domenica 28 dicembre 2008

Con la solidarietà e la lotta si difendono i diritti

Pubblichiamo un bell'esempio di lotta vinta grazie all'autorganizzazione e alla solidarietà fattiva tra i lavoratori e tra questi e gli studenti.
E' fondamentale ricordare sempre che Stato e padroni puntano prima di tutto alla divisione tra i lavoratori e che per questo sfruttano qualsiasi pretesto: razza, categoria, genere, religione. Tutto va bene per evitare quello che loro temono di più, ossia che i lavoratori, di qualsiasi razza, genere, credenza religiosa, si uniscano per difendere i loro diritti.
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Uniti si vince!ORIGGIO IN OGNI LUOGO DI LAVORO
La “lotta paga”, come dice il famoso adagio. E ha pagato ancora di più se si considera che a Origgio (Varese) si è consumata positivamente una battaglia che ha in sé caratteristiche che ne fanno un esempio di lotta globalizzata. Una lotta contro il lavoro e un tipo di struttura del lavoro particolare, che possiamo chiamare, senza ombra di dubbio, criminale, cioè quella delle cooperative, dove i diritti dei lavoratori spesso sono pure utopie. Poiché i lavoratori delle cooperative non sono formalmente dei dipendenti, ma “soci lavoratori”, non rispondono ai contratti collettivi di lavoro e sono alla mercé di chiunque: se alzano la testa, nella migliore delle ipotesi, vengono cacciati a calci. Spesso queste sedicenti “organizzazioni del lavoro” sono gestite da ex sindacalisti o comunque supportate dai sindacati confederali.La lotta alla Bennet di Origgio è stata anche una lotta antirazzista, dovedecine di lavoratori cingalesi, albanesi, filippini, africani, marocchini, italiani della cooperativa Leonardo e Giava (appartenenti al consorzio CAL) si sono uniti per combattere contro lo sfruttamento del lavoro, contro il potere dei caporali, contro la ghettizzazione categoriale, affermando una forte capacità auto-organizzativa e di vedere oltre i paraocchi della politica sindacale e politicante.Dopo il primo sciopero a fine giugno, che ha dato inizio alla partita, si sono moltiplicate le iniziative di sciopero e blocco dei cancelli. A luglio Dikson, iscritto allo Slai Cobas, viene fatto oggetto di una provocazione: un capo si finge aggredito e l´operaio viene licenziato pensando così di terrorizzare gli operai.Ma la paura non abita nei cuori dei lavoratori della Bennet: le iniziative di lotta si sono intensificate, fino ad arrivare a proclamare lo sciopero del cottimo, in un crescendo che ha portato all’atto finale di venerdì notte e sabato mattina. E sabato si è piegato il padrone, anzi i padroni, perché la lotta era sì contro la Leonardo e la Giava, ma anche contro la Bennett, che beneficia del lavoro super sfruttato delle cooperative.Il blocco dei cancelli iniziato venerdì 19 dicembre alle 21.00, era segnato dall’arrivo di un fax dell’azienda Bennett e della Leonardo che si impegnavano alla riassunzione di Dikson, l’operaio licenziato per rappresaglia.Tentativo tanto ingenuo quanto inutile di dividere i lavoratori, sperando così di fermare le lotte e chiudere per le “feste natalizie”. La risposta dei lavoratori è stata compatta e senza defezioni: blocco a oltranza per arrivare a trattare su una piattaforma vera, a 360 gradi.Alle 5/6 del mattino il picchetto dei lavoratori si è ingrossato a dismisura: sono arrivati lavoratori di altre fabbriche, studenti delle Università Statale e della Bicocca, lavoratori immigrati che avevano sentito parlare di questa LOTTA. Tutti i cancelli della Bennet sono stati presidiati: la fila dei TIR e camion che non potevano entrare si è ingrossata talmentetanto che si stavano intasando anche le arterie principali che vanno verso Milano.Ai camionisti la situazione è stata spiegata dai lavoratori individuando i veri responsabili, i padroni e sono stati invitati a venire a ristorarsi davanti ai cancelli.Pochi ci avrebbero scommesso, ma anche i camionisti hanno mantenuto un atteggiamento solidale e, anzi, si sono anche incazzati con la direzione che non voleva firmargli l’ordine di arrivo delle merci.Polizia e carabinieri non sapevano più che pesci prendere: dopo aver cercato per tutta la notte di provare a rompere l’unità dei lavoratori, ma non trovando il terreno disponibile ad uno scontro con i lavoratori, hanno praticamente sollevato il culo dei responsabili della Bennet e la Leonardo e li hanno portati prima al comando dei carabinieri e poi in fabbrica, dove è cominciata la trattativa con i lavoratori. Dikson, tra gli applausi, era tra i lavoratori al tavolo delle trattative. Intorno alle 12 i lavoratori e un compagno dello Slai Cobas sono scesi con la bozza di accordo che prevedeva la riassunzione di Dikson, la cacciata di due capi reparto responsabili di aver contribuito a creare un clima intimidatorio e razzista, circa 500 euro di una tantum (fino ad oggi bloccata da accordi firmati dai Confederali), diritto alla mensa, messa a norma dell'infermeria, riconoscimento dei diritti sindacali dei lavoratori e dei loro delegati eletti.L'unica nota parzialmente stonata è stata il misero aumento salariale ottenuto (40 centesimi all'ora): forse è mancato un pizzico di coraggio in più necessario a concretizzare maggiormente la trasformazione dei rapporti di forza che si è data sotto gli occhi di tutti; ma in ogni caso, anche quel piccolo aumento, ha avuto il suo significato politico: innanzitutto si tratta di un aumento extra-contrattuale (mediamente quello che CGIL-CISL-UIL ottengono in due anni a livello nazionale) e, soprattutto è stato definito sulla base di un principio di egualitarismo fra dipendenti di cooperative diverse e fra operai con mansioni differenti, cosa che fino ad oggi era stato motivo di astuta divisione tra lavoratori, operata dai padroni.Quindi non possiamo che salutare come una prima importante vittoria questo risultato.
Una lotta solidale, una lotta che sembrava folle solo a pensarla e che è diventata realtà solo grazie alla lucidità visionaria di attivisti sindacali, compagni di qualche centro sociale, del Comitato antirazzista milanese, degli studenti universitari, dei compagni di altre città. Compagni e compagne hanno capito ilfatto che a Origgio si giocava una partita che andava oltre i confini del luogo di lavoro e hanno deciso di stringersi intorno agli operai, mobilitarsi per estendere la lotta e sostenerla concretamente fino alla fine.Compagni e compagne di generazioni e con percorsi politici diversi, ma che sono riusciti a trovare l’unità su obiettivi finalmente concreti e condivisi e hanno quindi messo in campo una forza capace di favorire e moltiplicare la combattività.
Certo sappiamo che il percorso è appena all’inizio, ma adesso sappiamo anche che l’organizzazione dei padroni è “debole” e che i lavoratori uniti e auto-organizzati ce la possono fare.Origgio smuoverà sicuramente dinamiche di lotta “nuove” sul fronte delle cooperative e della capacità solidale e dell’auto organizzazione: sta anche a chi ci ha creduto fin dall'inizio, e per tutto il tempo necessario a vincere, dargli il valore che si merita.Sicuramente lavorando per realizzare in tempi rapidi una riunione cittadina con i lavoratori che servirà per approfondire e analizzare la situazione e dare forza ad un percorso che guarda con fiducia e determinazione ad una lotta generalizzata verso un mondo senza classi e sfruttamento.
Comitato Antirazzista milaneseinfo@antirazzistimilano.org
Origgio, 23 dicembre 2008

martedì 23 dicembre 2008

comunicato dalla grecia

Centinaia di soldati dei 42 campi dell'esercito dichiarano:

CI RIFIUTIAMO DI DIVENTARE UNA FORZA DI TERRORE E DI REPRESSIONE CONTRO LE MOBILITAZIONI;
APPOGGIAMO LA LOTTA DEGLI STUDENTI DI SCUOLA/UNIVERSITA' E DEI LAVORATORI.

> Siamo dei soldati da ogni parte della Grecia [è necessario qui osservare
> che in Grecia è ancora in vigore la coscrizione e che riguarda tutti i greci
> maschi; la maggior parte o forse anche tutte le persone che firmano questo
> sono legati al popolo che al momento stanno servendo nel servizio militare
> obbligatorio - non reclute dell'esercito]. Soldati ai quali, a Hania, è
> stato ordinato di opporsi a studenti universitari, lavoratori e combattenti
> del movimento movimento antimilitarista portando le nostre armi e poco tempo
> fa.
> [Soldati] che portano il peso delle riforme e della "preparazione"
> dell'esercito greco.
> [Soldati che] vivono tutti i giorni attraverso l'oppressione ideologica del
> militarismo, del nazionalismo dello sfruttamento non retribuito e della
> sottomissione ai "[nostri] superiori". Nei campi dell'esercito [nei quali
> serviamo], sentiamo di un altro "incidente isolato": la morte, provocata
> dall'arma di un poliziotto, di un quindicenne di nome Alexis. Sentiamo di
> lui negli slogan portati sopra le mura esterne del campo come un tuono
> lontano.
> Non sono stati chiamati incidenti anche la morte di tre nostri colleghi in
> agosto? Non è stata pure chiamata un incidente isolato la morte di ciascuno
> dei 42 soldati che sono morti negli ultimi tre anni e mezzo? Sentiamo che
> Atene, Thessalonica ed un sempre crescente numero di città in Grecia sono
> diventate campi di agitazione sociale, campi dove viene recitato fino in
> fondo il risentimento di migliaia di giovani, di lavoratori e di
> disoccupati.
> Vestiti con uniformi dell'esercito ed "abbigliamento da lavoro", facendo la
> guardia al campo o correndo per commissioni, facendo i servitori dei
> "superiori", ci troviamo ancora lì [in quegli stessi campi]. Abbiamo
> vissuto, come studenti universitari, come lavoratori e come disperatamente
> disoccupati, le loro "pentole d'argilla", i "ritorni di fiamma accidentali",
> i "proiettili deviati", la disperazione della precarietà, dello
> sfruttamento, dei licenziamenti e dei procedimenti giudiziari.
> Ascoltiamo i mormorii e le insinuazioni degli ufficiali dell'esercito,
> ascoltiamo le minacce del governo, rese pubbliche, sull'imposizione dello
> "stato d'allarme". Sappiamo molto bene cosa ciò significhi. Viviamo
> attraverso l'intensificazione [del lavoro], aumentate mansioni
> [dell'esercito], condizioni estreme con un dito sul grilletto. Ieri ci è
> stato ordinato di stare attenti e di "tenere gli occhi aperti".
> Ci chiediamo: A CHI CI AVETE ORDINATO DI STARE ATTENTI?
> Oggi ci è stato ordinato di stare pronti ed in allarme.
> Ci chiediamo? VERSO CHI DOVREMMO STARE IN ALLARME?
> Ci avete ordinato di stare pronti a far osservare lo stato di ALLARME:
> . Distribuzione di armi cariche in certe unità dell'Attica [dove si trova
> Atene] accompagnata anche dall'ordine di usarle contro i civili se
> minacciate. (per esempio, una unità dell'esercito a Menidi, vicino agli
> attacchi contro la stazione di polizia di Zephiri)
> . Distribuzione di baionette ai soldati ad Evros [lungo la frontiera turca]
> . Infondere la paura nei dimostranti spostando i plotoni nell'area
> periferica dei campi dell'esercito
> . Spostare per protezione i veicoli della polizia nei campi dell'esercito a
> Nayplio-Tripoli-Korinthos
> . Il "confronto" da parte del maggiore I. Konstantaros nel campo di
> addestramento per reclute di Thiva riguardo l'identificazione di soldati con
> negozianti la cui proprietà è stata danneggiata
> . Distribuzione di proiettili di plastica nel campo di addestramento per
> reclute di Corinto e l'ordine di sparare contro i nostri concittadini se si
> muovessero "minacciosamente" (nei riguardi di chi???)
> . Disporre una unità speciale alla statua del "Milite ignoto" giusto di
> fronte ai dimostranti sabato 13 dicembre come pure mettere in posizione i
> soldati del campo di addestramento per reclute di Nayplio contro la
> manifestazione dei lavoratori
> . Minacciare i cittadini con Unità Operazioni Speciali dalla Germania e
> dall'Italia - nel ruolo di un esercito di occupazione - rivelando così il
> vero volto anti-lavoratori/autoritario della U.E. La polizia che spara
> prendendo a bersaglio le rivolte sociali presenti e future. E' per questo
> che preparano un esercito che assuma i compiti di una forza di polizia e la
> società ad accettare il ritorno all'esercito del totalitarismo riformato. Ci
> stanno preparando ad opporci ai nostri amici, ai nostri conoscenti ed ai
> nostri fratelli e sorelle. Ci stanno preparando ad opporci ai nostri
> precedenti e futuri colleghi al lavoro ed a scuola.
> Questa sequenza di misure dimostra che la leadership dell'esercito, della
> polizia e l'approvazione di Hinofotis (ex membro dell'esercito
> professionale, attualmente vice ministro degli interni, responsabile per
> "agitazioni" interne), del QG dell'esercito, dell'intero governo, delle
> direttive della U.E., dei negozianti-come-cittadini-infuriati e dei gruppi
> di estrema destra mirano ad utilizzare le forze armate come un esercito di
> occupazione - non ci chiamate "corpo di pace" quando ci mandate all'estero a
> fare esattamente le stesse cose? - nelle città dove siamo cresciuti, nei
> quartieri e nelle strade dove abbiamo camminato.
> La leadership politica e militare dimentica che siamo parte della stessa
> gioventù. Dimenticano che siamo carne della carne di una gioventù che sta di
> fronte al deserto del reale all'interno ed all'esterno dei campi
> dell'esercito. Di una gioventù che è furibonda, non sottomessa e, ancora più
> importante, SENZA PAURA.
> SIAMO CIVILI IN UNIFORME. Non accetteremo di diventare strumenti gratuiti
> della paura che alcuni cercano di instillare nella società come uno
> spaventapasseri. Non accetteremo di diventare una forza di repressione e di
> terrore. Non ci opporremo al popolo con il quale dividiamo quegli stessi
> timori, bisogni e desideri/lo stesso futuro comune, gli stessi pericoli e le
> stesse speranze.
> CI RIFIUTIAMO DI SCENDERE IN STRADA PER CONTO DI QUALSIASI STATO D'ALLARME
> CONTRO I NOSTRI FRATELLI E SORELLE.
> Come gioventù in uniforme, esprimiamo la nostra solidarietà al popolo che
> lotta e urliamo che non diventeremo delle pedine dello stato di polizia e
> della repressione di stato. Non ci opporremo mai al nostro popolo. Non
> permetteremo nei corpi dell'esercito l'imposizione di una situazione che
> ricordi i "giorni del 1967" [quando l'esercito greco ha effettuato il suo
> ultimo colpo di stato].

mercoledì 17 dicembre 2008

Grecia: Sede sindacale occupata dai lavoratori

Sede sindacale occupata ad Atene

La sede della Confederazione Generale del Lavoro della Grecia (GSEE, affiliata CSI) ad Atene è stata occupata dai lavoratori, che hanno rilasciato un comunicato in cui dicono che le loro azioni hanno lo scopo di "sfatare il mito generato dai media che i lavoratori non avrebbero partecipato agli scontri e che la rabbia di questi giorni sarebbe dovuta a qualche centinaia di 'mascherati', 'teppisti' ed altre favole simili". Gli striscioni appesi davanti al palazzo dicono: "Dagli 'incidenti' sul lavoro agli assassinii a sangue fredda - lo Stato/Capitale uccide!"; "Nessuna persecuzione! Rilascio immediato di tutti gli arrestati!"; "Sciopero Generale!"; "L'autorganizzazione dei lavoratori sarà la tomba dei padroni!".

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Communicato No.1

"O saremo noi a determinare la nostra storia o lasceremo che la si determini senza di noi"


Noi operai, impiegati, disoccupati, precari, greci o migranti, non ce ne stiamo davanti ai televisori, passivi. Dall'assassinio di Alexandros Grigoropoulos la notte di sabato, abbiamo partecipato alle manifestazioni, agli scontri con la polizia, alle occupazioni al centro e nei quartieri. Abbiamo spesso dovuto lasciare i nostri posti di lavoro ed i nostri obblighi quotidiani per poter scendere in piazza con gli studenti delle scuole superiori e delle università e con gli altri proletari in lotta.

Abbiamo deciso di occupare la sede della GSEE:

* per trasformarla in un luogo di libera espressione e di incontro per tutti i lavoratori;

* per sfatare il mito generato dai media che i lavoratori non avrebbero partecipato agli scontri e che la rabbia di questi giorni sarebbe dovuta a qualche centinaia di "mascherati", "teppisti" ed altre favole simili, mentre sugli schermi dei telegiornali i lavoratori venivano presentati come le vittime degli scontri, e mentre la crisi del capitalismo in Grecia e in tutto il mondo porta a innumerevoli esuberi e che i media tratta come "fenomeno naturale";

* per svergognare e denunciare il ruolo della burocrazia sindacale nel minare l'insurrezione, e non solo. La GSEE e l'intero meccanismo sindacale che la sostiene da decenni, mina tutte le lotte, svende la nostra forza lavoro in scambio di briciole, perpetua il sistema di sfruttamento e schiavitù salariale. La posizione della GSEE mercoledì scorso è indicativa: la GSEE ha cancellato la manifestazione programmata dei lavoratori in sciopero generale, limitandosi all'organizzazione di un breve incontro in Piazza Syntagma e assicurandosi che la gente andasse via subito dopo, per paura che potesse essere infettata dal virus dell'insurrezione;

* per aprire questo spazio per la prima volta - come continuazione dell'apertura sociale creata dalla stessa insurrezione -, uno spazio che è stato costruito con i nostri contributi, uno spazio dal quale eravamo esclusi. In tutti questi anni abbiamo affidato il nostro futuro ai salvatori di ogni genere e siamo sempre finiti col perdere la nostra dignità. Come lavoratori, dobbiamo cominciare ad assumere le nostre responsabilità e porre fine al sistema di assegnare le nostre speranze a capi "saggi" o rappresentanti "abili". Dobbiamo acquisire la nostra propria voce, intenderci, discutere, decidere e... agire. Resisteremo contro l'attacco generalizzato. E l'unico modo e tramite la creazione della resistenza collettiva di base;

* per propagare l'idea dell'autorganizzazione e della solidarietà nei luoghi di lavoro, nei comitati di lotta e negli organismi di base, e abolire i burocrati sindacali.

In tutti questi anni abbiamo conosciuto solo la miseria, l'arruffianamento e la violenza sul lavoro. Ci siamo abituati a contare i nostri invalidi e i nostri morti: a causa dei cosiddetti "incidenti" di lavoro. Ci siamo abituati a ignorare i morti dei migranti - i nostri fratelli di classe. Ora siamo stanchi di vivere con l'ansia di assicurarci uno stipendio, di pagare i contributi, con la promessa di una pensione che ora ci sembra un sogno dell'aldilà.

Così come lottiamo per non abbandonare le nostre vite ai padroni e ai burocrati sindacali, non abbandoneremo alcun insorto arrestato allo Stato e al meccanismo giuridico.

Rilascio immediato degli arrestati!
Nessuna accusa agli arrestati!
Autorganizzazione dei lavoratori!
Sciopero Generale!


Mercoledì 17 dicembre 2008, ore 18.00
Assemblea dei lavoratori alla sede "liberata" della GSEE


Assemblea Generale dei Lavoratori Insorti


http://gseefreezone.blogspot.com/

Traduzione a cura di FdCA-Ufficio relazioni internazionali

venerdì 12 dicembre 2008

ASSEMBLEA PUBBLICA "QUESTO è STATO: 12 Dicembre 1969"


QUESTO è STATO: 12 Dicembre 1969
Parlare della strage di piazza Fontana, oggi, non vuol dire soloribadire la documentata contiguità tra i gruppi neofascisti che nefurono gli esecutori e gli apparati statali che ne furono icommittenti.
Al pari di altre stragi e altri momenti di "sospensione dello stato didiritto" che hanno scandito la storia di questo Paese (si pensi al G.8di Genova nel 2001), il 12/12/1969 rivela il carattereintrinseca­mente autoritario della Repubblica italiana e la logica digoverno dell'odierno capitalismo.

Nel momento in cui si celebra la politica come pura decisionalità,viene criminalizzato ogni comportamento radicale e si cerca dilimitare l'uso di quegli spazi pubblici (l'università per esempio) incui le opinioni critiche possono esprimersi.

Il terrore, ieri praticato, oggi costantemente evocato ogni volta cheil dissenso si manifesta pubblica­mente, non è che l'espressionepolitico/militare della ferrea legge della concorrenza mercantile: nelubrifica il funzionamento, ne legittima l'egemonia.
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Assemblea Pubblica

Martedì 16 dicembre ore 18,00
presso la Facoltà di Roma di Sociologia in Via Salaria N° 113

Interviene:
Adriana Dadà, ricercatrice storica dell’Università di Firenze

proiezione del documentario:
“Giuseppe Pinelli: Il filo della memoria”
a seguire:
- dibattito
- cena sociale
- proiezioni video

partecipano:
assemblea degli studenti e delle studentesse di sociologia e scienze delle comunicazioni in mobilitazione – corrispondenze metropolitane – centro di documentazione anarchica/libreria anomalia – laboratorio sociale “la talpa” – unione sindacale italiana_ait – federazione dei comunisti anarchici

martedì 9 dicembre 2008

Non avevamo bisogno di un altro martire

Mentre la Grecia si stava preparando allo sciopero generale di giovedì 10 dicembre contro il governo Karamanlis e contro la crisi economica e da tempo cresceva la mobilitazione di base nelle scuole e negli atenei contro la riforma dell’università, Aleksandros Grigoropoulos, di soli 16 anni, è stato scelto come vittima e capro espiatorio dagli apparati di polizia e quindi freddamente ucciso dalla repressione delle forze di Stato.

La crisi economica scatenata dal capitalismo internazionale contro gli sfruttati di tutto il mondo e gestita con misure di impoverimento generalizzato da parte degli Stati sta scarnificando i fragili equilibri e le precarie alleanze di potere tra gruppi di potere e partiti di destra e centro-sinistra, mettendo a nudo la vera vocazione antidemocratica ed eversiva dello Stato e dei suoi apparati di (in)sicurezza: l’emarginazione, la criminalizzazione e l’eliminazione dell’opposizione sociale.

Era successo con Carlo Giuliani nella Genova del 2001, è successo tante volte ancora in questi anni in Palestina come in Messico/Oaxaca. Sabato scorso è successo in Grecia.

In questi momenti migliaia di studenti delle scuole stanno dimostrando davanti al Quartiere Generale della Polizia ad Atene ma anche nei molti quartieri e città in tutta la Grecia.

Le manifestazioni spontanee in tutto il paese sono frutto della rabbia politica e popolare contro il governo di Karamanlis e gli atti criminali della polizia. Il governo greco prima arma e sguinzaglia i poliziotti killer e poi inscena un patetico balletto di scuse e dimissioni, ma non punisce nessuno, anzi sposta l’attenzione sulla distruzione delle proprietà pubbliche e private, mentre tenta di reprimere le manifestazioni attaccando la gente con armi chimiche e torturando i dimostranti arrestati.

La rivolta è solo l’inizio. E lo sciopero generale, sindacale e sociale, politico e di classe, può trasformare la rabbia popolare in costruzione organizzata e dal basso dell’alternativa libertaria.

In ogni paese la crisi generalizzata del capitalismo presenta il conto alle classi lavoratrici e sfruttate della società.

Occorre rispondere, in ogni paese, costruendo insieme l’opposizione sociale necessaria a difenderci dall’annientamento in nome del dio profitto.

Solidarietà col movimento anarchico greco e alle vittime della repressione, solidarietà internazionale alle lotte sociali, in Grecia come nel resto d’Europa!

Federazione dei Comunisti Anarchici

8 dicembre 2008

Link esterno: http://www.fdca.it

lunedì 8 dicembre 2008

Comunicato sullo sciopero del 12 Dicembre dei compagni di Palermo

Federazione dei Comunisti Anarchici
Sezione “ Delo Truda “ Palermo

I LAVORATORI LA CRISI LA PAGANO DA SEMPRE

Il 12 dicembre siamo in piazza come Comunisti come Anarchici insieme a tutti i lavoratori al di fuori ma insieme alle loro sigle sindacali, per lottare uniti per allargare il conflitto per il riscatto del lavoro , contro lo sfruttamento ; per ricordare il “12 dicembre 1969” la strage “ per mano dei fascisti” di piazza Fontana a Milano; per ricordare un ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli (defenestrato il 15 dic. nella questura di Milano ) vittima della strategia della tensione, che questo stato borghese servo dei padroni, ha ordito per dividere i lavoratori , gli studenti, per fermare un momento di crescita del protagonismo diretto e dal basso delle masse oppresse contro il capitalismo italiano.

Siamo in piazza per fermare la strage dei morti sul lavoro, vittime del ricatto quotidiano e degli interessi dei padroni.

Siamo in piazza per sostenere i lavoratori impegnati all’interno delle loro sigle sindacali , per la nascita di una strategia conflittuale promotrice dell’unità di tutti i lavoratori, libera dall’influenza dei partiti, e dall’egoismo di appartenenza.

“ La classe lavoratrice e quella capitalista non hanno nulla in comune. Non vi può essere pace mentre la fame e la povertà regnano fra i milioni di lavoratori ed i pochi, che compongono la classe padronale, hanno tutte le ricchezze della vita…….” ( Industrial Workers of the World )

Siamo in piazza “Per il protagonismo degli sfruttati e degli oppressi, per l'autonomia degli interessi immediati delle classi lavoratrici; per ricostruire e radicare nel tessuto sociale e territoriale idee e percorsi di critica e lotta anticapitalista ”

Per continuare la lotta per un progetto di società solidale Comunista e Anarchica.

martedì 2 dicembre 2008

comunicato USI su manifestazione 27 novembre‏

COMUNICATO
SINDACALE RADIO STAMPA SU INIZIATIVA
PUBBLICA DEL 27 NOVEMBRE 2008 A
ROMA – MANIFESTAZIONE E PRESIDIO A PIAZZA SAN MARCO
– PIAZZA VENEZIA E
INCONTRI AL CAMPIDOGLIO.

Si è svolto il 27 novembre il presidio con
manifestazione a Roma, promosso dai coordinamenti
e dalle
rappresentanze sindacali della Unione Sindacale
Italiana, a partire
dalle ore 15 ai giardini di Piazza San Marco angolo
Piazza Venezia.

Il
presidio ha coinvolto settori di lavoratrici e
lavoratori del Comune di
Roma (biblioteche, educatrici e insegnanti), della
Zètema che gestisce
molti servizi culturali per conto del Comune di Roma
tra i quali quello
di Informagiovani a rischio di licenziamento del
personale impiegato,
oltre a custodi dei musei, bibliotecari, servizi
didattici e
conservazione de beni culturali, della manutenzione,
di diverse
cooperative sociali che hanno appalti e affidamenti
per conto del
Comune sui servizi socio assistenziali educativi,
del settore sociale
di Farmacap, ai canili comunali affidati ad
associazione di
volontariato.

Sugli striscioni appesi al presidio, chiare le
parole d’
ordine “PER L’AUTORGANIZZAZIONE DELLE LOTTE” e
“PRIMA I SOLDI…E POI NE
RIPARLIAMO”, alludendo ai mancati e ritardati
pagamenti di salari e
stipendi in molte cooperative sociali e al canile,
al rischio di
licenziamento per i precari di Informagiovani con
scadenza del
contratto al 31 dicembre e di molti precari e
lavoratori del terzo
settore. I punti di piattaforma unificante tra le
varie situazioni
comunali e di aziende della Holding e di servizi
esternalizzati, la
salvaguardia occupazionale e i salari, le condizioni
di lavoro e il
rispetto delle norme su salute e sicurezza nei luoghi
di lavoro, la
questione della internalizzazione o il ritorno a
gestione pubblica di
servizi appaltati e le coperture economiche e
finanziarie per servizi,
salari e impegni di salvaguardia occupazionale nella
discussione sul
Bilancio del Comune e del DPF capitolino, approvato
dalla Giunta e da
votarsi dal Consiglio .

Distribuiti volantini e fatti alcuni interventi
al megafono, una delegazione è stata ricevuta da uno
dei responsabili
del gabinetto del Sindaco al Campidoglio, al quale
sono stati
illustrati i vari argomenti oggetto della
manifestazione e della
piattaforma comune. Dopo un primo confronto, la
delegazione ha fatto la
proposta di convocazione per temi di incontri con
i responsabili degli
assessorati a partire dal settore cultura e
successivamente per i
servizi scolastici.

Successivamente la delegazione è ritornata al
presidio dove, fatta una relazione del colloquio
e vista la richiesta
fatta di parlare con consiglieri e capigruppo
consiliari, poiché doveva
essere effettuata una seduta pomeridiana del
Consiglio comunale di
Roma, poi saltata per mancanza del numero legale.
Una nutrita
delegazione di lavoratrici e lavoratori è quindi
risalita a piazza del
Campidoglio dove ha provato a interloquire con i
consiglieri comunali,
trovando la disponibilità del consigliere Alzetta,
le delegate
sindacali della USI di Zètema, a nome delle varie
situazioni presenti,
sono quindi salite per costruire un percorso di
incontro per il settore
cultura, (Zètema e Biblioteche) data l’emergenza
dei futuri
licenziamenti, direttamente con l’Assessore Croppi
e la Sovrintendenza,
visto che non si trattava di una situazione da
definire negli incontri
sindacali, ma di questioni che vanno affrontate con
orientamento
politico chiaro del Comune. Percorso che si sta
definendo in questi
giorni, come apripista per gli altri settori come
quello del settore
scolastico educativo del Comune e dei servizi
esternalizzati (Aec, nidi
in convenzione).

Alle 19 il presidio manifestazione si è sciolto,
con l’
impegno di continuare le mobilitazioni e le forme
di pressione, poiché
è chiaro che al di là dei proclami e delle
dichiarazioni da parte dei
delegati del Sindaco Alemanno, sul fatto che
“non vi è nessuna
intenzione di aprire conflitti sociali con decisioni
impopolari” e “che
i posti di lavoro vanno tutelati”, un orientamento
chiaro del Comune di
Roma è che si faranno dei “TAGLI”, che inevitabilmente
colpiranno
lavoratrici e lavoratori in carne ed ossa e le loro
famiglie, servizi
pubblici in via ulteriore “liberalizzazione”,
appalti con condizioni
non sempre favorevoli per il personale che ci lavora
e per gli utenti.

IN PRATICA IL 27 NOVEMBRE SI E’ APERTA UNA
MOBILITAZIONE CONTINUA E DI
LUNGA RESISTENZA A PARTIRE DA OBIETTIVI COMUNI
CHE DOVRANNO COINVOLGERE
SIA I LAVORATORI E LE LAVORATRICI DEL COMUNE SIA
DI AZIENDE E
COOPERATIVE.

Coordinamenti e Rappresentanze sindacali aziendali
USI AIT
- Comune di Roma e servizi esternalizzati

lunedì 1 dicembre 2008

COMUNICATO STAMPA del Gruppo EveryOne - 1 dicembre 2008

NOMADI E ACCATTONAGGIO/GRUPPO EVERYONE: "MEGLIO I TEMPI DI ERODE CHE
QUELLI DI BERLUSCONI, MARONI E DEI SINDACI SCERIFFI"

REAZIONI DEI POLITICI ITALIANI ALLA SENTENZA DELLA CASSAZIONE SONO
IPOCRITE E NASCONO DA PREGIUDIZI



"La Corte di Cassazione, con la sentenza di assoluzione di una donna
Rom dal reato di induzione in schiavitù perché aveva effettuato la
questua col suo bambino, non ha fatto altro che cancellare una
sentenza iniqua, simile a centinaia di altre sentenze discriminatorie
a causa delle quali donne e uomini Rom innocenti languiscono in
carcere, mentre i servizi sociali hanno sottratto illegittimamente i
loro bambini". Lo dichiarano i leader del Gruppo EveryOneRoberto
Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, in risposta alle
dichiarazioni del ministro Maroni e dell'on. Gasparri, che invitano i
sindaci a vietare nelle ordinanze comunali l'accattonaggio in attesa
dell'approvazione in Parlamento di una legge che 'tuteli i minori,
sfruttati in modo così indegno'.
"Il 'manghel' o la questua non solo - come sottolinea la Cassazione,
in linea con gli articoli 19 e 20 della Carta di Algeri –, è ormai una
tradizione del popolo Rom che, dopo secoli di segregazione, schiavitù
e persecuzione da parte delle nazioni europee, ha fatto proprio un
valore riconosciuto da tutte le grandi religioni, ma," proseguono i
rappresentanti dell'organizzazione per i diritti umani "nei secoli, ha
consentito a coloro che non posseggono nulla di continuare a vivere,
anche nelle nazioni in cui i governanti non si prendevano a cuore la
piaga della miseria. Gesù Cristo stesso, nel Discorso della Montagna,
afferma la santità di colui che a causa della povertà tende la mano a
chi è più fortunato: 'Beati i mendicanti nello spirito, perché il
Regno dei Cieli appartiene a loro'". Il Gruppo EveryOne, inoltre, fa
notare che i provvedimenti – finora locali – che oggi combattono
l'accattonaggio non trovano riscontro nella Storia: Hitler proibì la
questua solo durante eventi internazionali come le Olimpiadi di
Berlino del 1936, ma non varò mai leggi contro l'elemosina. "L'Italia"
commentano Malini, Pegoraro e Picciau "tocca il fondo della crudeltà
sociale, dell'intolleranza e della repressione delle fasce più
vulnerabili della popolazione, criminalizzando la povertà e rendendo
ancora più rapida ed efferata l'azione di annientamento del popolo
'nomade'. Ricordiamo che," proseguono gli attivisti "in mancanza di
sostegno economico da parte dei servizi sociali o di un'efficace
politica di integrazione professionale, il ricorso alla carità dei
cittadini costituisce l'estrema possibilità di sopravvivenza per
esseri umani in condizioni di povertà gravissime". Secondo EveryOne "i
bimbi Rom sono felici di restare accanto ai loro papà e alle loro
mamme, durante l'attività della questua: per loro è scuola di vita,
perché la società razzista non offrirà loro alternative, salvo
snaturarli ed eradicarli. La gente si scandalizza se un bimbo Rom
chiede l'elemosina, ma non fa nulla per avvicinare i suoi genitori e
tentare di seguirli nella vita, aiutandoli a cercare casa e lavoro. O
pretendere che lo facciano i servizi sociali. E' una posizione
ipocrita ed è moralmente preferibile evitare di scandalizzarsi e
allungare una moneta alle piccole e grandi mani tese che ce la
chiedono".
"Se a Betlemme, nell'anno zero, ci fossero state leggi persecutorie
come quelle italiane, Giuseppe e Maria sarebbero stati denunciati per
'Occupazione abusiva di edificio rurale' (in base all'articolo 633 del
Codice Penale) e sgomberati, messi in mezzo alla strada senza
alternative. Gesù sarebbe stato tolto ai genitori e affidato ai
servizi sociali (secondo l'articolo 403 del Codice Civile). Meglio
vivere ai tempi di Erode" concludono i tre leader del Gruppo "che a
quelli di Berlusconi, Maroni e dei 'sindaci sceriffi'".



Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
Tel: (+ 39) 334 8429527 - (39) 331 3585406
www.everyonegroup.com :: info@everyonegroup.com

venerdì 28 novembre 2008

Roma: contestazione in provincia e intimidazione polizia

Sui fatti di torino - contestazione in provincia e intimidazione polizia
Il 26 pomeriggio, dopo una giornata di sciopero nelle scuole (attuato
in ogni istituto secondo modalità differenti, dalla sciopero bianco a
quello della prima ora) un gruppo di un centinaio di studenti, assieme
anche a professori, si è recato fuori dalla sede della Provincia di
Roma con uno striscione recante la scritta "vergogna".
Si voleva denunciare pubblicare che quanto è accaduto a Torino non è
stata una fatalità, ma la logica conseguenza della condizione nella
quale versano gli edifici scolastici in tutta italia, e che la
condizione in cui versano gli edifici è a sua volta la logica
conseguenza di decenni di tagli alla spesa pubblica.
Un assessore provinciale ha incontrato gli studenti, che hanno
ribadito di non voler entrare assolutamente nei giochi dei palazzi con
il centrosinistra della Provincia che scarica la responsabilità sul
centrodestra al Governo ed il centrodestra al Governo che scarica
sulle amministrazioni locali, ma che tutte le istituzioni e tutta la
classe politica (ricordiamo che centrosinistra e centrodestra hanno
seguito negli ultimi dieci anni politicamente orrendamente simili sui
tagli alla spesa pubblica) devono assumersi la responsabilità di
quanto accaduto.
Al termine dell'incontro, i manifestanti hanno provato a muoversi
lungo le vie adiacente, in modo silenzioso, pacifico e persino sui
marcipiedi. Si voleva denunciare a tutta la città che mentre vengono
spesi miliardi per restaurare qualche castello per i vertici
internazionali le scuole cadono, letteralmente, a pezzi.
Immediata la reazione poliziesca. Gli agenti presenti hanno impedito
ai manifestanti di spostarsi, ed hanno identificato, senza alcun
motivo, tre ragazzi.

Evidentemente, qualcuno non vuole che certe verità vengano dette.
Evidentemente, qualcuno pensa il ruolo delle forze dell'ordine debba
essere quello di impedire che questo accada, magari collaborando con
qualche provocatore neofascista. Evidentemente, qualcuno vorrebbe
dimenticare al piu' presto quanto accaduto, accantonandolo sotto la
etichetta infame di "fatalità".

Evidentemente, non sarà così.


studenti e studentesse delle scuole in rivolta di roma

scuole-in-rivolta.noblogs.org

scuoleinrivolta@gmail.com

martedì 25 novembre 2008

Gli Usa si prendono tutto il Dal Molin. E si fanno la pista.

Pubblicato il 24/11/2008 da nodalmolin

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Gli Usa si prendono tutto il Dal Molin. E si
fanno la pista.
Nuove mappe del progetto statunitense per il Dal Molin sono
state presentate questa mattina, durante una conferenza
stampa, dagli ingegneri del Presidio Permanente. E le carte
smentiscono le rassicurazioni del commissario Costa [...]
Nuove mappe del progetto statunitense per il Dal Molin sono state presentate questa mattina, durante una conferenza stampa, dagli ingegneri del Presidio Permanente. E le carte smentiscono le rassicurazioni del commissario Costa che aveva promesso alla città la parte est del Dal Molin (mentre l'insediamento statunitense verrebbe realizzato a ovest) e l'assenza di voli militari.

Come si vede dalle carte – di fonte ufficiale statunitense – i militari a stelle e strisce posizionano il confine della nuova struttura militare lungo via S. Antonino (a est), inglobando anche tutta l'area che, secondo Paolo Costa, sarebbe stata donata alla città come compensazione. E in questa zona gli statunitensi hanno progettato una pista di decollo e atterraggio. Inoltre gli statunitensi prevedono due ingressi: uno a ovest, un altro a nord-est (nell'attuale area del Presidio Permanente) che sarebbe inutile nel caso in cui il progetto si sviluppasse soltanto a ovest, come dichiarato dai proponenti. Nella mappa, inoltre, sono anche segnalati dei terreni da espropriare o da acquistare: la nuova base militare, dunque, non solo occuperebbe l'intera area del Dal Molin (e non soltanto metà, come dichiarato), ma si espanderebbe anche su terreni esterni.

Svelata, dunque, l'ultima presa in giro ai danni dei vicentini: gli statunitensi progettano una base che occuperà l'intero sedimento del Dal Molin e che avrà anche una pista. Ma a cosa serve una pista se, come rassicurano, non ci saranno voli militari?

In un paese democratico un commissario governativo che ha mentito così palesemente alla cittadinanza si dimetterebbe immediatamente. Non accadrà in Italia, dove il commissario Paolo Costa accumula crediti per la sua lauta pensione sulle spalle, sulla salute e sulla sicurezza dei cittadini. Nel frattempo gli statunitensi continuano a mantenere segreti i propri progetti, comportandosi come veri occupanti e dimostrando il proprio disprezzo verso Vicenza e i suoi abitanti.

Presidio Permanente, Vicenza, 24 novembre 2008

domenica 23 novembre 2008

Da alcuni compagn* di Bari

Pubblichiamo volentieri un volantino-comunicato di un gruppo di Compagn* di bari.
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Gruppo Anarchico "Carlo Cafiero"
- Siamo Anarchici perché vogliamo la Libertà -
- Siamo Comunisti perché vogliamo la Solidarietà e l’Uguaglianza -
ga_cafiero_bari@autistici.org Bari, Novembre 2008
IL CAPITALISMO RUBA IL FUTURO ALL´INTERA UMANITA´!
NON PAGHIAMO I DANNI DELLA SUA CRISI
PER GARANTIRE LA RICCHEZZA DI POCHI!
COSTRUIAMO UN ALTRO FUTURO POSSIBILE:
AUTORGANIZZAZIONE E AUTOGESTIONE SOCIALE!
Le lotte dal basso contro i tagli e la privatizzazione dell´istruzione pubblica, sono state una prima risposta spontanea e non ideologizzata alle conseguenze della grave crisi economica del libero mercato capitalistico, che il governo autoritario e piduista di Berlusconi cerca di far pagare agli strati sociali più deboli, con la disoccupazione, la precarietà, il lavoro nero per le popolazioni locali e per gli immigrati, tagliando i salari e le spese per i servizi sociali, negando libertà e diritti per tutti.
Il modello capitalistico globalizzato, con lo sfruttamento selvaggio di miliardi di esseri umani e delle risorse energetiche, per una crescita inarrestabile dei profitti e delle ricchezze per pochi, sta portando al collasso ambientale ed economico l´intero pianeta, e a condizioni di vita drammatiche e insostenibili, aggravate dalle "guerre dei ricchi", promosse dai governi o dai gruppi terroristici internazionali.
La nuova crisi economica, come quella del 1929, frutto del fallimento del capitalismo globalizzato - al quale si sono convertiti anche i partiti di sinistra e che, dopo la caduta del "falso comunismo" dei regimi stalinisti dell´est e la conversione capital-comunista della Cina, avrebbe dovuto portare democrazia, benessere e prosperità per tutti - ancora una volta viene fatta pagare ai lavoratori, alle giovani generazioni, agli immigrati. I Governi di centro-destra e di centro-sinistra non differiscono molto nelle loro politiche antipopolari.
In questo scenario è necessario saldare le lotte contro i tagli sociali, alle lotte dei lavoratori e dei precari contro la crisi, per la salvaguardia di un futuro per tutti e la crescita dei salari dei meno garantiti: NO AL PRIMATO DELL´ECONOMIA SULLA SOCIETÀ, SI AL PRIMATO DEI BISOGNI SOCIALI IN UN SISTEMA ECONOMICO SENZA PROFITTO E SENZA SFRUTTAMENTO DELL’UOMO SULL’UOMO.
La visione libertaria della società
Il Federalismo anarchico e la Solidarietà sono elementi di autonomia e fraternità nell’uguaglianza:
 il federalismo solidale permette la redistribuzione delle risorse tra aree ricche e aree povere;
 la solidarietà verticale, come teorizzata da Proudhon in poi in ambito libertario, ha alla base strutture assembleari e di partecipazione di tutti alla gestione della politica, strutture che si basano sull'autogestione e il rifiuto della delega, e si federano via via in livelli territorialmente più ampi;
 il principio di solidarietà orizzontale, come dimostrato dalle esperienze autogestionarie della Spagna del 1936-39, o l'esperienza del cooperativismo delle leghe contadine, delle società di mutuo soccorso, delle Case del Popolo, è strumento di autogoverno e partecipazione, di iniziativa di tutti alla gestione solidale dei servizi in una visione armonica della società, fondata sulla libertà di educazione, sul pluralismo in campo religioso, sul rifiuto della divisione per etnie, razze, censo.

 Fermiamo la demolizione dell´Istruzione pubblica e le privatizzazioni dei servizi sociali.
 Lottiamo per affermare il vero principio di sussidiarietà: "da ognuno secondo le proprie forze, a ognuno secondo i propri bisogni".
 Riprendiamo nelle nostre mani, senza delegare ai politicanti di mestiere, la Vita, la Politica e la Società.
Costruiamo insieme un Coordinamento Libertario e Anarchico di terra di Bari.
(per contatti ga_cafiero_bari@autistici.org)

lunedì 17 novembre 2008

Comunicato comunista anarchico sulla crisi economica globale e sul G20

1. L’attuale crisi è tipica delle crisi che con regolarità colpiscono l’economia capitalista. La “sovrapproduzione”, le speculazioni ed i successivi collassi sono inerenti al sistema. (Come ha notato fra gli altri Alexander Berkman, ciò che gli economisti capitalisti chiamano sovrapproduzione è in realtà sottoconsumo: il capitalismo impedisce a grandi numeri di persone di trovare la soddisfazione dei propri bisogni, minando così i propri mercati.)

2. Qualsiasi soluzione alla crisi che i capitalisti ed i governi possano ideare rimarrà una soluzione all’interno del capitalismo. Non sarà una soluzione per le classi popolari. Infatti, così come in ogni crisi, a pagare saranno i lavoratori ed i poveri, mentre il capitale finanziario si salva con ingenti somme di denaro. Si tratta di una situazione che con ogni probabilità continuerà. Nessun cambiamento all’interno del capitalismo può risolvere i problemi delle classi popolari; ancor meno potrebbe giungere una tale soluzione da un singolo politico quale Barack Obama. Il di più che tali politici riescono a fare è svolgere un ruolo nell’offrire una via d’uscita ai capitalisti, e forse lasciare qualche briciola alle classi lavoratrici.

3. Il salvataggio delle banche dimostra non solo quali interessi lo Stato serve, ma anche la propensione del tutto pretestuosa dei capitalisti ad ergersi quali difensori del libero mercato. I capitalisti hanno sempre parteggiato per i mercati quando sta comodo a loro, e per la regolamentazione statale e i sussidi quando gli servono. Il capitalismo non avrebbe mai potuto esistere senza il sostegno dello Stato.

4. Negli USA, nel Regno Unito ed altrove, il salvataggio delle banche prende la forma di nazionalizzazione degli istituti finanziari, con il pieno approvazione del capitale. Ciò dimostra che i capitalisti non hanno alcun problema rispetto alla proprietà statale, e che la nazionalizzazione non ha niente a che fare con il socialismo. Anch’essa può essere un buon modo per turlupinare la classe lavoratrice. Dovremmo essere noi a prendere il controllo sull’economia e non lo Stato.

5. A causa della globalizzazione del capitale sotto il neoliberismo, la classe dominante riconosce che anche la soluzione non può che essere globale. Il G20 si riunisce dal 15 novembre per discutere la crisi ed è un fatto significativo. I capi degli USA, dell’Europa e del Giappone cominciano a capire che non possono affrontare il problema da soli; che oltre a se stessi, hanno bisogno delle altre potenze, in particolare della Cina (che sta per diventare uno dei massimi produttori industriali ed è prossimo a diventare la terza economia del mondo). Anche l’India, il Brasile ed altre economie “emergenti” avranno un posto al tavolo. Potrebbe essere questo il riconoscimento – già sussurrato da qualche anno – che le decisioni economiche al mondo d’oggi non possono essere prese dal solo G8. E’ probabile che si tratti di un cambiamento nella gestione del sistema economico globale.

6. Non poniamo le nostre speranze nell’inclusione delle nuove potenze capitaliste. Il governo cinese si spaccia per socialista; altri, quali Lula del Brasile e Motlanthe del Sud Africa, si spacciano per campioni dei poveri. Ma sono tutti difensori del capitalismo, sfruttatori e oppressori dei loro popoli, e sempre più sfruttatori imperialisti o sub-imperialisti di altri popoli.

7. Le classi popolari devono mobilitarsi, se si vuole che questa crisi non porti ad una totale sconfitta per le classi popolari di tutto il mondo, alla povertà, allo sfruttamento ed alla guerra. Rivendichiamo il salvataggio, non dei capitalisti, ma di noi stessi. Noi comunisti anarchici ci batteremo perché chi ha comprato casa con un mutuo subprime possa essere salvato e possa tenersi la casa. Continueremo a sostenere e ad impegnarci nelle lotte per il lavoro con uno stipendio migliore, per la riduzione dell’orario di lavoro, per la casa, per i servizi pubblici, per la sanità pubblica, per il welfare e la scuola pubblica, per la protezione dell’ambiente. Ci battiamo per mettere fine alle guerre imperialiste ed alla repressione che colpisce la nostra classe e le sue lotte.

8. Queste rivendicazioni vengono fatte ora in risposta alla riunione del G20, ma continueremo a farle in futuro. Attraverso tali rivendicazioni ed attraverso l’azione diretta possiamo realizzarle, e lavoreremo verso la costruzione di un movimento globale delle classi popolari che possa porre fine al capitalismo, allo Stato e alle crisi che questi creano.

Firme:

Alternative Libertaire (Francia)
Federazione dei Comunisti Anarchici (Italia)
Melbourne Anarchist Communist Group (Australia)
Zabalaza Anarchist Communist Front (Sud Africa)
Federação Anarquista do Rio de Janeiro (Brasile)


Link esterno: http://www.anarkismo.net

martedì 11 novembre 2008

Comunicato Commissione Sindacale FdCA

NOI LA CRISI NON LA PAGHIAMO
ALLARGARE IL CONFLITTO
INTRECCIARE LE LOTTE
VERSO LO SCIOPERO GENERALE

La crisi della finanza mondiale crea ogni giorno nuovi record negativi, mentre i governi ripetono in modo insistente che bisogna avere fiducia perché non è tutto finito, che si risolverà nel miglior dei modi. Intanto gli Stati finanziano le banche per non farle fallire e finanziano le imprese senza nessuna garanzia per l'occupazione e per i salari.
Questa crisi finanziaria da tempo annunciata è stata causata da un mercato privo di regole, completamente in mano alla speculazione, dalla mancanza di controlli nel settore bancario, conseguenze delle scelte neoliberiste a livello mondiale. La politica dei bassi salari, la sconfitta del movimento operaio, hanno ridotto le capacità di espansione del mercato di beni e servizi e la crisi finanziaria è divenuta quella del proletariato che paga già questa congiuntura economica con la riduzione in povertà. La classe media si assottiglia sempre di più e diventa sempre più povera mentre i ricchi diventano sempre più ricchi. In questo panorama disastroso, l'Italia è il paese -tra quelli cosiddetti sviluppati- dove più forte si fa la diseguaglianza e più accentuata è la riduzione in povertà. Mentre il nostro paese è in piena crisi sia finanziaria che reale il governo italiano continua a ripetere che la nostra economia è forte, è sana. Ma una violenta fase recessiva è iniziata e molte aziende chiudono. Le scelte della finanziaria vedi (legge 133/08) approvata col voto di fiducia si caratterizza per tagli a sanità, scuola, università, ministeri, per l'accentuazione delle norme relative alla flessibilità del mercato del lavoro e per l'imposizione di un tasso dell’inflazione programmata particolarmente basso.
C’è stato in questi 15 anni uno spostamento costante della ricchezza dai salari alla rendita e ai profitti, con una dinamica delle retribuzioni nette inferiore a quella inflazionistica – senza redistribuire la ricchezza prodotta (il PIL) e con un crescente impoverimento relativo dei lavoratori, che si è tradotto in un impoverimento assoluto di tutta la società.
E’ cresciuta in questo modo la sperequazione dei salari e con essa il peggioramento delle condizioni di lavoro a partire dai soggetti più esposti nel mercato del lavoro: le donne cui continua ad essere negata la parità d’accesso, di retribuzione, d’inquadramento; i giovani, gli ultra50enni, i migranti, le aree territoriali di buona parte del Mezzogiorno, ma anche alcune zone delle regioni più ricche sono nella morsa della crisi. Precarietà e povertà salariale mettono in discussione conquiste storiche del movimento sindacale in Italia. Si pone, più di prima, una questione della democrazia e dei diritti nei luoghi di lavoro e non solo. La precarietà è il paradigma del modello sociale neoliberista nell’epoca della globalizzazione, è la chiave di lettura del disagio sociale ed esistenziale della condizione dei giovani, delle donne, degli anziani.
Lo stato di precarietà generalizzata nel mondo del lavoro viene coniugato con un altrettanto stato di precarietà sociale prefigurato nel Libro Verde del confindustriale ministro Sacconi. Qui si intende introdurre un welfare negoziale fortemente legato al principio di sussidiarietà ed innalzare l'età pensionabile, con la collusione del sindacato, il quale viene chiamato -attraverso la generalizzazione degli enti bilateriali- a individualizzare i contratti di lavoro, a favorire l'azionariato aziendale tra i dipendenti, a puntare sul contratto territoriale, a prevenire e sanzionare la conflittualità, limitando il diritto di sciopero in un clima di repressione e fascismo aziendale già all'opera. Su questa strada, del tutto convergente con la revisione della contrattazione imposta da Confindustria, si sono già collocate CISL e UIL in compagnia della UGL.
Si coglie così l'occasione della crisi finanziaria per accentuare le politiche di deregolamentazione di diritti e tutele dei lavoratori, per accentuare gli effetti già negativi delle privatizzazioni nei servizi pubblici, per spingere in uno stato di soggezione economica e precarietà occupazionale la classe lavoratrice. Gli scioperi ed il movimento composito di lavoratori insegnanti-studenti-lavoratori genitori che dal 15 settembre stra attraversando le scuole e l'università, le mobilitazioni spontanee nelle fabbriche in mobilità e in Alitalia indicano chiaramente che la direzione da prendere è quella di sottrarsi all'abbraccio mortale di una sottomissione sindacale alle scelte governative e di Confindustria, di respingere soluzioni quali la detassazione degli straordinari e dei premi di produttività individuali, di impedire che la chiusura delle aziende diventi l'orlo del baratro della precarietà generalizzata per i lavoratori italiani e motivo per ritirare il permesso di soggiorno ai nuovi cittadini.
Si tratta di imboccare un percorso decisamente opposto, un percorso indicato già dagli scioperi del sindacalismo di base e dal movimento della scuola/università nel mese di ottobre. Su questa strada, sembra fare di necessità virtù la CGIL, all'interno della quale stanno maturando scelte e indicazioni di discontinuità con la linea precedente, che costringeranno anche la burocrazia sindacale ancora legata alle ricette concertative a fare i conti con i morsi della crisi. La mobilitazione nella scuola, il sostegno alle manifestazioni nelle fabbriche in mobilità, il rifiuto di firmare il contratto del commercio ed il lodo sul pubblico impiego, l'indisponibilità a sottoscrivere le norme sulla contrattazione imposte dalla Confindustria, costituiscono atti di una ritrovata autonomia -non è mai troppo tardi- che fanno dello sciopero dei metalmeccanici della FIOM del 12 dicembre una scadenza su cui far comvergere quanta più energia di lotta possibile e ridare fiducia ad una prassi sindacale conflittuale e partecipativa.
Occorre fare del 12 dicembre, data di per sè emblematica della strage di Piazza Fontana di 39 anni fa, una giornata di lotta, di mobilitazione e di sciopero che coinvolga tutte le categorie, tutti i settori lavorativi, tutti i sindacati che si oppongono ai costi della crisi ed ai provvedimenti del governo, tutto il mondo dell'associazionismo alternativo e di base, dei centri sociali autogestiti, delle organizzazioni politiche della sinistra comunista e del movimento anarchico, in una dimostrazione di solidarietà tra lavoratori ancora stabili e precari, tra italiani e nuovi cittadini, una dimostrazione di unità di classe e di democrazia diretta. Uno sciopero generale sindacale e sociale, politico e di classe che imponga i rapporti di forza per
- il ritiro della Legge 133 e delle sue nefaste applicazioni nel mondo del lavoro e del welfare
- la salvaguardia e la redistribuzione delle risorse pubbliche a favore dello stato sociale, del taglio delle spese militari e del ritiro dell'Italia da tutte le missioni militari di finta pace
- il sostegno ai salari, agli stipendi, alle pensioni tramite il recupero dell'eccesso di tasse pagate sui redditi (drenaggio fiscale), la riduzione del carico fiscale sulle retribuzioni, aumenti salariali sganciati dalla produttività, aumenti salariali al livello del tasso interbancario Euribor (+1!!)
- la salvaguardia dei posti di lavoro per tutti i lavoratori/trici a tempo indeterminato e a tempo determinato, migranti ed italiani, rifinanziamento ed utilizzo della Cassa Integrazione Guadagni (CIG) e del sussidio di disoccupazione con assegno al 100% senza limiti di tempo; la riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario
- controllo dal basso sulla contrattazione e vigilanza contro il fascismo aziendale attraverso strutture assembleari nei posti di lavoro.
La FdCA sostiene lo sciopero del 12 dicembre della FIOM ed invita le altre organizzazioni di categoria, le camere del lavoro e la confederazione della CGIL, le organizzazioni confederali e di categoria del sindacalismo di base ad indire lo sciopero generale per la stessa data e per riaprire una nuova stagione di conflittualità e di partecipazione popolare per maggiore uguaglianza sociale in maggiori spazi di libertà.
FdCA - Commissione Sindacale
Cremona, 8 novembre 2008

lunedì 3 novembre 2008

Comunicato FdCA sul 4 Novembre

90 ANNI FA FINIVA IL MASSACRO
DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
OGGI, 4 NOVEMBRE 2008, NON FESTA MA LUTTO


90 anni fa a Villa Giusti l'Austria si arrendeva all'Italia. Era la vittoria! La prima guerra mondiale per l’Italia era finita!
Una guerra non voluta dai lavoratori e imposta con la forza dallo stato italiano.

Chi si ricorda in questi giorni che nel 1915 a Milano, Roma, Torino e altre località ci furono manifestazioni di massa contro la guerra?
Che a Torino 100mila operai in sciopero si scontrarono con la polizia e le truppe in una lotta durata due giorni?

Era chiaro che i lavoratori non volevano essere carne da cannone, non intendevano pagare i costi di una guerra imposta dalla borghesia, dagli industriali, dalle alte gerarchie dell'esercito.
Eppure chi dirà in questi giorni che durante la guerra ci furono un milione di processi per diserzione, efferate decimazioni nei battaglioni, 4mila arresti per manifestazioni contro la guerra?
Che a Torino nel 1917 il popolo insorse ancora per 7 giorni contro l'aumento dei prezzi e per il pane e per la pace?

In questi giorni si festeggia ipocritamente la “vittoria”: una vittoria pagata con 680.000 morti, due milioni tra feriti, mutilati e prigionieri, tutti lavoratori mandati al macello contro altri lavoratori di altri paesi; alla fine il totale sarà di 15 milioni di lavoratori uccisi.
Proletari a cui avevano detto di combattere per le loro patrie: e così furono ingannati.
Il vero nemico marciava invece alla loro testa, pianificava il massacro alle loro spalle nei quartieri generali delle retrovie.

In questi giorni lo stato italiano festeggia quella tragedia con discorsi, commemorazioni, parate militari, visite ai cimiteri di guerra, elogi al valore dei soldati italiani morti per la patria., lezioni specifiche nelle scuole, esposizione per decreto del ministro La Russa della bandiera italiana che poi negli uffici pubblici è sempre esposta!

Le parole commosse e l’esaltazione dell’eroismo da parte di uomini di governo e militari non ci devono ingannare: la patria ed il nazionalismo sono invenzioni per mettere i lavoratori di tutto il mondo gli uni contro gli altri, per poter disporre di un esercito che controlli il territorio, che difenda gli interessi economici dell’imperialismo ovunque oggi la guerra impone la distruzione, in Iraq come in Afghanistan, nel Caucaso come nel Tibet, in Africa come in Libano e Palestina, producendo milioni di profughi, miseria e macerie, disoccupazione ed emigrazione.

90 ANNI DOPO, IL 4 NOVEMBRE SIA GIORNATA PER IL RIPUDIO DELLA GUERRA, PER LA DIFFUSIONE DELL’ANTIMILITARISMO E DELLA NON VIOLENZA TRA I POPOLI, PER IL CESSATE IL FUOCO E LA SMILITARIZZAZIONE DI TUTTE LE ZONE DI GUERRA, PER IL RITIRO DELL’ESERCITO ITALIANO E DI TUTTI GLI ESERCITI DALLE FINTE OPERAZIONI DI PACE.

4 NOVEMBRE 2008, BANDIERE A MEZZ’ASTA, PIANGIAMO I MARTIRI DELLA BARBARIE DEL CAPITALISMO, DEL NAZIONALISMO E DEL MILITARISMO. PACE E SOLIDARIETA’ TRA I LAVORATORI DI TUTTO IL MONDO, LOTTA INTERNAZIONALE ALLO SFRUTTAMENTO ED ALLA POVERTA’.

Federazione dei Comunisti Anarchici

sabato 1 novembre 2008

Solidarietà agli operai e impiegati della INNSE Presse

Mentre i Padroni di tutti i settori si stanno litigando come avvoltoi le ultime spoglie del welfare italiano. Mentre lo Stato, fedele lacchè di sfruttatori e parassiti, ruba le risorse dei lavoratori per salvare il culo ai peggiori speculatori che la storia del capitalismo abbia conosciuto. Ci sono operai e impiegati che difendono strenuamente il loro posto di lavoro come unico sostentamento della loro vita e quella dei loro famigliari. Niente da dire se non che sia l'ennesima prova di come il capitalismo non abbia alcun interesse a valorizzare il lavoro umano. Ai padroni interessa solo fare denaro, nella maniera più semplice e veloce possibile, e poco importa se per fare questo passano come un rullo compressore su tutto e tutti.

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DAGLI OPERAI DELLA INNSE PRESSE

Ven 31 Ott 2008 11:57 am

Siamo i 50 dipendenti di INNSE, purtroppo divenutí 49 in seguito alla scomparsa del caro compagno Gîuseppe stroncato lunedì 21 Luglío da un infarto causato probabilmente dalla stressante situazione degli ultímí periodi.
Dopo aver rícevuto le raccomandate dalla nostra azienda in data 31 Maggio che sancivano ´apertura della procedura di mobilità, ci síamo radunatí davantí ai cancelli chiusi della fabbríca e dopo aver eluso la sorveglianza di polizia,vígílantes prívatí e tirapiedi del padrone abbiamo occupato lo stabilimento e proclamao assemblea permanente.
Proseguíamo le lavorazioní in corso, incontriamo i clienti auto-gestendo così ormai da due mesi, la produzíone e i servizi, auto-finanzíandocí persino la mensa, presidiandola gîorno, notte e festívi...

Questa officina è produttiva, lo è sempre stata, nonostante qualcuno ne dica il contrario, e´ l´unica risorsa per noi e le nostre famiglie, e siamo determinati a difenderla fino alle estreme conseguenze.
Il parone Silvano Genta la acquisto´ due anni or sono dalla amministrazione controllata ottenendo sgravi e prezzi stracciati dichiarando nelle sedi istituzionali della provincia di volerla rilanciare.. ..

Oggí scopriamo la realta´ dei fatti... In collusione con AEDES, la proprieta´ delterreno, vuole sbatterci fuori, vogliono farsi beffa persino del piano regolatore che sancisce l´area come "industriale" e non edificabile fintanto ci sia un insediamento produttivo.
Vogliono rottamare un importante monumento dell´industria milanese, una fabbrica che ha lunga storia e valori da tramandare, che fu tra i simboli della resistenza pagandone alto prezzo in termini di vite umane.

Ancora una volta gli interessi dei padroni tentano di schiacciare gli operai, gli interessi dei palazzinari e dellebanche vogliono farla da padroni in un paese dove vendere case e fare mutui sidimostra l´ultima frontiera del nuovo schiavismo. E nessuno e´ in grado di fermarli.
Genta ha concluso la procedura licenziandoci tutti il 25 Agosto, pur avendo davanti un industriale bresciano pronto a rilevare la INNSE. La commissione regionale non hapotuto far altro che registrare il mancato accordo ed aprire la mobilita´. A cosa serve la commissione regionale e´ la domanda che ci facciamo tutti.

Abbiamo chiesto al prefetto di imporre a Genta la sospensione dei licenziamenti in attesa dell´incontro di Roma del 2 Settembre, non ha potuto farlo. Anche il piu´ scalcinato ed irregolare padrone ha piu´ potere di qualunque istituzione, e´ una amara scoperta.

La riunione al Ministero dello Sviluppo Economico doveva aprire la trattativa fra il vecchio ed il nuovo padrone ma non e´ servita nemmeno a far ritirare i licenziamenti.
Genta ha detto no anche al Ministero. Una nuova riunione viene convocata per il 12 Settembre a Roma, noi abbiamo continuato a lavorare anche se licenziati.
Il giorno 10 Settembre, giorno di paga, non arriva un euro, eppure nella lettera di licenziamento e´ scritto che avrebbe pagato il preavviso. La risposta e´ immediata, blocco di via Rubattino per tutto il giorno.
Genta non solo non paga ma si rifiuta divenire a Roma al Ministero, salta la riunione del 12.

All´alba del 17 Settembre alle 05:30 la forza pubblica entra in fabbrica mette alla porta gli operai che presidiavano lo stabilimento di notte, blocca l´entrata del primo turno. La fabbrica e´ messa sotto sequestro. Un fatto nuovo, agli operai viene impedito con la forza il "poter lavorare".
Un crollo verticale della credibilita´ ditutte le tanto decantate "politiche del lavoro", un crollo della credibilita´ delle istituzioni politiche che non riescono a fermare un padrone come Genta. Ora siamo inmezzo alla strada, davanti ai cancelli della fabbrica.
Noi siamo fuori ma e´ fuori anche Genta, come si risolvera´ e´ ancora tutto da vedere. Noi resisteremo.

Fine ottobre: da un mese e mezzo siamo accampati vicino alla portineria. Presidiamo la fabbrica che è sotto sequestro. Non vogliamo che qualcuno metta le mani sui macchinari e smantelli l´officina. Intanto fra riunioni convocate e rinviate, la situazione di stallo continua.
Genta non vuole rinunciare al suo affare, vendersi le macchine e svuotare il capannone, stracciando tutti gli impegni della legge Prodi che gli ha permesso di acquisire lo stabilimento per quattro soldi.
Impegni che prevedevano "lo sviluppo" di INNSE. L´AEDES l´immobiliare spinge per avere l´area libera. Ora sono i palazzinari che chiudono la fabbrica.
ORMIS il potenziale acquirente, dichiara che è disposto ad acquisire ma la trattativa è ferma.
Le istituzioni continuano ad "attivarsi", ma il freddo è iniziato. Gli operai e gli impiegati sono decisi a resistere, arriverà la primavera.

Vogliono smantellare la INNSE... non lo permetteremo! !! Un´officina che chiude sono posti di lavoro persi per sempre.

Vi ringraziamo per lavostra solidarieta´, siatene orgogliosi.

Per inviare le sottoscrizioni raccolte:
Bollettino postale c/c n. 22264204
intestato a: Ass.Cult.ROBOTNIK ONLUS

Bonifico Bancario: IBAN IT 51 O 0760101600000022264 204
Causale: Lotta operai INNSE

Chi e´ di Milano o hinterland può consegnare direttamente le sottoscrizioni raccolte al presidio presente 24 ore al giorno sui cancelli della fabbrica. L´indirizzo è: via Rubattino 81 (dalla tangenziale est uscita via Rubattino, subito a destra).

RSU - Operai, Impiegati e famiglie della INNSE

lunedì 27 ottobre 2008

Comunicazione dell'adesione della sezione "Luigi Fabbri" della Federazione dei Comunisti Anarchici alla proposta di Delibera di Iniziativa Popolare.

Di seguito il testo dell'adesione della sezione
di Roma dell'FdCA
per la presentazione di una
delibera di iniziativa popolare tesa a
internalizzare molti servizi
sociali all'interno del Comune di Roma,
inviata a info@romaribelle.com.

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Car* compagn*,
la sezione di Roma della Federazione dei Comunisti
Anarchici ha deciso di aderire alla campagna di
promozione della Delibera di Iniziativa Popolare per
l'internalizzazione dei servizi sociali del Comune
di Roma.
Come anarchici siamo contro lo Stato e ci battiamo
per la
sua liquidazione, ma allo stesso tempo, finchè
siamo
all'interno del sistema capitalista, siamo per la
difesa
dello stato sociale e contro quindi la
privatizzazione dei
servizi che riguardano i diritti essenziali
delle persone:
assistenza sanitaria, istruzione, pensione,
assistenza dei
disabili. Come siamo contrari alla privatizzazione
dei beni
primari come l'acqua.
Se non altro perché quando i servizi essenziali ed
i beni
primari passano nelle mani dei privati, attraverso
lo
smantellamento delle strutture pubbliche, si assiste
inevitabilmente ad un peggioramento delle condizioni
di vita
dei più deboli: lavoratori e lavoratrici, disoccupati,
migranti, ecc.
Nei confronti dello stato sociale la nostra posizione
parte
da un semplice ragionamento.
A livello sindacale ci scontriamo col padrone
sul salario
per migliorare la ns condizione di vita, e lo
facciamo
all'interno di una logica di contrattazione in base
a quelli
che sono i momentanei rapporti di forza.
Allo stesso modo nelle lotte territoriali e sociali,
nel
difendere i servizi ed i beni collettivi, difendiamo
il nostro
salario differito e indiretto, in una sorta di
sindacalismo sociale.

Sez. di Roma "Luigi Fabbri" della Federazione
dei Comunisti Anarchici

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sul sito web dedicato
all'iniziativa
www.romaribelle.com
ci sono tutti i dettagli
relativi all'iniziativa stessa

venerdì 24 ottobre 2008

Cossiga il democratico

Quando ce vò ce vò.... questo dice Cossiga nell'intervista rilasciata al giornalista.
E d'altronde questa è l'essenza della democrazia. Finchè i lavoratori e i loro figli studenti subiscono passivamente decisioni e ricatti dell'oligarchia dominante va tutto bene, la democrazia è rispettata.
Ma nel preciso momento che alzano la testa, si svegliano dal loro torpore e tornano a voler decidere del loro lavoro e della loro vita, nel momento stesso che si agitano nella società segni premonitori di di un qualche anelito di autodeterminazione, allora la democrazia è in pericolo e bisogna difenderla dai facinorosi. Applicare o meno regole autoritarie o più o meno democratiche per lo Stato è solo una questione di convenienza politica contingente, quanno ce vò ce vò! Per lo Stato la democrazia è la delega del potere senza possibilità di ritornare sulle decisioni. Guai a chi osa tentare di mettere in discussione il padre padrone.
Il movimento che è nato intorno alla scuola e all'università ha in embrione queste pericolose connotazioni di autodeterminazione, di fronte alle quali anche tutti gli epigoni della cosiddetta sinistra istituzionale e quella forzatamente extraparlamentare sono smarriti. Abituati come sono, a trattare le masse come greggi di pecorelle bisognose di guida, sono sorpresi di fronte alla capacità dei lavoratori e degli studenti di auto organizzarsi.
E' chiaro che dopo un primo momento di smarrimento questi figuri della nomenclatura pseudoprogressista si riorganizzaranno e cercheranno di cavalcare la protesta per asservirla ai loro interessi elettoralistici. Per cui è probabile che studenti e lavoratori si troveranno tra l'incudine delle sirene della pseudo opposizione parlamentare e il martello della repressione poliziesca dello Stato.
Ma godiamoci la performance di questo campione di democrazia!

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Di seguito l’intervista completa pubblicata su Nazione – Carlino –
Giorno del 23 Ottobre 2008

di Andrea Cangini

*PRESIDENTE Cossiga, pensa che minacciando l`uso della forza pubblica
contro gli studenti Berlusconi abbia esagerato? *«Dipende, se ritiene
d`essere il presidente del Consiglio di uno Stato forte, no, ha fatto
benissimo. Ma poiché l`Italia è uno Stato debole, e all`opposizione non
c`è il granitico Pci ma l`evanescente Pd, temo che alle parole non
seguiranno i fatti e che quindi Berlusconi farà una figuraccia».

*Quali fatti dovrebbero seguire?* «Maroni dovrebbe fare quel che feci io
quand`ero ministro dell`Interno».

*Ossia?* «In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei,
perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o
gravemente ferito...».

*Gli universitari, invece?* «Lasciarli fare. Ritirare le forze di
polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con
agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di
giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e
mettano a ferro e fuoco le città».

*Dopo di che?* «Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle
sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e
carabinieri».

*Nel senso che... *«Nel senso che le forze dell`ordine non dovrebbero
avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi
i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e
picchiare anche quei docenti che li fomentano».

*Anche i docenti?* «Soprattutto i docenti».

*Presidente, il suo è un paradosso, no?* «Non dico quelli anziani,
certo, ma le maestre ragazzine sì. Si rende conto della gravità di
quello che sta succedendo? Ci sono insegnanti che indottrinano i bambini
e li portano in piazza: un atteggiamento criminale!».

*E lei si rende conto di quel che direbbero in Europa dopo una cura del
genere?* «In Italia torna il fascismo», direbbero. «Balle, questa è la
ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l`incendio».

*Quale incendio?* «Non esagero, credo davvero che il terrorismo tornerà
a insanguinare le strade di questo Paese. E non vorrei che ci si
dimenticasse che le Brigate rosse non sono nate nelle fabbriche ma nelle
università. E che gli slogan che usavano li avevano usati prima di loro
il Movimento studentesco e la sinistra sindacale».

*E` dunque possibile che la storia si ripeta?* «Non è possibile, è
probabile. Per questo dico: non dimentichiamo che le Br nacquero perché
il fuoco non fu spento per tempo».

*Il Pd di Veltroni è dalla parte dei manifestanti. *«Mah, guardi,
francamente io Veltroni che va in piazza col rischio di prendersi le
botte non ce lo vedo. Lo vedo meglio in un club esclusivo di Chicago ad
applaudire Obama...».

*Non andrà in piazza con un bastone, certo, ma politicamente...
*«Politicamente, sta facendo lo stesso errore che fece il Pci all`inizio
del- la contestazione: fece da sponda al movimento illudendosi di
controllarlo, ma quando, com`era logico, nel mirino finirono anche loro
cambiarono radicalmente registro. La cosiddetta linea della fermezza
applicata da Andreotti, da Zaccagnini e da me, era stato Berlinguer a
volerla... Ma oggi c`è il Pd, un ectoplasma guidato da un ectoplasma. Ed
è anche per questo che Berlusconi farebbe bene ad essere più prudente».

giovedì 16 ottobre 2008

Ottobre: scioperare per reagire alla sopraffazione

Dalle mobilitazioni dei lavoratori una speranza di dissenso

Violento, profondo e ramificato è l'attacco alle condizioni di vita e di lavoro in Italia. Ai provvedimenti presi dal governo di destra durante l'estate e in questo inizio d'autunno si aggiungono le minacciose ombre della revisione delle regole della contrattazione ed i miasmi della peste finanziaria che - se ora attacca i risparmi ed i piccoli investimenti dei lavoratori (compresi i fondi pensione) - molto presto potrebbe colpire il tessuto produttivo, in seguito ad una caduta della domanda con conseguenze sulla produzione, sull'occupazione e sui salari.

Nella priorità dello Stato italiano non vi è alcuna traccia di un sostegno ai salari ed agli stipendi, alle pensioni ed ai servizi sociali, mentre al primo posto vi si trova il sostegno alle imprese, al sistema bancario ed assicurativo, tramite un rastrellamento di risorse pubbliche e private (dei lavoratori) che sottrae ricchezza, posti di lavoro, sicurezza sociale e fiducia a milioni di lavoratori e li costringe ad un indebitamento a vita per garantirsi (forse) una casa, un futuro per i figli, un sollievo per la vecchiaia.

I lavoratori sono mortificati nella dignità di un lavoro che ti sfrutta o ti uccide, sono immiseriti nelle ristrettezze di un salario da mero sostentamento, sono sorpresi dalla distruzione delle conquiste sociali nei campi dell'istruzione, della sanità, dell'assistenza, della previdenza, dei trasporti e della loro privatizzazione, sono spiazzati dalle aggressioni a diritti e libertà costitutivi del mondo del lavoro portate avanti dal governo e che avvengono di fatto nelle aziende con atti repressivi da fascismo aziendale, i lavoratori sono interdetti di fronte alle scelte conniventi e collusive col governo di certe organizzazioni sindacali.

Eppure stanno già cercando di reagire: dai tempestivi scioperi nella scuola di CUB ed Unicobas allo sciopero generale intercategoriale del 17 ottobre di SdL-CUB-Confederazione Cobas, dal tardivo ma inevitabile sciopero del 30 ottobre contro i tagli nella scuola pubblica al netto rifiuto della CGIL di trattare sul diktat anti-operaio di Confindustria sulla contrattazione, dalle mobilitazioni per la sicurezza sul lavoro nei trasporti a quelle nel pubblico impiego, si cerca di reagire al contesto di sopraffazione delle coscienze e dei diritti ed al clima di paura deliberatamente creato al fine di disunire e di demoralizzare i lavoratori e le lavoratrici, di impedire qualsiasi tentativo di riorganizzazione nei luoghi di lavoro, di reprimere qualsiasi risposta dal basso alle violenze dello sfruttamento e della precarietà, di spingere verso una nuova sciagurata stagione dei sacrifici.

La Federazione dei Comunisti Anarchici sostiene perciò le mobilitazioni sindacali per

  • la difesa dei salari tramite aumenti frutto di una contrattazione nazionale riunificata per settori (industria, commercio, pubblico...); aumenti sganciati dalla produttività e dallo straordinario a livello di azienda;
  • la difesa della scuola della repubblica e del diritto allo studio senza discriminazioni di classe, di abilità e di provenienza;
  • la difesa delle pensioni e la gratuità dei servizi sociali;
  • la sicurezza sul lavoro affidata al controllo diretto dei lavoratori;
  • la assunzione a tempo indeterminato per tutti i lavoratori precari e in nero, italiani e nuovi cittadini;
  • una società liberata dallo sfruttamento e dalla miseria, dai profitti e dalle speculazioni, dall'avidità del capitalismo e dall'autoritarismo degli Stati; una società fondata sulla solidarietà e sul mutuo appoggio, sulla libertà e sull'autogestione della vita e del lavoro.

Commissione Sindacale
FEDERAZIONE DEI COMUNISTI ANARCHICI

13 ottobre 2008

sabato 11 ottobre 2008

Autoritarismo, fascismo e razzismo: le diverse facce del controllo statale

La società civile, le città, i quartieri, le scuole, le fabbriche sono diventati un grande affare securitario. Si va alla caccia di qualcuno da additare a nemico del potere costituito, nemico dell'ordine costituito, nemico del Papa, nemico dello sfruttamento, nemico delle discriminazioni, nemico dell'inquinamento, nemico del militarismo, nemico del neo-fascismo...

La posta in gioco è il controllo del territorio, non solo sul piano poliziesco-repressivo, ma anche sul piano della segregazione etnica, dell'imposizione di ideologie integraliste (neo-fascismo, clericalismo, militarismo), della valorizzazione affaristica e capitalistica di esso (ambiente, corridoi, energia, de-industrializzazione, case) senza avere tra i piedi forme di dissenso.

I lavoratori e le lavoratrici immigrati/e sono i/le primi/e a farne le spese. Ogni ondata securitaria anti-albanese, anti-araba, anti-rumena, anti-rom, non fa che alzare steccati che rinchiudono virtualmente ciascuno nella sua comunità, sotto la minaccia dell'espulsione o dei nuovi e "confortevoli" CPT a gestione consociativa cattolica e Coop, evitando così la contaminazione, l'interculturalità, magari l'unità di interessi.

La politica asservita al potere economico ha bisogno di questo terroristico controllo per tenere sotto scacco la classe lavoratrice mondiale nel tentativo di nascondere che è la globalizzazione dell'economia e la creazione di zone di libero scambio ed il conseguente sviluppo ineguale del capitalismo a spingere i migranti a cercare migliori condizioni di vita.

La globalizzazione economica si fonda su una nuova organizzazione e divisione internazionale del lavoro, sull'innovazione e l'impiego di tecnologie dell'informazione al fine di decentrare, delocalizzare e flessibilizzare la produzione mondiale, intessendo delle reti imprenditoriali interconnesse e interrelate. Il tutto, scomponendo allo stesso tempo la classe lavoratrice in mille gruppi, conduce all'iper-sfruttamento delle nuove generazioni operaie: giovani, donne, immigrati, bambini. Non si tratta d'una visione del passato, ottocentesca, è il più realistico dei presenti, è l'incubo del XXI° secolo.

Il feroce sfruttamento economico del capitale non guarda in faccia a nessuno, non sta a sottilizzare sul colore della pelle né tanto meno sulle credenze religiose; prende di mira soprattutto gli strati più deboli della popolazione, proprio perché più facilmente ricattabili e quindi più facilmente sfruttabili.
Ieri i lavoratori italiani, irlandesi, ispanici negli USA, oggi quelli africani, europei dell'est, mediorientali nella democratica Europa.

Questo è il motivo per cui lo sfruttamento mondializzato mira soprattutto le popolazioni immigrate, perché private dei diritti e sradicate, portate a rinchiudersi nel ghetto delle identità, costituiscono una popolazione facile da sfruttare.

Il padronato ne fa una strumentalizzazione per dividere i lavoratori creando competizioni fittizie che generano e rinsaldano il razzismo. I clandestini sono per il padronato una preziosa manodopera docile e flessibile.
Separare i diritti (politici e sociali) dalla nazionalità, per la libertà di circolazione e di insediamento, è un mezzo per combattere questa tendenza del capitalismo.

Sono proprio questi muri che dobbiamo abbattere o superare con organismi di base cosmopoliti di italiani e nuovi cittadini, per lottare insieme contro le discriminazioni e per la piena cittadinanza, a tutti i livelli, a partire dalla lotta per la sicurezza sociale, per i diritti all'abitare, ad un lavoro dignitoso, per una scuola e una sanità accessibili a tutti.

In questa lotta è bene essere consapevoli che laddove le subdole forme repressive delle istituzioni non bastassero, bisognerà affrontare il razzismo incarnato oggi nelle formazioni neo-fasciste che appestano il territorio con una buona dose di consenso istituzionale.

Occorre, quindi, costituire reti antifasciste e antirazziste di massa che uniscano la battaglia culturale ed il mantenimento della memoria delle lotte della classe lavoratrice a campagne di agibilità piena del territorio.

E unitamente alla lotta per l'acquisizione della piena cittadinanza, occorre coinvolgere i lavoratori migranti alle lotte sindacali, sociali e territoriali.

Contro le logiche repressive, criminali, discriminatorie e di sfruttamento da qualunque parte provengano.

Federazione dei Comunisti Anarchici
3 ottobre 2008

lunedì 6 ottobre 2008

da: "autorganizzati roma" del 3 ottobre

Oggi gli studenti e le studentesse di roma si sono mobilitati, in forma coordinata, come deciso nella assemblea autonoma ed autoconvocata del 26 settembre al Liceo Tasso.

La volontà di tutti e tutte era portare nella strade la protesta contro quanto sta portando avanti il neoministro Gelimini e contro l'applicazione di quanto inserito dal pessimo e coerente predecessore Fioroni (dallo status di fondazioni al voto di condotta vincolante passando per gli esami di riparazione) sempre improntati a trasformarele scuole in fabbriche di precari già abituati ad essere ubbidienti.

Alle mobilitazioni, fra gli altri istituti, hanno partecipato studenti e studentesse di
- Newton e Albertelli (san giovanni),
- Ripetta e Virgilio (trastevere)
- Democrito (casalpalocco),
- Pasteur Mamiani Talete Tacito Cartesio Caravillani (prati trionfale roma nord)
- Macchiavelli (san lorenzo)
- Mameli (parioli),
- Plauto (mostacciano)
- Tasso e Righi (salario)
- Benedetto da Norcia (tiburtina)
- Kennedy Manara Morgagni Ferraris (monteverde)
- Anco Marzio (ostia)

Alle 9.00 oltre cinquecento studenti dagli istituti della zona si sono raggruppati di fronte al Liceo Tasso in via Sicilia, e dopo una rapida assemblea hanno deciso di muoversi in corteo spontaneo, bloccando il traffico, fino alla metro Castro Pretorio.
Gli studenti hanno dato vita nella metro ad una azione contro il carovita, che colpisce in modo particolare le fascie giovanili precarizzate, rifiutandosi di pagare il biglietto e occupando i vagoni della metro.

Nel frattempo, di fronte al Liceo Mamiani, rimasto deserto, si muoveva un corteo di oltre quattrocento studenti dagli istituti di zona, che poi procedeva ad occupare una decina di mezzi pubblici (fra i quali il malefico 280 che deve morire, e che è stato giustamente infiammato al termine della giornata) in direzione di Piazza Trilussa.

Anche di fronte al Virgilio si riunivano quasi ottocento studenti da i licei del centro. Anche qui gli studenti dopo una assemblea hanno deciso di muoversi in corteo spontaneo verso Piazza Trilussa comunicando con il territorio , volantinando ed attacchinando lungo i vicoli del centro (e terrorizzando le vecchiette).

Dal Kennedy intanto si muovevano quasi duecento studenti dalle scuole di Monteverde, bloccando il traffico e muovendosi in direzione del Ministero dell'Istruzione.

Un corteo spontaneo si muoveva poi da Piramide, dove si erano incontrati gli studenti provenienti dal Tasso e quelli provenienti da Ostia e CasalPalocco, lungo via marmorata - bloccando il traffico di una corsia di circolazione - anch'essi in direzione del Ministerodell'Istruzione.

Al Ministero giungeva anche il gruppo, ormai di oltre mille studenti partiti da Virgilio e Mamiani ed incontratesi in Piazza Trilussa, dopo aver attraversato in corteo il territorio di Trastevere, ribadendo che quel quartiere ha rifiutato e continuerà a rifiutare ogni tentativo di militarizzazione.

Al Ministero, dove confluivano anche numerosi gruppi sciolti da altri istituti, si sono quindi radunati almeno cinquemila studenti, con il blocco di viale trastevere e della linea tranviaria.
Gli studenti esprimevano la solidarietà ai professori in mobilitazione incontrati casualmente al Ministero.
Gli studenti e le studentesse, inoltre, assieme anche a buona parte dei docenti presenti, allontanavano spontaneamente e collettivamente l'on. Di Pietro ed i sette militanti del suo partito, espressione razzista e forcaiola di quella ex-maggioranza che con il Ministro Fioroni ha devastato l'istruzione in Italia.

Gli studenti e le studentesse quindi decidevano di proseguire la mobilitazione con un corteo spontaneo che si è diretto verso il mercato di Piazza San Cosimato per interloquire con la città ed il quartiere, dove si sono riuniti in assemblea per confrontarsi sulla giornata di mobilitazione e su come proseguire la lotta.

Nel corso dell'assemblea, numerosi interventi in particolare ribadivano:
- gli studenti e le studentesse determinano da soli, in modo autonomo e assembleare, le loro mobilitazioni, come dimostrato dalla giornatadi oggi e rifiutano ogni tentativo di strumentalizzazione da parte di partitini e sindacatini, studenteschi e non studenteschi
- la giornata di oggi, nella radicalità e nella partecipazione amplissima, dimostra che gli studenti si sono stancati e che intendono riprendere le loro scuole, la loro città, le loro vite
- quanto fatto dalla Gelimini, identico a quello iniziato da Fioroni, è inaccettabile in tutti suoi aspetti ed incontrerà una opposizione radicale giorno per giorno, scuola per scuola, via per via
- le numerose intidimidazioni attuate dalle forze dell'ordine, sia in modo evidente che piu' o meno velato, in queste settimane non hanno minimamente intaccato la nostra voglia di lottare
- chi parlavava di "vento nero" nelle scuole di roma confondeva forse migliaia di studenti disposti a mobilitarsi e lottare con qualche gruppuscolo di picchiatori (piu' o meno riusciti) che si aggira ogni tanto nei dintorni degli istituti.

La assemblea ha ribadito l'importanza del percorso di sviluppo assembleare delle mobilitazioni, ed ha quindi rinnovato l'appello già reso pubblico all'Unione degli Studenti per non tenere la manifestazione del 10 Ottobre a Roma (totalmente calata dall'alto e scollegata alle lotte reali, come quella di oggi, degli studenti) e sviluppare invece, tutti assieme (collettivi, associazioni, singoli) un corteo unitario di tutti gli studenti e le studentesse per Sabato11 Ottobre.

Gli studenti e le studentesse si sono infine dati appuntamento al Liceo Virgilio, Martedì 7 Ottobre, per una assemblea cittadina nella quale decidere come proseguire e coordinare le lotte.

studenti e studentesse in mobilitazione di roma - 3 ottobre 2008

martedì 30 settembre 2008

MANIFESTAZIONE STOP RAZZISMO



Manifestazione nazionale antirazzista a Roma il 4 ottobre ore 14,00


Il Corteo parte da Piazza della Repubblica e
termina con un concerto di musica dal vivo a Piazza Venezia

È il momento di reagire alle logiche e ai molteplici atti di razzismo istituzionale e diffuso – che arrivano ad attaccare e mettere in discussione la vita stessa – per vivere meglio ed essere tutti più liberi. Le misure proposte dal governo Berlusconi, che ipotizzano il reato di “clandestinità aggravano e alimentano il razzismo. Il riconoscimento della nostra comune umanità motiva una forte mobilitazione diretta e unitaria per affermare solidarietà e accoglienza per tutti.

  • Contro tutti i razzismi
  • Basta stragi nei mari ! Libera circolazione per tutti !
  • Per la libertà e la sicurezza di tutti: solidarietà e accoglienza
  • Ritiro immediato del “pacchetto sicurezza” del governo e chiusura dei C.P.T.
  • Contro la direttiva della UE sul rimpatrio
  • Contro le logiche repressive, criminali, discriminatorie e di sfruttamento da qualunque parte provengano.

domenica 21 settembre 2008

Presentazione della nuova serie della rivista "ANTIPODI"

Venerdì 26 settembre 2008 alle ore 20,30

Presentazione della seconda serie della rivista

"ANTIPODI"
con il primo numero dedicato al tema di...
(in)sicurezza

Dopo otto numeri, dedicati ai temi più importanti della società contemporanea
in cui viviamo, la rivista apre la seconda serie con un numero dedicato ai
problemi della sicurezza, che i mezzi di informazione si adoperano per far sì
che divenga la fonte di ansia principale, sopravanzata invece nella realtà
dall'insicurezza vera, quella economica.

In tutto il mondo attraverso l'uso della
minaccia della sicurezza si realizza il controllo economico e politico sulle
masse, comprimendone i bisogni primari di felicità e aspettative di vita e
inducendo invece bisogni e consumi dettati da esigenze dei gruppi dominanti.

presenta: Adriana Dadà - della redazione della rivista
presso
Libreria Anomalia,
via dei Campani 71/73, Roma (S. Lorenzo)


Federazione deiComunisti Anarchici
Sezione "Luigi Fabbri" di Roma

info: fdcaroma@fdca.it
www.fdca.it