venerdì 14 dicembre 2007

Incontro a Quarticciolo con la Zabalaza

Il Sud, visto dal Sud

Incontro con:

2 militanti dello Zabalaza Anarchist Communist Front
- Breve storia del movimento anarchico e anarcosindacalista nell'Africa meridionale nel primo '900
- Crepuscolo dell'apartheid e il risorgimento delle idee anarchiche
- Ristrutturazione neoliberista dell'ANC nel Sud Africa post-apartheid e il ruolo del Sud Africa come potenza subimperialista
-Emergenza dei movimenti sociali popolari contro le privatizzazioni ecc. e il ruolo degli anarchici
- Zuma e l'Alleanza Tripartitica (PCSA, COSATU e ANC)
- La nuova ondata di scioperi e proteste studentesche, la loro trasformazione in senso burocratico e un possibile aumento nella militanza di base
- Lo Swaziland, il movimento per la democrazia e l'anarchismo
- Lo stato attuale del movimento anarchico, le attività dello ZACF e le prospettive per il futuro
Dibattito.
Domenica 16 dicembre, alle ore 19,30
presso il
Laboratorio Sociale "La Talpa"
via Ostuni 9 (Piazza del Quarticciolo), RomaBus 451 da Metro Ponte Mammolo e Metro Subaugusta
Tram 14 da Termini
latalpa2ott@hotmail.com
Organizzano:
Federazione dei Comunisti Anarchici - Sezione di Roma
Laboratorio Sociale "La Talpa"
Unione Sindacale Italiana

12 Dicembre 1969: Strage di Stato - 15 Dicembre 1969: assassinio del compagno Pinelli

Il 12 dicembre 1969 un ordigno contenente sette chili di tritolo esplode alle 16,37, nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura, in piazza Fontana, a Milano. Il bilancio delle vittime è di 16 morti e 87 feriti.
Nei giorni successivi alla strage, solo a Milano, sono 84 le persone fermate tra anarchici, militanti di estrema sinistra e due appartenenti a formazioni di destra.
Il primo ad essere convocato è il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli, chiamato in questura lo stesso giorno dell’esplosione. Dopo tre giorni di interrogatorio non viene contestata, a Pinelli, nessuna imputazione eppure non viene comunque rilasciato.
Ad interrogarlo è il commissario Calabresi il quale guida l’inchiesta sulla strage.
15 dicembre 1969, tre giorni dopo l’arresto, Pinelli muore precipitando dalla finestra della Questura.
La versione ufficiale parla di suicidio, ma i quattro poliziotti e il capitano dei carabinieri Lo Grano, presenti nella stanza dell’interrogatorio al momento della morte del ferroviere, saranno oggetto di un’inchiesta per omicidio colposo.
Verrà poi aperto nei loro confronti un procedimento penale per omicidio volontario. Nei confronti del Commissario calabresi, che non si trovava nella stanza ,si procederà per omicidio colposo.
Tutti gli imputati verranno poi prosciolti nel 1975, perché
LO STATO ASSOLVE SEMPRE I SUOI SERVI CRIMININALI

....E LA CHIESA LI FA SANTI
Fino ad arrivare ai giorni nostri con l'apertura del processo di beatificazione, da parte della chiesa cattolica, del commissario Calabresi.
Ma anche di questo non ci scandalizziamo, abituati ad una chiesa che ospita nelle sue cripte mafiosi ed assassini servi dei poteri.

FdCA Roma

lunedì 10 dicembre 2007

dal Quarticciolo ribelle due giorni di iniziative:

- per ricordare attivamente la strage di Piazza Fontana
- per rispondere a chi tenta di ricoprire con una mano di vernice le macagne strutturali delle periferie romane
- per rispondere a chi tenta di reprimere qualsiasi espressione proletaria di dissenso
- per denunciare le manovre speculative della cartolarizzazione
- e perchè no! per festeggiare 9 anni di occupazione.


Mercoledi 12 dicembre Ex questura Quarticciolo 9 anni di occupazione (1998-2007)

Diritto alla casa per tutti
Una giornata fuori dal “Comune”

dal pomeriggio:

-quarticciolo street writers > coloriamo i muri del palazzo> bomboletta libera

-live hip hop: Apostoli della strada crew, Testimoni, ChC, and more....microfono aperto

-mostra storica-fotografica-video: la Strage di piazza Fontana

-cena sociale: salsiccia e vino per tutti

-dalle 20.30: proiezione delle partita Roma-Manchester United

Sabato 15 dicembre Incontro pubblico:

“La riqualificazione del Quarticciolo tra case ATER, sanatorie e svendita del patrimonio pubblico”
presso i locali dell'ex questura occopata. via Ostuni n 7
Organizzano:
- laboratorio sociale la talpa
- Coordinamento cittadino di lotta per la casa
www.talpalab.com
www.abitare.noblogs.org

domenica 9 dicembre 2007

Da un compagno al nord

Le mie sono delle riflessioni sconclusionate.
Questa sera (ore 19,45) stavo tornando a casa e, ascoltando uno spezzone di “zapping alla radio” su Rai 1, apprendo della morte del terzo operaio ( martire, eroe o chissà cosa) della fonderia torinese (mattatoio annunciato come tante fabbriche e altri posti di lavoro) e del minuto di silenzio alla Scala in ricordo/onore (!?) degli operai (forse schiavi mo­derni, visto che qualcuno lavorava ininterrottamente da 12 ore – a “zapping alla radio”, la conduttrice li ha definiti “rit­mi cinesi", io, pensando ai miei, li definisco normali, ma, il mio, qualcuno lo ha definito auto sfruttamento mentre, io, lo definisco solo una questione di sopravvivenza di cui, se potessi, ne farei volentieri a meno!) e Sandro Curzi che, ri­spondendo alla telefonata di un ascoltatore, con una retorica da vomito, diceva che la classe operaia esiste ancora ma è stata lasciata sola (poverina, penso io) e si chiede anche lui, ricordando suo padre che ha fatto le lotte operaie con­tro gli orari di lavoro massacranti (per inciso ha citato la canzone che dice “se otto ore vi sembran poche provate voi a lavorar”), dove sia il sindacato, in quel momento entravo in garage e spegnevo motore e autoradio; naturalmente non ho riacceso la radio (dovevo salutare la mia famiglia, sentire come è andato l'esame di Enrico, salutare i miei cani e mangiare) ma, in automatico, la mia testa ricordava l'intervista ad uno dei sopravvissuti che, mestamente, diceva che al sorgere del primo focolaio d'incendio, lui aveva azionato un idrante che aveva funzionato solo per pochi istanti (forse se avesse funzionato per il tempo necessario non sarei qui con le mie paturnie) e che poi non aveva potuto aiutare i suoi compagni di lavoro e che non funzionava il telefono rosso (quello per chiamare i soccorsi!!!) o l'altro che, lucida­mente, parlava di tragedia annunciata perché la fonderia era in dismissione e che la direzione risparmiava su tutto, an­che sulla sicurezza! all'età degli operai (tutta superiore ai 30 anni e, quindi, fuori del mercato del lavoro; in questi casi si pensa solo a non perdere quel poco che hai, signor Curzi e non alle lotte del tuo papà che tu e il tuo partito ricordate solo in questi casi, mostrandovi contriti e stranamente smarriti) a Luca Cordero di Montezemolo che si è accorto che i salari sono troppo bassi (forse negli ultimi rendiconto ha notato che se la gente non ha soldi non consuma! e il mecca­nismo capitalista potrebbe incepparsi).

Ora io mi chiedo come mai a nessuno di “lor signori” è venuto in mente di fare immediatamente, invece che della retorica, uno straccio di protesta o di prender qualche serio provvedimento (adesso si discute della finanziaria, della fiducia al governo o del fatto che il progetto del PDS è stato tradito, forse caro Berti­notti, non era neanche partito) su quello che è avvenuto e avviene nel mondo del lavoro invece che delle solite frasi di circostanza o si mai chiesto perché i bamboccioni non escono di casa (forse, signor Padoa Scoppiato, con uno stipendio mensile che, se va bene, è di 1000 € e un affitto, sempre mensile, di 700/800 € è leggermente complicato farlo!), in­somma mi è venuta una botta di tristezza e penso che, noi compagne/compagni (ora non sono polemico/pignolo/iper­sensibile e non dimentico le desinenze, anzi le amo e le abbraccio tutte!) abbiamo molto da lavorare e combattere per arrivare alla società liberata e ad un mondo di uguali tra gli uguali dove ognuno da per quel che può e riceve per quel che ha bisogno e mi viene sempre di più la voglia di farlo!

Scusate lo sfogo.
Un abbraccio anzi, Salud!
Salvatore

sabato 8 dicembre 2007

Quando è il lavoro ad uccidere...

Quando è il lavoro ad uccidere......la morte diventa un numero e la vita un sacrificio da offrire al Moloch del capitalismo e dello sfruttamento.

Per il capitalismo i lavoratori non sono che numeri in vita: numeri in produzione, numeri in esubero, numeri in mobilità, numeri da ridurre coi licenziamenti.
E numeri restano, anche quando sono morti sul lavoro. Le vite sfruttate, le vite spezzate non sono altro che costi. Cioè numeri. Così l'INAIL ci fa sapere che nel 2006 ha registrato 1.280 morti sul lavoro. Che sono in aumento le vittime tra le donne e gli extracomunitari. Che nel 2006 vi sarebbero stati 1.115 morti nell'industria (280 nell'edilizia), 114 nell'agricoltura e 11 tra i dipendenti statali. Che il numero degli infortuni mortali aumenta per le donne: 103 uccise nel 2006 contro 88 nel 2005.

Da 4 anni emerge poi anche la crescita delle vittime tra gli extracomunitari.
Si dice che sono numeri dentro la statistica! Una statistica che conta una media di quattro morti al giorni per infortunio sul lavoro e che non tiene conto di quei lavoratori e lavoratrici, anche immigrati, che non esistono perché in nero, clandestini, sommersi.
E che dire dei lavoratori che sono rimasti vittima di incidenti stradali perché stanchi e affaticati dalla guida o dal turno di lavoro?
E delle vittime di esposizione ad agenti cancerogeni e tossici, di cui raramente o a grande fatica si riesce a dimostrare che la causa della loro morte è il lavoro?

Quando il lavoro uccide, non c'è articolo 2087 del codice civile che tenga, non c'è legge 626 che tuteli, il serial killer che non si vuole denunciare e fermare è tuttavia sotto gli occhi di tutti: è l'organizzazione del lavoro e la sua deregolamentazione; è l'intensificazione dello sfruttamento del lavoro ed il ricatto che attenua o annulla le norme di protezione e sicurezza o addirittura le vuole depenalizzare. E se non provoca la morte, procura centinaia di migliaia di incidenti sul lavoro (938.613 sono stati gli incidenti denunciati nel 2004 dall'INAIL).

In Italia come in tutto il mondo, dietro i morti e gli incidenti sul lavoro ci sono grandi interessi che tendono a scaricare sulla collettività i costi delle conseguenze delle morti, degli infortuni e delle malattie professionali. Si tratta di costi umani ed anche economici enormi: si perde ogni anno il 4% del PIL mondiale per costi derivati da incidenti, decessi e malattie legate al lavoro, pari a 20 volte la spesa per gli aiuti allo sviluppo.

Ma il costo umano è incalcolabile!! Si tratta di una mattanza di dimensioni mondiali. L'Ufficio Internazionale del Lavoro (ILO) ha registrato per il 2005 circa 2,2 milioni di morti l'anno, di cui "solo" 350.000 sono dovute a infortuni (e fra questi ben 60.000 nell'edilizia). Tutti gli altri - 1 milione e 700 mila persone - sono vittima di malattie professionali (l'amianto da solo è ancora responsabile di circa 100.000 morti l'anno).
E la maggior parte degli infortuni mortali stimati dall'Ilo avviene in Cina (circa 90.000), in altri Paesi dell'Asia (76.866) e in India (40.133). E nei prossimi 15 anni ci sarà un aumento sia nel numero di giovani (15-24 anni), sia in quello di anziani (60 anni e oltre) che entreranno nella forza lavoro: si tratta proprio delle categorie che tendono ad avere i più alti tassi di incidenti sul lavoro.

La prevenzione, la protezione, la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro sono costi che non possono essere scaricati sui contratti di categoria, ma devono essere assunti dai datori di lavoro; i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) devono essere istituiti in ogni luogo di lavoro anche su iniziativa autonoma ed autogestita dei lavoratori e messi in condizione di poter operare, protetti e tutelati dai ricatti padronali, in diretto contatto con le ASL, a cui affidare il riconoscimento degli infortuni e delle malattie professionali e l'istituzione di un osservatorio, comune per comune, azienda per azienda degli infortuni sul lavoro.

Ma soprattutto occorre riprendere la critica sul capitalismo come sistema di produzione, la denuncia sistematica dello sfruttamento e dei suoi effetti letali sulla salute e sulla vita dei proletari in Italia ed in tutto il mondo; l'organizzazione di lotte specifiche per la sicurezza, per contrastare tutti i processi causa dell'aumento dei fattori di rischio: dalle privatizzazioni all'outsourcing, dalla dequalificazione delle mansioni all'aumento dei ritmi nelle unità produttive.

Perché non si debba più morire di lavoro, ma vivere, non bastano accorati appelli o lacrime di coccodrillo, e l'affidarsi al rispetto delle regole o alla correttezza dei padroni: è necessaria, in ogni luogo di lavoro, la riconquista della dignità e la consapevolezza di dover difendere i propri diritti, serve la lotta e l'unità dei lavoratori e delle lavoratrici.

FEDERAZIONE DEI COMUNISTI ANARCHICI

giovedì 6 dicembre 2007

Vivere in Italia

Cari Compagni,
e' notizia di ieri o ieri l'altro dell'ennesima tragedia in mare,solo che in questo caso riguarda un
peschereccio affondato per il cattivo tempo di fronte al litorale laziale.

Mancano all'appello due persone, due lavoratori in nero, sottopagati, senza permesso(scaduto), due magrebini (non ricordo la loro nazionalita') ma poco importa. Importa che sono ancora dispersi in mare e che forse le mogli e i figli non li rivedranno piu.

Uno dei due ha conosciuto il calvario che infligge la nostra giustizia borghese con l'accusa di terrorismo internazionale. Questo perche' in una perquisizione in casa gli trovarono dell'esplosivo, solo dopo tre anni fu dimostrato che serviva per la pesca di frodo e di conseguenza la Cassazione annullo' tutta l'inchiesta.L'esplosivo chissa' perche' non era in casa dell'armatore o del comandante del peschereccio!
Questo e' quanto ho voluto scrivere su una storia come tante che si consuma ogni giorno nel bel paese.

ciao Luigi

lunedì 3 dicembre 2007

Sulle manifestazioni di Vicenza

Le mobilitazioni di Vicenza per bloccare l'apertura di una nuova base militare nell'area Dal Molin hanno segnato una tappa importante per tutto il movimento contro la guerra, facendo emergere due aspetti importanti.
Da una parte, l'esperienza di Vicenza ha messo al centro dell'iniziativa contro la guerra la questione delle basi militari, superando l'approccio etico al rifiuto della guerra, individuando e proponendo obiettivi concreti nell'azione antimilitarista. Dall'altra, il movimento "No Dal Molin" rappresenta un bel esempio di resistenza sociale alla militarizzazione del territorio e di democrazia diretta. Smascherati i falsi propositi dei partiti di governo locale e nazionale, coinvolti nei processi decisionali che hanno permesso al governo degli Stati Uniti di perseguire l'obiettivo della ridefinizione strategica del proprio ruolo nello scacchiere internazionale, il movimento che si inserisce in quella realtà più allargata, fatta di tanti comitati locali, che oggi, a partire dalla Val di Susa contro la Tav, passando per Venezia contro il Mose e attraverso le tante lotte in difesa dell'ambiente e della salute pubblica, caratterizza quella parte del paese che non intende sottomettersi alle decisioni di chi fa dei territori lo strumento del proprio profitto e ad una politica delle grandi opere che comporta effetti devastanti sul piano ecologico e sociale.
L'importanza degli obiettivi che il movimento vicentino ha posto, supera la dimensione locale per inserirsi in un percorso di lotte che coinvolge tutto il territorio nazionale e anche oltre. Il movimento contro la base militare di Vicenza ha già lasciato una segno indelebile (molti comitati si sono costituiti sull'onda dell'esperienza vicentina) e il suo esito finale sarà determinante per il futuro delle lotte antimilitariste nel nostro paese, oggi rappresentate da innumerevoli comitati impegnati per la chiusura della basi militari e per una loro conversione al civile.
Noi comunisti-anarchici, siamo sempre più convinti che il movimento "No Dal Molin" vada sostenuto e appoggiato nelle sue diverse iniziative e scadenze di mobilitazione, ma ci auguriamo che il percorso unitario e condiviso che ha contraddistinto le grandi manifestazioni nazionali, sia cercato e garantito in un'ottica di piena autonomia e attraverso una pratica che privilegi l'autorganizzazione e l'autogestione sociale.
Oggi, come ieri, siamo dalla parte di chi lotta per la difesa dei propri diritti e, coerenti con le nostre origini antimilitariste, individuiamo negli eserciti il "braccio armato" che difende chi viola questi diritti.
La Federazione dei Comunista Anarchici aderisce alle mobilitazioni internazionali indette dal movimento vicentino e si impegna a promuovere, nelle realtà dove è presente, scadenze di lotta per bloccare l'ennesima servitù militare. E' nostro auspicio che da Vicenza prenda forza un'iniziativa antimilitarista su tutto il territorio nazionale per chiudere le basi militari e convertirle ad usi civili.

Federazione dei Comunisti Anarchici

19 ottobre 2007