i modelli culturali imposti dalla sacra triade chiesa (che propone) mercato (che dispone), stato (che impone)

Federazione dei Comunisti Anarchici
www.fdca.it
22 novembre 2007

lunedì 19 novembre 2007

FdCA, 2° Attivo Nazionale sull'intervento dei comunisti anarchici nel territorio

Roma, 18 novembre 2007

presso Laboratorio Sociale La Talpa - Quarticciolo


Vi partecipano compagn* provenienti da Abruzzo, Lazio, Lombardia, Marche, Toscana e Sicilia

Lo sfruttamento capitalistico del territorio si dispiega implacabilmente ed indifferentemente nelle metropoli, come nei piccoli centri; lungo le reti neuronali della valorizzazione speculativa delle risorse ambientali ed infrastrutturali come nelle aree interne.

L'emergenza abitativa, il degrado ambientale, lo scasso del territorio operato dalle privatizzazioni, dalle cartolarizzazioni, dal militarismo, dal saccheggio del suolo e delle risorse pubbliche, stanno modificando profondamente il rapporto tra tempi di vita ed uso del territorio, tra autonomia salariale dei lavoratori/trici, cittadin* ed abitanti, e possibilità di accedere ai beni collettivi, ai servizi, sempre più privatizzati, monetizzati e sottratti al controllo sociale collettivo

Quanto più arretra la capacità di acquisto dei salari con il conseguente aumento dell'indebitamento a scapito dell'autonomia di reddito dei lavoratori/trici e delle loro famiglie, tanto più diventano inaccessibili – se non a costo di sacrifici, rinunce e ricatti finanziari- diritti, servizi, beni e progetti di una vita migliore.

Questo attacco alle condizioni di vita, questo impoverimento collettivo non potrebbe essere portato a buon fine senza un quadro di impoverimento culturale e politico volto ad assicurare la disgregazione degli interessi collettivi, la polverizzazione della partecipazione e l'esaltazione dell'individualismo a scapito della solidarietà.

Ecco quindi martellanti operazioni di propaganda securitarie e razziste, il tentativo di scaricare il disagio sociale su parti di popolazione, gli immigrati in particolare, nel tentativo di innescare la solita guerra tra poveri.

Questa offensiva del capitalismo è facilitata dall'impreparazione e dall'opportunismo della sinistra istituzionale in buona parte dilaniata tra crisi di identità e scelte di gestione filogovernative, e solo parzialmente contrastata da movimenti che partendo da problematiche locali riescono ad aggregare significative alleanze, acquistando a volte valenza nazionale.

Ma l'opposizione sociale mostra nonostante tutto una sorprendente capacità di azione, nelle metropoli dove è più evidente il disagio così come nelle aree del paese dove l'immiserimento è ancora nascosto dalle pieghe del decoro, a partire dai bisogni materiali e dalla rivendicazione di diritti, come quello alla casa, alla salute e ai servizi essenziali per tutt*, migranti compres*, anche partendo da una vertenzialità a volte estenuante per il soddisfacimento dei bisogni minimi con un paziente lavoro che mira alla ricomposizione di diritti individuali in diritti collettivi e che superi logiche clientelari e assistenzialistiche.

La difesa del territorio e delle risorse naturali dalla gestione dissennata del capitalismo, pur rischiando la mera difesa dell'esistente, dimostra una ripresa di attenzione e di cura dei beni pubblici, e una sempre minore acquiescenza verso uno "sviluppo" imposto che non garantisce la salute di tutti di fronte alla ricerca del profitto di pochi.

A tutto questo si affianca l'intervento di tipo culturale e politico capace di contrastare l'avanzata strisciante della destra, con i suoi contenuti di violenza razzista, sessista, identitaria che rischiano di fare sempre più breccia nel senso comune ed alzano steccati fra lavoratori/trici di diversa provenienza geografica. L'antifascismo perde così il carattere rituale in cui lo aveva confinato la memorialistica di Stato per riacquistare l'urgenza politica della lotta contro la sopraffazione e l'autoritarismo, lotta in cui per vincere occorre saper costruire il fronte più ampio e unitario. Ugualmente prioritaria la difesa della laicità e il superamento delle identità religiose, culturali e nazionali e la creazione di spazi di libertà e di elaborazione collettiva per ricostruire un tessuto sociale di libertà, solidarietà e di mutuo appoggio.

Si tratta solo apparentemente di diversi ambiti di lavoro, in realtà facce della stessa battaglia, volta a riacquistare autonomia di classe e progettualità libertaria, unica alternativa alla barbarie fratricida in cui il capitalismo cerca di trascinarci usando le armi della divisione anche etnica, della repressione, del bombardamento massmediatico.

In questo contesto l'intervento dei/delle militanti della FdCA, così come de* attivist* anarchic* e libertar*, si caratterizza pertanto

•per il contributo di merito nella riflessione volta ad identificare e amplificare le caratteristiche anticapitalistiche e di classe spesso solo implicite in molte delle lotte sul territorio, a svelare la natura classista delle politiche di sfruttamento e gestione del territorio da parte dei poteri forti di ogni colore, a costruire una diversa gestione del territorio basata sull'individuazione dei bisogni reali e non indotti e su una partecipazione diretta alle scelte di pianificazione

• per il contributo di metodo nel garantire orizzontalità e una corretta prassi libertaria, nello contrastare logiche lobbystiche e di delega che finiscono per creare nuove leadership e un solo momentaneo ricambio di ceto politico che spesso cerca di usare le mobilitazioni nel territorio come palestra a fini di carriera

•per la spinta verso la federabilità delle lotte, delle strutture auto-organizzate, dei movimenti e per la ricerca di alleanze che permettano il massimo di iniziativa dal basso e lo sviluppo di rapporti di forza favorevoli alla base.

Per l'alternativa libertaria,

Federazione dei Comunisti Anarchici

(la FdCA ringrazia le compagne ed i compagni del Laboratorio Sociale La Talpa di Roma per l'ospitalità ed il pregnante contributo al dibattito)

giovedì 15 novembre 2007

Genova 2001 - Genova 2007

Per non dimenticare che non ci sono poteri buoni

La Federazione dei Comunisti Anarchici aderisce alla manifestazione genovese del 17 novembre per denunciare e contrastare con la mobilitazione, le ultime decisioni reazionarie del governo italiano riguardo la commissione parlamentare d'inchiesta sui tragici fatti di Genova 2001.

"Devastazione e saccheggio", unitamente al "concorso psicologico" e alla "compartecipazione" sono le accuse che hanno portato alla richiesta di 225 anni di galera, assieme alla richiesta di danni per milioni di euro, per 25 imputati, alcuni di loro anche feriti dalle forze dell'ordine oltre a quelli della Diaz e della caserma di Bolzaneto, tutto questo mentre i danni subiti dai partecipanti alle manifestazioni di quei giorni non verranno risarciti.

Invece i vertici delle forze dell'ordine operanti in quei giorni hanno avuto solo promozioni, e nessuna inchiesta ha portato a responsabilità dei "tutori dell'ordine".
Speriamo che ormai sia chiaro a tutti quanto le istituzioni continuino ad operare col solo intento di demonizzare il movimento, continuando a dare massimo risalto agli episodi di saccheggio della città di Genova e sorvolando volutamente sui gravissimi episodi di violenza fisica e psicologica ai danni di manifestanti inermi, nonché sulle oscure manovre all'interno dei "palazzi", in quei giorni veri e propri covi di un "potere fascista" ben conscio di appoggio e protezione incondizionata.

Vogliono che si continui a parlare solo ed esclusivamente dei soggetti a cui è stato permesso di mettere a ferro e fuoco la città. Lo vogliono oggi come allora hanno voluto tacere su tutto quel movimento, anche anarchico, che ha sfilato per la città di Genova pacificamente con le proprie bandiere e i propri specifici contenuti e che, mentre i "fantomatici black block" si dedicavano indisturbati ad una metodica opera di devastazione, si è trovato di fronte schieramenti di polizia intenti ad un'opera di repressione armata contro le mani nude di migliaia di donne ,uomini giovani ed anziani, intensificando con più rabbia la repressione anche contro quanti accorsi a Genova alla notizia della morte di Carlo Giuliani.

Non abbiamo dato allora questa opportunità e non daremo oggi l'opportunità di archiviare quanto di vergognoso è avvenuto in quei giorni.
Quel movimento chiede oggi la verità sulle responsabilità politiche di chi ha gestito quei giorni.
Chiede la ammissione delle violenze inaudite compiute dalle forze dell'ordine e dalla loro catena di comando.
Chiede giustizia sulla repressione e sui soprusi subiti dalla città e da chi in quei giorni ha vissuto un'ingiustificabile violenza.

In quanto parte delle mobilitazioni internazionali contro il G8 del 2001, in quanto partecipanti alle manifestazioni di quei giorni a Genova, i comunisti anarchici "pur non aspettandosi nessuna giustizia dalle istituzioni dello stato" si riconoscono pienamente nel movimento che oggi scende in piazza per chiedere verità e non dimenticare quelle giornate e per ricordare che "la violenza armata è dello Stato ed è sempre violenza contro gli inermi".

Federazione dei Comunisti Anarchici

14 novembre 2007

martedì 6 novembre 2007

DALLA CACCIA AL TERRONE ALLA CACCIA AL RUMENO

Qualche decennio fa bastava essere “terrone” per essere considerato mafioso, violento ed inferiore alla pura razza del Nord Italia; se rintracciati “fuoriluogo”, per esempio in cerca di lavoro al Nord e in difficoltà di trovare lavoro e alloggio, si veniva rispediti al paese natale con foglio di via.
Oggi molti dei figli, dei nipoti di quei terroni che ce l'hanno fatta a trovare lavoro al Nord hanno dimenticato grazie al meccanismo di oblio imposto dai poteri tutto questo e sono pronti a rifarsela con gli ultimi arrivati, soprattutto se provenienti dai paesi dell'Est, anche se molti/e di questi paesi fanno parte della stessa Comunità europea. Più crescono le difficoltà di arrivare a fine mese, più c'è il rischio che la gente cominci a ragionare sulle fortissime disuguaglianze economiche e sociali, più aumenta il bisogno di un capro espiatorio.
Ogni volta che c'è una crisi economica strisciante e che larghi strati della popolazione soffrono disagi economici e sociali spunta fuori un nuovo gruppo di terroni causa di tutti i guai. Fini & Co. soffiano naturalmente sul fuoco di questa situazione, d'altra parte restano fascisti e quindi il razzismo che è alla base della loro ideologia spunta fuori anche dalle camicie bianche e dai doppiopetti con i quali si presentano.
Ben più grave, ma perfettamente inserito nell’attuale quadro politico di inseguimento a destra del più becero senso comune, che per un pacchetto di voti da strappare a destra, ancora più a destra, se una donna viene assalita da un rumeno, è in fin di vita, immediatamente si proceda con un decreto che riguarda la possibile espulsione di tutti i rumeni, si abbattano le baracche in cui vivevano gruppi di individui al limite della sopravvivenza, si legittimino ronde e pestaggi. Così, con misure tanto demagogiche quanto inefficaci, si fa finta di aver risolto tutti i problemi, dall'aggressività di gruppi di emarginati che danno noia ai semafori alla povertà troppo visibile, in parallelo con quello che tanti bravi sindaci stanno facendo in giro per l'Italia: spazzare l’immondizia sotto il tappeto. E pazienza se si è barato sulle cifre per costruire l’emergenza.
E questo fa ancora più rabbia pensando alle tante donne barbaramente uccise, anche solo in questi ultimi mesi, da uomini, mariti o fidanzati, per cui si parla di un generico raptus di follia, e che non sembrano meritare altrettanto dolore, altrettanta rabbia, altrettanta determinazione a far si che non succeda più. Vittime di serie B perché uccise all’interno della famiglia, da cui magari cercavano di scappare, e non da un balordo che può essere utilizzato come comodo capro espiatorio, per nascondere il sempre maggiore impoverimento, l’inesistenza di politiche sociali di accoglienza e di sostegno, di politiche per la casa, lo smantellamento dei servizi pubblici e sociali, l’abdicare della politica a governare la società con qualcosa di diverso che la sola forza bruta, il cedere di tanta società civile alle semplicistiche equazioni straniero=criminale. E dei fascisti che hanno aggredito i rumeni nella stessa zona che facciamo: li espelliamo dall'Italia e dalla comunità europea e li facciamo diventare apolidi o li consideriamo salvatori dell’italica patria?
Il guaio è che il trucco del “dagli all'untore” è destinato ai lavoratori/lavoratrici che avrebbero ben altri interessi. Quanti problemi reali sono nascosti dietro il problema della sicurezza, per volontà dei governi di asfaltare la società in un unico gregge silenzioso e penitente? Aumento del costo della vita, contratti non rispettati, precarizzazione sempre più avanzata, servizi sempre più privatizzati e costosi e sempre meno efficienti, crescente indebitamento per tutti, con conseguente aumento della ricattabilità e del controllo sociale. E della paura. Del domani. Dello scippatore. Del diverso.
Allora diciamo chiaramente che città più sicure sono città meno povere, in cui si trovano i soldi per dare una casa a chi non ce l’ha, dove investire in cultura significa mediazione culturale e inserimento scolastico prima che notti bianche e passerelle di star, dove nessuno è clandestino e quindi tutti possono lavorare in regola e non essere così ricattabili, dove la sopraffazione non è una catena senza fine che alla fine uccide i più deboli, di solito le donne.
Non quelle in cui si scacciano i bambini da un ricovero di cartone per paura dello straniero.
Ma per avere città come quelle che vogliamo, e non come quelle che stanno costruendo per noi, bisogna riprendere con più vigore la lotta di classe , fare in modo che le disuguaglianze diminuiscano, che la solidarietà fra donne e uomini di qualsiasi nazionalità riprenda con forza, riportando all'attenzione di tutti i limiti di questa società nella quale cresce sempre più la ricchezza di pochi e lo sfruttamento di molti e dove la violenza contro le donne ne fa da padrone.

Contro le politiche razziste e sessiste e il crescente stato di polizia
Unità, solidarietà, lotta di classe e femminista

FdCA

domenica 28 ottobre 2007

Comunicato dalla Sicilia

CONTRO TUTTE LE GUERRE

La realtà in cui viviamo è ormai un incubo totalitario a occhi aperti alimentato dalle stesse democrazie occidentali che cercano di tenere il mondo in pugno con il costante ricatto della guerra al terrorismo e della sicurezza globale.

Di globale, invece, c'è solo la condizione di una società dominata dalla tragica normalità della guerra, e che sembra essersi assuefatta ai massacri e ai soprusi che ogni conflitto bellico porta con sé.

È ormai noto che gli interventi militari in Afghanistan e in Iraq – fortemente voluti dagli Stati Uniti d'America e dai loro alleati – si sono basati su menzogne e montature enormi.
Osama Bin Laden, già fidato collaboratore degli USA per tutti gli anni '80, resta sempre lo spauracchio con cui giustificare questa strategia della tensione mondiale, mentre l'Iraq e l'Afghanistan sono paesi ormai devastati dopo anni di guerra incessante.

Il Medioriente, la cui perenne destabilizzazione è funzionale agli interessi economici delle grandi potenze (Usa, Russia e Cina) per l'accaparramento delle risorse minerali ed energetiche, resta una polveriera sempre pronta ad esplodere in un gioco al massacro in cui solo gli innocenti pagano per tutti. In questa strategia, i fondamentalismi religiosi sono la miccia più utile per tenere alta la tensione attraverso precise politiche di intolleranza e terrorismo in tutti gli angoli del pianeta.

Il governo italiano continua a coltivare le sue velleità militariste confermando la propria sudditanza agli USA e dotandosi di risorse sempre più ingenti per soddisfare gli appetiti dell'industria militare.
A dispetto delle fuorvianti dichiarazioni del ministro Parisi, la finanziaria 2008 prodotta dal governo di Centrosinistra prevede un aumento per le spese militari di oltre l'11% rispetto all'anno precedente, ovvero, più di 2 miliardi di euro.

Per quanto riguarda il bilancio della difesa, si registra una crescita di più di 700 milioni di euro, mentre nella legge finanziaria ci sono oltre 2 miliardi e 400 milioni in più destinati soprattutto agli armamenti.

Una quantità di denaro pubblico impressionante che potrebbe essere impiegata per la sanità, l'istruzione, il diritto al lavoro, la tutela ambientale, lo sviluppo economico e che invece viene investita in vere e proprie fabbriche della morte come dimostrano i progetti di ampliamento della base militare Usa di Vicenza e l'imminente realizzazione dell'insediamento industriale di Cameri (Novara) in cui saranno costruiti i micidiali aerei F35.

Anche le missioni all'estero costituiscono una voce di spesa inaccettabile dal momento che la finanziaria 2008 prevede un miliardo di euro per il finanziamento delle missioni militari italiane: tutti soldi spesi per operazioni che vengono millantate come missioni di pace ma che in realtà rappresentano l'impegno della casta politica e militare italiana nei teatri della guerra globale e permanente.

Ma non c'è solo la guerra che si combatte all'estero. Esiste anche un fronte interno della guerra che si traduce nella precarizzazione sempre più diffusa, nella disoccupazione cronica, nella mancanza di tutele sui luoghi di lavoro, nella discriminazione degli immigrati sancita per legge, nella guerra senza quartiere ai poveri e agli emarginati per soddisfare gli istinti più irrazionali prodotti da un allarme sociale creato a tavolino.

Eppure, in tutto il mondo c'è ancora voglia di opporre un netto rifiuto alle logiche di guerra e alla distruzione culturale e materiale che ogni guerra produce. In Italia, il movimento pacifista ha ricominciato a far sentire la propria voce grazie all'impegno delle realtà di base e dei comitati popolari che si oppongono alle politiche belliciste in piena autonomia e indipendenza, rivendicando una gestione diversa e dal basso delle risorse pubbliche e dei territori.

Dunque, opporsi alla guerra significa squarciare il velo di ipocrisie e menzogne di cui tutti i governi si servono per giustificare attacchi militari o provvedimenti legislativi che ledono le libertà individuali e i diritti civili.

Il rifiuto della guerra passa anche attraverso l'obiezione individuale e collettiva delle carriere nelle forze armate e in tutte quelle attività legate a doppio filo con l'industria bellica o l'invasiva presenza di basi militari estere nel nostro paese che drenano enormi risorse e frenano lo sviluppo della collettività.

Scegliere la pace significa disertare il razzismo e l'intolleranza che fomentano l'odio necessario a individuare il nemico da combattere in chi parla una lingua diversa, crede in un'altra religione o, semplicemente, la pensa diversamente da noi.

Il 3 e 4 novembre torneremo in piazza, a Trapani, per sostenere le ragioni del pacifismo e dell'internazionalismo perché non esistono guerre giuste o necessarie, ma solo massacri collettivi voluti da chi si spartisce il mondo sulla pelle di tutti i popoli.

Ci rivolgiamo a tutti i cittadini, agli studenti, ai lavoratori, alle associazioni e alle strutture di base affinché si uniscano a noi in una due giorni all'insegna dei valori della pace e della cooperazione, della solidarietà e della giustizia sociale, contro la cultura della morte e della sopraffazione affinché anche da Trapani si levi alta la voce di chi non vuole rassegnarsi alla normalità della guerra.

- Coordinamento per la Pace – Trapani

Sabato 3 novembre dalle ore 16 P.zza Vittorio Veneto Presidio contro la guerra – Controinformazione, spazi espositivi a cura delle associazioni

Domenica 4 novembre dalle ore 20 Via Menandro, 1 c/o sede Cobas "IV novembre, niente da festeggiare" – Proiezioni di video autoprodotti sulle guerre di ieri e di oggi

giovedì 25 ottobre 2007

COMUNICATO STAMPA

Ieri mattina 23 ottobre circa 300 persone del Coordinamento Cittadino di Lotta per la Casa hanno occupato la sede dell'ATER di lungotevere Tor di Nona.
Verso le 11.00 di mattina i manifestanti sono entrati nell'atrio dello stabile dell'Ente e hanno chiesto al guardiano di consentire l'accesso in presidenza. Dopo una breve trattativa i manifestanti hanno fatto ingresso nei corridoi, dando vita ad un'occupazione pacifica della struttura.
Motivo della protesta, ottenere dal Presidente Luca Petrucci un incontro, che gli occupanti chiedevano vanamente da settimane, per avere chiarimenti rispetto alla paventata messa in vendita dell'ex Commissariato del Quarticciolo. Tale immobile, di proprietà dell'ATER, dismesso nel 1991, è occupato da nove anni da venti nuclei familiari censiti nella delibera comunale 110/05 sull'emergenza abitativa e sede di uno spazio sociale attivo da cinque anni.
Negli ultimi tempi diverse voci circolano rispetto il futuro dello stabile occupato: qualcuno lo vorrebbe trasformare in una struttura sanitaria privata, qualcun altro lo vorrebbe adibire a residenza universitaria. Gli occupanti, invece, premono affinché lo stabile non diventi l'ennesimo immobile oggetto di speculazioni all'interno di una città in cui le scelte politiche tendono sempre più verso la totale svendita del patrimonio pubblico ai soliti noti e mai all'utilizzo sociale degli edifici pubblici, siano anche essi in disuso da decenni.
A fronte della gravissima emergenza abitativa romana gli occupanti chiedono l'immediata applicazione di quanto previsto nella delibera comunale 110/05 in materia di cambio di destinazione d'uso degli immobili dismessi.
Dall'Ater, che circa un anno fa propose agli occupanti dell'ex Commissariato del Quarticciolo l' acquisto del degradato immobile per la “modica cifra” di tre milioni di euro, mentre offre a ricchi parlamentari e liberi professionisti la possibilità di acquistare a prezzi al di sotto del mercato gli alloggi di pregio siti nel centro storico, ci si attende che prenda in considerazione la possibilità di avviare a Roma, come già avviene con altri Enti, un percorso di autorecupero degli immobili dismessi. (Legge Regionale 55/98)
I manifestanti, inoltre, respingono con forza le diffamatorie dichiarazioni rilasciate agli organi di stampa dal Presidente dell'ATER, secondo cui durante la protesta sarebbero avvenuti danneggiamenti e furti; se così fosse stato, la delegazione ricevuta dal Presidente non avrebbe spontaneamente fornito i propri dati anagrafici. Si ritiene inaccettabile il tentativo di ridurre la protesta pacifica e legittima di chi vive da anni in edifici abbandonati al degrado in attesa che gli organi preposti diano risposta all'emergenza abitativa, in una sorta di invasione barbarica. Si auspica la pubblica smentita di quanto affermato diffamatoriamente dal Presidente dell'Ater e si considera doveroso da parte delle istituzioni l'assunzione di responsabilità per i disagi causati ai cittadini dall'imperizia con cui da decenni viene affrontato il problema della casa nella città di Roma.

Coordinamento Cittadino di Lotta per la Casa
Laboratorio Sociale La Talpa
Occupanti dell'ex Commissariato del Quarticciolo

mercoledì 17 ottobre 2007

A Bil’in, contro il muro dell’apartheid.

Sabato 20 ottobre, alle ore 20.00 presso la libreria Anomalia, Via dei campani n. 73

A Bil’in, contro il muro dell’apartheid.

Incontro con:

- Shai Carmeli Pollak, regista e scrittore israeliano, membro di Anarchici Contro Il Muro
- Abdelfatah "Wagee" Burnat, attivista di Bil'in, Palestina
- Ahmed Khatib, attivista di Bil'in, Palestina

A seguire proiezioni di documentari

Organizzano:
- Federazione dei Comunisti Anarchici – Roma
- Libreria Anomalia/Centro Documentazione Anarchica
- Gruppo Anarchico "C. Cafiero" – FAI
- Laboratorio Sociale Occupato “LA TALPA”

martedì 9 ottobre 2007

Sulla consultazione sul protocollo 23 luglio

8-9-10 Ottobre 2007, si vota nei posti di lavoro
Per respingere il protocollo del 23 luglio 2007
Per delegittimare le burocrazie sindacali

Le burocrazie sindacali di CGIL-CISL-UIL non amano le sorprese, non hanno mai avuto a cuore la democrazia di base, tanto meno la titolarità dei lavoratori sugli accordi sindacali. Per consultare i lavoratori e le lavoratrici sull'accordo del 23 luglio 2007 è stato scritto un copione in cui devono essere in tanti a votare ed altrettanti a dire: Sì, Epifani, Bonanni ed Angeletti, avete fatto bene a firmare quell'accordo col governo.

Nelle assemblee nei luoghi di lavoro si va a sentire una sola campana, quella che invita operai ed impiegati, lavoratori del pubblico e del privato a votare Sì, senza poter ascoltare le posizioni di quegli esponenti sindacali che - soprattutto nella CGIL - danno indicazione di votare NO.

Una consultazione protetta, un voto blindato, un Sì già assicurato.

Facile, troppo facile.

Ma sono tanti i delegati, le rsu, gli attivisti sindacali che si sono mobilitati nei luoghi di lavoro, in assemblee, in manifestazioni, per far emergere il punto di vista e l'orientamento di non poca parte del mondo sindacale dentro e fuori la CGIL, affinché la controinformazione potesse dare qualche chances al contraddittorio ed all'emergere di un'opzione contraria ai contenuti del Protocollo del 23 luglio ed alla firma inopinatamente posta dai sindacati aggregati al progetto del Partito Democratico.

Senza guardare alla propria tessera sindacale in tasca, si sono uniti lavoratori e lavoratrici, iscritti a tutti i sindacati senza esclusione, per trovare le forme utili a respingere questo accordo, che fosse il rifiuto di sottomettersi ad una consultazione con diversi problemi di garanzie o fosse una aperta campagna per il NO.

Sono questi importanti segnali per chi come noi auspica senza sosta l'unità dei lavoratori e la crescita di un sindacalismo conflittuale senza burocrazie.
Va rimarcato come l'opposizione interna alla CGIL sia venuta allo scoperto, aprendo una fase critica proprio nel momento in cui è in atto un processo di normalizzazione all'interno della maggiore confederazione che si intreccia alla nascita del Partito Democratico e produce un effetto a cascata sulle gerarchie interne e le cariche dirigenziali.

Lo stesso sindacalismo di base è chiamato ad interagire con il disagio che emerge da questa consultazione perché lo sciopero generale indetto per il 9 novembre diventi un punto di riferimento per tutti coloro che si adoperano per respingere il Protocollo.

Conosciamo l'esito di precedenti consultazioni, ma soprattutto conosciamo l'esito nefasto di quegli accordi del recente passato. Quando gli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici vengono subordinati alle sorti del ceto politico o delle burocrazie sindacali, dopo aver concesso alla Confindustria & Co. tutto il concedibile, non vi è alcuna garanzia che i contenuti del Protocollo del 23 luglio, persino in quelle parti che vengono spacciate per migliorative, possano essere una risposta ai bisogni della classe lavoratrice. Se lo scalone ritorna ad essere ripido dal 2013, se i coefficienti di rivalutazione delle pensioni saranno tagliati dal 2010, se la precarietà diventa opportunità contrattata, gli effetti si vedranno solo sulla diminuzione della spesa pubblica e sulla diminuzione del costo del lavoro per gli imprenditori, e NON sui salari dei lavoratori.

Nel loro irrefrenabile delirio di onnipotenza, l'esecutivo attuale (per sé e per quelli futuri, fosse anche il centro-destra) ed i sindacati firmatari puntano su qualche commissione bilaterale per governare il tutto nel bene dei cittadini lavoratori.

La miglior risposta è che le sorti del bene dei lavoratori siano riprese al più presto nelle mani dei lavoratori stessi. Da questo disagio e dall'opposizione al Protocollo possono nascere le premesse per un'alternativa antiburocratica nell'attività sindacale, per forme di coordinamento che diano valore alla coscienza di essere sfruttati prima ancora che all'amore di sigla.

FEDERAZIONE DEI COMUNISTI ANARCHICI
1 ottobre 2007

mercoledì 3 ottobre 2007

Roma: Serata a sostegno degli Anarchici Contro il Muro

Da quando, nel 2003, lo Stato israeliano ha deciso di alzare un muro per separare i territori palestinesi dal confine israeliano, un gruppo di israeliani - gli Anarchici Contro il Muro - sta conducendo una lotta per bloccare la costruzione del Muro dell'Apartheid, contro l'occupazione e per riaffermare il rifiuto internazionalista di qualsiasi confine tra i popoli.

Settimana dopo settimana, gli Anarchici Contro il Muro lottano insieme alla popolazione palestinese in varie zone dei territori occupati con una serie di azioni dirette e non violente, agendo anche all'interno dell'Israele con manifestazioni e iniziative di propaganda e contestazione.

Quest'esperienza di lotta popolare è una delle poche, in quell'area, che veda insieme israeliani e palestinesi nella riaffermazione di un principio di libertà. La repressione, gli arresti, i ferimenti, gli spari non hanno scalfito la determinazione dei nostri compagni nella lotta.

Contro tutte le frontiere
Contro tutti gli eserciti

SERATA A SOSTEGNO DI ANARCHICI CONTRO IL MURO
Martedì 9 ottobre 2007dalle ore 20:00 in poi
al BLOW Club
Via di Porta Labicana 24(angolo Via dei Sabelli, San Lorenzo)

Proiezione di filmati sulle lotte contro il muro

Dibattito con:
* Ronnie Barkan, membro di Anarchici Contro il Muro*

* Abu Elias, rappresentante del Comitato Popolare di Bil'in*

Organizzano:
*Federazione dei Comunisti Anarchici - Sezione "Carlo Cafiero" di Roma
*Gruppo anarchico "Carlo Cafiero" - Federazione Anarchica Italiana
*Laboratorio Sociale "La Talpa"
*Libreria Anomalia

sabato 29 settembre 2007

Walter 1977 - 2007

Dal sito dell'Associazione Walter Rossi.

Trent’anni sono passati e ancora oggi nessuno, per lo stato italiano, è il responsabile dell’assassinio di Walter. La verità storica fu affermata da subito: fascisti dell’allora MSI di Balduina, coperti da agenti di PS, lo uccisero, sparando contro i compagni che volantinavano per Via delle Medaglie d’Oro per denunciare il tentato omicidio del giorno precedente sempre ad opera di fascisti.
Per lo stato italiano la storia di Walter Rossi non è una novità: da Portella delle ginestre nel 1947 ad oggi, passando per le stragi degli anni ‘60 e ’70, si è sempre garantita agli esecutori materiali e ai mandanti politici la totale impunità e copertura. Cristiano Fioravanti, indicato come l’esecutore materiale dell’assassinio di Walter Rossi , solo per fare un esempio, vive sotto copertura dello stato, in luogo segreto e stipendiato.
Sono sessant’anni che ogni qualvolta un membro delle forze dell’ordine sia responsabile di omicidi, torture, gravi violazioni delle libertà individuali, questi non paghi, non venga fatta luce sulle complicità e mandanti; e questo vale anche per coloro che dentro un quadro di repressione dell’opposizione abbiano svolto e continuino a sostenere la funzione di mazzieri del potere: i fascisti delle diverse formazioni, anche di quelle legittimate in quanto dentro “l’arco parlamentare”.
In questo senso la novità che in questi ultimi anni ci ha riservato la politica istituzionale parla di equidistanza, che traduciamo semplicemente in complicità con chi ancora oggi aggredisce e uccide quanti rappresentano una diversità, un’alternativa ai modelli produttivi e culturali esistenti. Le storie più recenti di Carlo Giuliani , Renato Biagetti, di Federico Aldrovandi, di Dax sono le testimonianze più chiare e che ancora ci fanno vibrare di rabbia. A colpire è stata una stessa mano impune, garantita e coperta dallo stato, fomentata dall’odio che riempie le parole di tanti politici, le politiche delle istituzioni, che attraversa le strade dei nostri quartieri.
"Vogliamo quindi ricordare Walter proponendo tre iniziative legate più che dal semplice ricordo della scadenza, dalla riflessione collettiva attorno al senso della verità e della giustizia che le storie di questi compagni ancora oggi reclamano, in continuità con i percorsi che da qualche tempo vedono impegnati ampi settori di movimento, non solo romano.
Promuoviamo, quindi, un primo incontro pubblico per VENERDI’ 28 settembre dalle ore 16.00 alle 20.00 all’Università "LA SAPIENZA" presso la facoltà di LETTERE in aula 6, per ricostruire in termini storici e politici il ruolo giocato dalle forze dell’ordine, dai fascisti di ieri e di oggi, dalla intellighenzia revisionista e dalle istituzioni, nella costruzione di un apparato repressivo, e anche culturale, che ancora oggi agisce in linea di continuità con l’eredità fascista. Porre una serie di punti chiari che possano continuare a circolare come elementi condivisi di riflessione nel modo più ampio e collettivo possibile, nella nostra rivendicazione di VERITÀ E GIUSTIZIA per Walter come per Carlo, Dax, Federico e Renato.
Convochiamo poi per il giorno seguente, SABATO 29 settembre, un corteo cittadino con concentramento alle ore 16.00 a Piazzale degli Eroi (nelle vicinanze della fermata della metro A "Cipro - Musei Vaticani"), per denunciare ancora i responsabili per la morte di Walter Rossi , ma anche dove poter agitare tutte quelle rivendicazioni che negli ultimi anni hanno visto protagonista il movimento e che saranno in parte anche frutto della discussione collettiva dei giorni precedenti.
Infine, per la serata di SABATO 29 settembre (dalle ore 21.30 in poi) organizzeremo anche un concerto ed una manifestazione culturale presso il Centro Sociale EX SNIA (Via Prenestina – prima di Largo Preneste)...."

mercoledì 19 settembre 2007

UN PROTOCOLLO SULL'AUTUNNO

La situazione politico-economica alla fine dell’estate 2007 presenta diversi elementi per essere valutata come decisamente favorevole, (nonostante la recente crisi finanziaria, che verrà scaricata, come sempre, sulle spalle dei lavoratori) sia sul piano strutturale che su quello congiunturale, al sistema capitalistico italiano ed al blocco di potere interclassista, all’interno dei vincoli della Unione Europea. Non altrettanto si può dire per i movimenti di opposizione, disorientati dalle divisioni, dai verticismi e dalle ambiguità.

1. Gli obiettivi strutturali
Il risanamento dei conti pubblici, già avviato con la legge finanziaria del 2007 e confermato dal DPEF che anticipa i contenuti della legge finanziaria 2008, è uno degli obiettivi strategici del governo dell’Unione e della Confindustria, a cui vengono subordinate tutte le scelte tese a fare cassa agendo sia sulla ristrutturazione della leva fiscale che sulla ristrutturazione della spesa pubblica.
Il Protocollo del 23 luglio 2007 sulle pensioni costituisce un ulteriore elemento strutturale, che modifica profondamente il sistema previdenziale pubblico, proseguendo sul percorso della Legge Dini del 1995 ed andando ben oltre gli obiettivi della stessa Legge Maroni del 2005, ma al tempo stesso incanala l’investimento previdenziale dei lavoratori verso il mercato dei fondi pensione, rendendoli tanto “complementari” quanto necessario.
Un ulteriore dato tendente a modificare strutturalmente lo scenario dello scontro di classe riguarda lo svuotamento del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, le cui avvisaglie sono già rinvenibili in alcuni contratti nazionali di categoria firmati alle porte dell’estate (pubblico impiego e scuola; poste; chimici; alimentari…) e incombono sul contratto dei metalmeccanici e di altre categorie.
Un quarto elemento strutturale è dato dal prosieguo del processo di privatizzazione e di liberalizzazione che colpisce risorse pubbliche e collettive, trasformando la piena cittadinanza dei diritti in mera facoltà di accesso al mercato di servizi nazionali e/o locali e precarizzando il rapporto di lavoro di migliaia di dipendenti.
L’effetto combinato di queste scelte strutturali comporta:
-uno spostamento sempre più massiccio di risorse pubbliche verso il sostegno al deficit (dal 3% allo 0% sul PIL), al debito statale (da far calare del 40% pur con l’atteso rialzo dei tassi) ed all’impresa, e di contro un ritiro dello Stato dal “pubblico”
-la scomparsa del salario differito collettivo a favore dell’investimento individuale in fondi pensione
-la scomparsa del salario indiretto sociale a favore dell’investimento individuale in consumi e servizi e quindi in indebitamento (48% sulla retribuzione)
-la contrazione del salario diretto a vantaggio del salario variabile e della corresponsione di una tantum a fronte di incrementi della produttività (+2,9% nel 2006), di flessibilità, di attenuazione delle soglie di sicurezza sul posto di lavoro (incidenti e morti sul lavoro).
Insomma: forse meno irpef, certamente più orario, sicuramente meno salario fisso. Uguale più povertà e più sfruttamento (+3,1% di profitti per le 2015 maggiori imprese italiane nel 2006).
A sostegno di queste scelte, prende forma e consistenza organizzativa il ceto politico-padronal-sindacale che le ha ispirate: il Partito Democratico, destinato ad essere il campione del neoliberismo, dell’europeismo, dell’annichilimento del conflitto sociale, che usa il partneriato con le forze sindacali (che non prevede alcuna forma di controllo dei lavoratori) e, qualora non bastasse, il ricorso alla repressione ed all’emarginazione di attori sindacali sgraditi (vedi nuove regole sulla negoziazione) o di movimenti non-allineati.

2. Gli obiettivi congiunturali
Sul piano economico, il sostegno alla domanda ed al reddito previsto nel DPEF e presente in alcune parti del Protocollo del 23 luglio 2007 (decontribuzione degli straordinari e dei premi d’impresa, aumento delle pensioni minime,…), nonché un’ulteriore operazione sul fisco in finanziaria 2008 sembrano operazioni di carità sociale.
Lo stesso mantenimento dell’impianto della Legge 30 (spostando l’abolizione del lavoro a chiamata ad un decreto specifico, lo staff leasing alla contrattazione, e la reiterazione dei contratti a termine sulla presenza decisiva di un sindacalista!!) sembra rispondere ad una visione contingente ed opportunistica del mercato del lavoro, evitando rigidità –in quantità e qualità- sia sul lavoro a tempo indeterminato che su quello a tempo determinato, in base ad una cultura sempre più diffusa in campo padronale, politico e sindacale che vuole la scomparsa di questa distinzione per abolire d’ufficio la precarietà di alcuni, sostituendola con la flessibilità per tutt*.
Sul piano politico, l’azione del costituendo PD sta portando alla normalizzazione all’interno della CGIL, ma sta costringendo altresì la cosiddetta “sinistra radicale” ad un tentativo di ridefinizione di breve respiro, di carattere reattivo e residuale, privo di una progettualità che vada oltre le necessità elettorali. Al tempo stesso, il ceto politico di questa sinistra che va dal PRC al PdCI, dai Verdi a Sinistra Democratica, più le correnti di opposizione uscite da o rimaste in Rifondazione, messo all'angolo dall’espansione della cultura politico-affaristica che anima il PD, viene scientemente spinto ad occupare lo spazio di un’opposizione sociale molto più ampia e più conflittuale, con la pretesa di moderarla ed ambiguamente rappresentarla.
Il referendum sulla legge elettorale, sostenuto dallo stesso PD, funziona da acceleratore del processo di normalizzazione del quadro politico nella fase attuale.
Sempre sul piano congiunturale si pongono le non-scelte dell’Unione per quanto riguarda i lavoratori migranti, le basi militari e le missioni all’estero, l’ambiente e la laicità. Si attendono tempi più consoni, rapporti di forza più favorevoli ed oppositori più sfibrati.

3. La difficile costruzione di un’opposizione sociale e di classe dal basso, auto-organizzata ed autonoma, libertaria ed antiautoritaria
Se l’attuale situazione politico-economica non è favorevole allo sviluppo di un movimento di opposizione, resistono tuttavia situazioni ed ambiti di conflittualità che oggi si alimentano di due spinte, solo temporaneamente convergenti. La prima spinta è data da quelle forze sociali e politiche che animano le lotte e l’organizzazione di queste per costruire una alternativa al neoliberismo, la seconda spinta è data da quelle forze politiche e sociali che usano le lotte per spostare gli equilibri all’interno del governo dell’Unione ed a proprio vantaggio elettorale nonché per convogliare energie e risorse dei movimenti a sostegno della supremazia del ceto politico partitico-parlamentare di sinistra.
Se il perseguimento di un obiettivo comune è l’elemento di unità di tali movimenti, è tuttavia necessario essere consapevoli che tale unità potrebbe presto essere compromessa da scelte “moderate” di forze verticistiche e concertative.
Si tratta di una situazione che in autunno potrebbe ripetersi più volte in quegli ambiti che, dal passaggio parlamentare dell’accordo sul welfare alla presentazione della legge finanziaria, dalla riforma della contrattazione al rinnovo del contratto dei metalmeccanici, dalla TAV al Dal Molin, dalla questione energetico/ambientale a quella dei migranti, potrebbero dare luogo a mobilitazioni e scioperi, in alcuni casi già annunciati.

Il nostro compito, il compito degli/lle attivist* sindacali anarchic*, quello dei/delle libertar* antimilitarist*, degli attivist* libertar* nelle lotte ambientali e dei diritti, è ora quello di sostenere e difendere la “titolarità” ed il controllo dei soggetti interessati sulle forme organizzative, sulle forme di lotta, sulle decisioni collettive, sulla contrattazione, sui tavoli negoziali di qualsiasi tipo.
Si tratta di lavorare per ri-orientare lo sguardo verso il basso, verso i luoghi decisionali collettivi (le assemblee, i coordinamenti di delegati di base, le strutture autogestite sul territorio, …), verso le dinamiche di sviluppo e crescita della coscienza e della fiducia nella forza dei movimenti alla base, senza guardare verso l’alto alla delega al leader politico o sindacale di turno, non accettando modalità vessatorie nei momenti di consultazione dei lavoratori e delle lavoratrici, che devono rimanere libere, autonome e democratiche, senza farsi condizionare dalle dinamiche proprie dei livelli dirigenti delle organizzazioni sindacali o dei partiti e ministri della sinistra, ma anche senza cadere nelle strumentalizzazioni sempre in agguato da destra e da parte dello Stato.
Si tratta di un compito difficile e di non breve durata, che richiede umiltà e nessuna scorciatoia avventuristica o autoreferenziale, si tratta di un impegno militante nei luoghi di lavoro come nel territorio, che richiede capacità propositiva per l’unità e per l’alternativa, nei metodi libertari e nei contenuti di classe.
E’ il compito storico dei comunisti anarchici. E’ il nostro compito in questi mesi.

Il Consiglio dei Delegati della FdCA
Firenze, 8 settembre 2007

venerdì 14 settembre 2007

NO ALL'ACCORDO DEL 23 LUGLIO!

Lo scorso 23 luglio il Governo, i padroni e la triade concertativa CGIL-CISL-UIL hanno sottoscritto un protocollo d’intesa fondamentale per la ristrutturazione del capitalismo italiano.
Si tratta di un accordo a tutto campo in cui vengono rimessi in discussione welfare, lavoro e pensioni.
E indovinate un pò sulle spalle di chì ricadranno i costi di questà ristrutturazione?

Il welfare viene riformato a costo zero, elargendo qualche caritatevole briciola ai più poveri, mettendo le mani nelle tasche dei lavoratori. Ma perchè se c'è l'intento di fare, se pure, una ridicola minima redistribuzione del reddito, lo Stato non attinge mai dalle tasche delle classi più agiate? (scusate la domanda ingenua... d'altronde lo Stato è Stato e deve fare lo Stato, altrimenti che Stato sarebbe?)

Per quanto riguarda il lavoro si riconferma totalmente la precarizzazione nata col Pacchetto Treu e perpretrata successivamente con la Legge 30. Anzi i nostri solerti burattinocrati al servizio del Capitale, per mostrare la loro infinita servile graditudine a questo, fanno di più: sanciscono la possibilità per il padrone (baciamo le mani!) di reiterare i contratti a termine oltre i 3 anni.... beh certo però solo (si badi bene!) attraverso la conciliazione tra lavoratore e datore di lavoro alla presenza di un sindacalista (azz! che garanzia!)
Nel frattempo, sempre lo Stato, regala soldi dei lavoratori ai padroni, dandogli la possibilità di attingere dall’INPS per operare sgravi al costo del lavoro. Regala, sempre ai padroni, la detassazione dei premi di produzione e dello straordinario (alla faccia delle ipocrite dichiarazioni sulle politiche per aumentare l'occupazione!)

E le pensioni? Ovviamente anche in questo campo i burattinocrati si sono sbracciati per rendere favori ai loro padroni e hanno fanno molto di più del leghista Maroni. Difatti, con il varo di 4 “scalini” si innalza l’età pensionabile fino a 61 anni a partire dal 2013 e si tagliano le pensioni attraverso una riduzione dei coefficienti a partire dal 2010. Daltronde come sarebbe possibile continuare a pagare le pensioni dei dirigenti, il cui fondo pensioni è in passivo, se non attingendo da quello dei lavoratori i cui fondi sono nella stragrande maggioranza in attivo; come si potrebbe correre in aiuto di quelle imprese inadempienti dal punto di vista previdenziale; come si potrebbe continuare a avere un welfare completamente sulle spalle dei lavoratori?

Di fronte a qust'attacco dello Stato e del padronato i vertici CGIL-CISL-UIL hanno completamente svenduto le ragioni dei lavoratori, dei pensionati, dei precari e dei disoccupati, rendendosi garanti del controllo liberalcapitalista sul movimento dei lavoratori, in linea con le nuove allenze che pian piano si stanno delineando sullo scenario politico italiano, dove il nuovo PD si pone come cinghia di collegamento tra le esigenze del Capitale e le future scelte politiche dello Stato italiano.

Sul fronte dell'opposizione forse qualcosa si muove.
Le condizioni perchè ci sia una risposta unitaria e organizzata da parte dei lavoratori e dei precari ci sono ancora; l'importante è che i lavoratori e le lavoratrici, indipendentemente dalla sigla sindacale di appartenenza, costruiscano dal basso, in ogni luogo di lavoro e su ogni territorio, cellule e comitati di lotta contro questo infame accordo, con lo scopo di coordinarsi e scegliere unitariamente le future forme di lotta. A tal proposito gia molte sigle del sindacalismo di base sembrano confluire nella scelta di uno sciopero generale per il 9 Novembre.

zatarra

martedì 4 settembre 2007

Sopruso ecologico a Valcanneto

Segnalo una situazione di "sopruso" ecologico in atto in una delle valli più belle del Parco Nazionale D'Abruzzo.La valle si trova nel versante laziale del suddetto parco, nel Comune di Settefrati (FR) ed è conosciuta come Valcanneto.Valcanneto è una valle molto bella, caratterizzata dalla presenza di faggete secolari e dal percorso del Torrente Melfa, ricco di cascatelle e pozze d'acqua limpidissima.Purtroppo anche questo incantevole sito naturale ha dovuto conoscere l'arroganza di santa romana chiesa. All'imbocco della valle, dove finisce la strada asfaltata, è infatti presente una chiesa-santuario dedicato alla madonna del canneto, meta di vari pellegrinaggi durante l'anno, la cui presenza non si può certamente definire discreta. Difatti, oltre ad essere un vero e proprio sgorbio architettonico che non ci azzecca nulla con la valle (ma questo è un giudizio personale), con la sua attività deturpa la tranquillità del luogo sia con messe recitate con altoparlanti che con lo scandire continuato dell'orario per mezzo di campane elettriche (con l'immenso gaudio degli animali del posto e degli avventori naturisti che vorrebbero un pò di pace nel "silenzio" del parco, visto che di parco nazionale si tratta!).Ma non è questo che volevo portarvi a conoscienza.Premetto che nella valle è presente anche una casa dei Salesiani, in posizione più interna rispetto al santuario, che in luglio-agosto è sempre piena di gente.Quest'anno, nell'ultima settimana di luglio, ho campeggiato per alcuni giorni nella valle insieme a mio figlio e ad altri due amici. Uno di questi, durante una passeggiata mattutina, ha scoperto che questi scaricano, indisturbati, i loro liquami nel greto del Torrente Melfa, che li è secco poichè l'acqua scorre all'interno dei depositi alluvionali.Preciso che la falda del Melfa, unitamente ad una sorgente di grande portata che sgorga nelle vicinanze, alimenta gli acquedotti di decine di Paesi che si trovano alle pendici delle montagne del parco.Abbiamo documentato il fatto con un video che abbiamo deciso di rendere pubblico attraverso il sito web di "youtube", al link: http://it.youtube.com/watch?v=zZ-vsjiwFDM

Zatarra

sabato 1 settembre 2007

VITTIME

Vittime dell'indifferenza, vittime dell'ipocrisia.
I quattro bimbi di Livorno, morti tra le fiamme
provocate, sembra ormai certo, da mani
assassine, forse prima ancora che dell’odio
sono vittime dell’indifferenza e dell’ipocrisa.
Dell'indifferenza che sgorga dalla lenta disumanizzazione
che ci sta avvelenando piano
piano e che produce una società dove non
c'è più spazio per la solidarietà.
La solidarietà che non è più di casa nostra,
consapevoli o inconsapevoli vittime della
solitudine metropolitana, dove comandano
la diffidenza e la paura. E così ai margini
delle città gli espulsi, gli ultimi arrivati, i più
deboli occupano gli spazi disponibili e
costruiscono le favelas che ipocritamente
consideriamo proprie del terzo mondo. E
nei campi ipocritamente detti nomadi da
anni abitano, vivono, sotto i cavalcavia o nei
pressi delle discariche, dove non danno nell'occhio,
persone che nomadi non lo sono
più, e spesso non lo sono mai state, per cultura,
ma ci sono spinte, costrette, dalla
povertà e dalle persecuzioni Persecuzioni
spesso subite nei loro paesi di provenienza
ma anche in un'Italia che fa finta di non
vederli finchè non diventano un comodo
capro espiatorio per l'ordine pubblico, e
quando si accorge di loro li sgombra,
smembra le famiglie, brucia le loro baracche.
Uomini e donne spesso nati nel nostro
paese ma a cui i diritti di cittadinanza sono
negati, cui spesso viene negata persino la
residenza, che non esistono per nessuno e
in cui anche i pochi percorsi di aiuto messi
in campo da qualche irriducibile pezzo di
società civile sono osteggiati da amministrazioni
perennemente preoccupate di essere
scavalcate a destra da un'opposizione
"popolare" in cui il razzismo più becero si
somma all'insicurezza sociale e alla paura
del diverso. Persone ai margini del sistema
produttivo, a cui l'unico spazio lasciato dal
sistema, ai margini delle periferie, lontane
dal divertimentificio estivo cittadino di stile
veltroniano, è quello di vivere dei nostri rifiuti,
dei nostri scarti, di quello che possono
rubacchiare di quelle piccole elemosine che
sfruttano quell'ipocrita, e comunque piccolo,
scrupolo di coscienza che talvolta coglie i
credenti al di fuori delle chiese, desiderosi di
alleviare un poco l'anima con una buona
azione caritatevole nei confronti dell'umanità
inferiore. Nessuna carità però potrà restituire
all'umanità le 4 piccole vittime dell'incendio
di Livorno.
Vittime dell'ipocrisia benpensante che ancora
li accusa di rapire i bambini degli altri,
quando non permette loro di salvare i propri
figli da criminali imbecilli che colpiscono
nella notte e sognano di rinverdire un olocausto
occultato e mai riconosciuto. Ma non permette loro nemmeno
di difenderli dall'inverno e dalla fame,
quando non li costringe a venderli a trafficanti
senza scrupoli. Vittime dell'ipocrisia di
un potere che ci vuole tutti omologati, consumatori,
senza cervello ne emozioni, senza
più capacità di sdegno e soprattutto divisi
da barriere culturali volutamente insormontabili
. E tanto meglio se scompare la solidarietà;
"divide et impera" recita uno dei più
saggi dettami del potere centralizzato.
Di fronte a queste tragedie sociali i poteri
statale, clericale e quello del capitale, oltre
le false lacrime di coccodrillo, non sanno
andare, anzi non possono andare, perché il
loro successo è l'altra faccia della medaglia
della miseria, dello sfruttamento, della
discriminazione e della divisione dei diseredati.
Questi 4 bambini sono le vittime dell'ipocrisia
di un potere politico ed economico che
per limitare l'afflusso dei migranti dice di
volerli aiutare nei loro paesi d'origine. Vien
da ridere di fronte a questi nobili intenti. E
come li aiutiamo? Bombardandoli nelle loro
case oppure gassificandoli col fosforo?
Facendoli lavorare fin dalla tenera età nelle
fabbriche delle multinazionali o facendoli
morire nelle miniere, nei pozzi di petrolio, da
dove rubiamo (questi sono i veri furti!) le loro
risorse, inquinando irrimediabilmente le loro
terre e distruggendo le loro foreste?
Insomma li derubiamo, li uccidiamo, li inquiniamo
nei loro paesi e quando questi, disperati,
cercando un futuro migliore, fuggono
dal loro paese e approdano nel nostro,
conoscono o sfruttamento o emarginazione.
"Ma mi faccia il piacere" direbbe Totò!
Non ci facciamo fregare da questi campioni
dell'ipocrita cordoglio italico, la solidarietà
con tutti gli sfruttati è una delle nostre armi
essenziali per opporsi alla barbarie liberalcapitalista.
(Dal numero di agosto 2007 di Alternativa Libertaria – foglio telematico dell’FdCA)

mercoledì 1 agosto 2007

LA CONCERTAZIONE DI UNA TRUFFA!

L’ennesima trattativa fatta non coinvolgendo minimamente i lavoratori e le lavoratrici che ancora una volta sono spettatori inermi di una riforma che non rende giustizia a chi lavora.
Una trattativa in cui non si sono condivise con i lavoratori le richieste e non gli si è chiesto l’appoggio per sostenerle.

Dopo mesi di trattativa questo è il risultato…
Lo “scalone” viene tolto ma vengono istituiti i famosi “scalini”. La nuova situazione potrebbe essere congeniale per chi andrà in pensione da qui ai prossimi 5 anni ma per gli altri non va poi così bene perché nel 2013 si potrà andare in pensione solo con 61 anni di età e 36 di contributi oppure con 62 di età e 35 di contributi, peggiorando la legge Maroni che prevedeva i 62 anni solo nel 2014 e le condizioni soprattutto delle donne. L’altra questione è che gli interventi fatti devono risultare a costo zero per lo stato, questo vuol dire che la manovra della revisione dello scalone, del costo di 7.1 miliardi di euro nel decennio 2008-2017, verrà pagata soprattutto dai lavoratori e dalle lavoratrici con l’aumento dell’aliquota contributiva.
Viene disciplinato il lavoro usurante, aumentando le attività previste dal decreto Salvi del 1999, ma anche qui ci sono da tenere in considerazione dei fattori non trascurabili: il fondo stanziato per coprire questo intervento è di 2.9 miliardi di euro nel decennio 2008-2017, questo vuol dire che ci sarà un vincolo economico che pregiudica il farne usufruire tutti i lavoratori e le lavoratrici che ne hanno il diritto. Il ministro Damiano dichiara che questi fondi copriranno da circa 5000 lavoratori in un anno e questi dati non sembrano sufficienti, si dovranno istituire delle graduatorie? Un'altra questione importante è che il diritto che si consegue è quello di ridurre il requisito anagrafico di 3 anni rispetto a quello previsto, quindi un lavoratore che andrà in pensione nel 2013 dovrà avere come minimo 58 anni di età e 36 di contributi, peggiorando comunque la situazione. Anche questa manovra come quella della revisione dello scalone dovrà risultare a costo zero, quindi anche in questo caso si dovrà pescare nelle tasche di chi lavora.
Per essere precisi dobbiamo dire che la somma del costo degli interventi è di 10 miliardi di euro che devono essere coperti con:
3.5 miliardi derivanti da una razionalizzazione degli enti previdenziali ed assicurativi (quindi probabilmente si parlerà di esuberi), garantiti da un aumento dei contributi previdenziali in busta paga dello 0.09% a partire dal 2011. (da ricordare che l’ultima finanziaria ha aumentato i contributo previdenziali dello 0.30% tutto a carico del lavoratore senza trovare miglioramenti delle pensioni, e senza vedere contributi per l’eliminazione dello scalone, dimostrando l’utilizzo solo per il risanamento del debito pubblico).
Circa 4.4 miliardi di euro derivante dall’aumento dell’aliquota contributiva dei lavoratori parasubordinati che continuano a vedersi aumentare le trattenute ma non trovano reali risposte al problema della precarietà.
1.4 miliardi dalla sospensione per un anno dell’indicizzazione delle pensioni superiori a 8 volte il minimo. Queste sono le pensioni che hanno portato i debiti alle casse dell’Inps e vengono sospese solo per un anno! E’ importante ricordare che nei bilanci dell’inps i fondi in attivo sono quelli dei lavoratori dipendenti e quelli in passivo, tra gli altri, quelli dei dirigenti di azienda e dei lavoratori autonomi, e come i fondi in attivo abbiano sempre coperto i buchi di quelli in passivo.
0,7 miliardi da armonizzazione fondi speciali.

Finestre pensionistiche
Vengono ripristinate 4 finestre per i lavoratori che maturano i 40 anni di contributi e viene salvaguardata la pensione per 5000 lavoratori e lavoratrici posti in mobilità; questi interventi hanno un costo di 4 miliardi di euro che, siccome anche in questo caso dovrà risultare a costo zero, verrà coperto dall’inserimento delle finestre per la pensione di vecchiaia. Questo intervento di fatto allunga l’età pensionabile per molti, penalizzando soprattutto i più deboli: le donne e gli immigrati che potrebbero vedersi allungare il periodo dai 6 agli 8 mesi. Anche in questo caso la tutela di diritti per alcuni è pagata dal peggioramento delle condizioni di altri.

Coefficienti di trasformazione
È stato definito inderogabile l’adeguamento dei coefficienti di trasformazione.
Per il momento sono state bloccate le modifiche sui coefficienti di rivalutazione delle pensioni, il tutto è stato rinviato al 2008, quando una commissione verificherà e proporrà modifiche sui coefficienti partendo, però, dalle tabelle attuali che definiscono un taglio di 6/8 punti, e introducendo dinamiche esterne al conto previdenziale come quelle macroeconomiche e demografiche, come l’aspettativa di vita e i bilanci dello stato.
Si stabilisce anche che l’applicazione dei coefficienti sarà ogni 3 anni e che l’aggiornamento sarà effettuato dal decreto ministeriale, concedendo allo stato piena mano libera sulle pensioni eliminando ogni possibile contrattazione su quello che è, per il sindacato, il pilastro principale della previdenza dei lavoratori e delle lavoratrici.

Questo è quello che ci viene imposto, pena la caduta del governo di centrosinistra e il riaffacciarsi dello spauracchio Berlusconi o il profilarsi all’orizzonte del tormentone Europa. E' infatti l'Europa che chiede all'Italia la riforma delle pensioni, che non è nemmeno contenta di questa, quindi cosa può ragionevolmente fare il governo? porsi fuori dall'Europa? Intanto c'è da dire che i lavoratori italiani hanno uno dei più alti tassi di produttività in Europa, che le loro condizioni di lavoro sono nettamente peggiorate (vedi orario) ed i salari diminuiti rispetto al costo della vita.

Ora è necessario andare nei luoghi di lavoro perché i lavoratori e le lavoratrici devono essere attori principali della contrattazione.
Occorre contrastare la logica della delega sempre più diffusa nella concertazione e rilanciare la vera titolarità dei lavoratori e delle lavoratrici nella contrattazione.
Per questo noi comunisti anarchici appoggeremo tutti i movimenti di opposizione dal basso dei lavoratori e delle lavoratrici che si organizzeranno sia dentro i sindacati confederali sia nel sindacalismo di base:
· che lotteranno contro questa ennesima truffa concertata sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici, senza che questi siano stati minimamente consultati;
· che denunceranno il tentativo, perpetrato dello Stato, di dividere la classe lavoratrice attraverso il meccanismo dell’aumento, per altro ridicolo, delle briciole ai pensionati più poveri e ai disoccupati, prelevando i fondi necessari, per l’ennesima volta dalle tasche dei lavoratori e delle lavoratrici;
· che denunceranno il tentativo dei padroni e dello Stato, di far passare l’opposizione alla riforma sulle pensioni, come un egoistico scontro generazionale;
· che lotteranno per la difesa di una previdenza pubblica, contro ogni tentativo di privatizzazione neoliberista;
· che lotteranno per una maggiore redistribuzione della ricchezza, a spese delle classi più agiate e non della classe lavoratrice, già fortemente penalizzata;
· che si opporranno a qualsiasi ipotesi di aumento dell'età pensionabile, di aumento dei contributi e di diminuzione dei coefficienti;
· che contrasteranno ogni tendenza dirigista e concertativa, per la diffusione di una pratica sindacale di democrazia diretta, attraverso gli strumenti di confronto assembleare e di decisione referendaria;
· che appoggeranno la necessità di costruire una mobilitazione europea. Una mobilitazione politica e sindacale che sappia coinvolgere e aggregare i lavoratori e le lavoratrici su obiettivi comuni.
Francesco Aucone (FdCA - Roma) / Giuseppe Lograno (Commissione Sindacale FdCA)

giovedì 26 luglio 2007


Novità editoriale dall'FdCA


La Piattaforma Organizzativa
dei Comunisti Anarchici

- origine, dibattito e significato -

a cura di Nestor McNab


La Federazione dei Comunisti Anarchici annuncia la pubblicazione di un nuovo libro sulla Piattaforma Organizzativa del 1926, a cura di Nestor McNab e intitolato "La Piattaforma Organizzativa dei Comunisti Anarchici - origine, dibattito e significato". Oltre ad una traduzione riveduta della Piattaforma Organizzativa, il libro contiene un'ampia introduzione e traduzioni inedite del dibattito all'epoca.
Si può ordinare "La Piattaforma Organizzativa dei Comunisti Anarchici" inviando una e-mail al seguente indirizzo: fdca@fdca.it, oppure scrivendo a: Alternativa Libertaria, CP 27, 61032 Fano (PU). Puoi anche rivolgerti alla sezione FdCA più vicino a te.

Indice:

INTRODUZIONI:
  • Prefazione di Nestor McNab
  • Pier Francesco Zarcone, Attualità della polemica sulla "Piattaforma"
  • Alexandre Skirda, La Piattaforma Organizzativa

DOCUMENTI:
  • Nestor Makhno, La nostra organizzazione
  • Nestor Makhno, L'Anarchismo e la nostra epoca
  • Nestor Makhno, Sulla disciplina rivoluzionaria
  • Boris Volin, Una sintesi anarchica
  • Gruppo degli Anarchici Russi all'Estero, Il problema dell'organizzazione e la nozione di sintesi
  • Gruppo degli Anarchici Russi all'Estero, Piattaforma Organizzativa dell'Unione Generale degli Anarchici (Bozza)
  • Gruppo degli Anarchici Russi all'Estero, Supplemento alla Piattaforma Organizzativa (domande e risposte)
  • Nestor Makhno, Sulla difesa della rivoluzione
  • Alcuni anarchici russi, Risposta alla Piattaforma
  • Gruppo degli Anarchici Russi all'Estero, Risposta ai confusionari dell'anarchismo
  • Petr Arscinov, Il vecchio ed il nuovo nell'anarchismo
  • Maria Isidine, Organizzazione e partito
  • Petr Arscinov, Vecchi retaggi e novità nell'anarchismo
  • Errico Malatesta, A proposito della responsabilità collettiva
  • Gruppo del 18°, Ancora sulla "responsabilità collettiva": qualche precisazione
  • Nestor Makhno, Al Congresso dei compagni francesi dell'UACR

APPENDICE:
  • Esercito Insorto Rivoluzionario (Makhnovista) dell'Ucraina, Bozza di Dichiarazione
  • 1a Sezione Italiana - Federazione Internazionale Comunista Anarchica, Manifesto comunista anarchico

giovedì 12 luglio 2007

IV Incontro Nazionale della Rete Studentesca Libertaria Anarchica

IV INCONTRO NAZIONALE DELLA RETE STUDENTESCA LIBERTARIA ANARCHICA

Roma, nei giorni 14-15-16 Luglio

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L'incontro si terrà al Laboratorio Sociale "La Talpa". L’orario di inizio nel giorno 14 Luglio è previsto per le ore 11.
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L'odg proposto è:
  1. Convivialità
  2. Resoconti sulle situazioni locali e sull'attività dei gruppi e delle individualità della rete
  3. Gruppi di ricerca: resoconti e proposte
  4. Possibili attività da coordinare per il prossimo anno scolastico ed accademico
  5. Università, Scuola e precarietà
  6. Luogo e data del prossimo incontro.
L'indirizzo è via Ostuni 9, sulla Prenestina.
Per chi venisse coi mezzi basta prendere il 14 a Termini per 23 fermate.

-Rete Studentesca Libertaria Anarchica-