lunedì 31 marzo 2008

Ultimo saluto a Franco Salomone

Giovedì 27 marzo a Savona si sono svolti i funerali del nostro compagno Franco Salomone.

Tanti i lavoratori, i compagni e le compagne presenti all'ultimo saluto per Franco: colleghi e compagni di lotta e di sindacato, vecchi compagni comunisti libertari della Liguria e dalla Lombardia, compagni del WSM irlandese attualmente in Italia, il circolo FAI di Savona, l'USI di Savona, i compagni di Lotta Comunista e ovviamente le bandiere e i militanti della FdCA.

Un corteo funebre commosso e compatto di circa una ottantina di persone ha attraversato le strade di Savona, con una sosta davanti alla sede della Camera del Lavoro, salutato dalla bandiera a mezza asta della CGIL.
Hanno pronunciato discorsi in memoria di Franco, Pippo Giudice, segretario della CGIL savonese negli anni '70, Beppe Oldani per la Segreteria Nazionale della FdCA e Virgilio Caletti, comunista anarchico cremonese.

Ne è emersa la figura di Franco Salomone quale "sindacalista e rivoluzionario, pragmatico, alieno da qualsivoglia forma di lotta ideologizzata e da qualunque avventurismo sindacale e fautore di battaglie per obiettivi, anche difficili, ma raggiungibili", quale "militante internazionalista ed antifascista", "figura di riferimento e di crescita politica per tanti compagni".
Ne sono state ricordate le battaglia in difesa dei diritti dei lavoratori, della sanità pubblica, per lo sviluppo dell'anarchismo organizzato di classe.

La salma di Franco è stata cremata nel cimitero di Savona e le sue ceneri sono state tumulate nella tomba di famiglia.Gli organi di stampa locali (Il Secolo XIX e La Stampa) hanno diffusamente ricordato la figura di Franco Salomone, anche grazie ai comunicati stampa della CGIL di Savona e della FdCA.

La Federazione dei Comunisti Anarchici ringrazia tutti i compagni intervenuti, ma soprattutto chi negli ultimi anni (Pina, Marta, Fulmen e Christian) ha assistito da vicino con affetto e dedizione il compagno Franco.
Hanno inviato messaggi di cordoglio diversi compagni da Molfetta, Bisceglie, Bari, Lucca, Asti e Cremona a cui va il nostro ringraziamento.

Segreteria Nazionale
FEDERAZIONE dei COMUNISTI ANARCHICI
30 marzo 2008

venerdì 21 marzo 2008

Il Tibet nella morsa dell'imperialismo cinese

La rivolta del popolo tibetano contro l'occupazione cinese porta una volta di più agli occhi del mondo intero lo stato di soggezione di un territorio che da decenni subisce la presenza militare dell'esercito della Repubblica Popolare Cinese.

Geograficamente strategico, dopo la scoperta e la conseguente depauperazione di giacimenti di materie prime essenziali per l'economia cinese, uranio in primis, che hanno ridotto il paese a discarica nucleare, da tempo subisce anche la pressione delle politiche demografiche di sinizzazione condotte dal regime di Pechino, secondo un classico schema di potere imperialista che la Cina ha imposto nell'area dell'estremo oriente fin dagli anni '60 e che non si fa scrupolo della più feroce repressione.

Il Tibet si colloca così come area strategica nella zona di influenza cinese al pari della Birmania o del Darfur, dove gli interessi cinesi sono tutelati e difesi dai regimi locali tramite una sistematica opera di repressione dei movimenti di lotta. Da anni, del resto, sono evidenti le mire imperialiste cinesi sull'Africa.

Una grande disponibilità di liquidità finanziaria consente alla Cina di porsi come paese investitore in grado di giocare sugli scenari internazionali sostenendo progetti industriali in Sud Africa come in Venezuela, in Sudan come nell'Indocina, entrando in accordi di gestione dei corridoi delle materie prime dal Mar Caspio alle sue aree industriali del sud-est, ponendosi in quell'area come grande competitore al pari di Russia, USA e potenze locali come Iran ed India, come gendarme anti-islamico del Patto di Shanghai.

Ma il gigantesco surplus finanziario cinese è il frutto di decenni di accumulazione assicurata da quella seconda via dello "sviluppo parallelo" (i profitti dell'agricoltura investiti nella industrializzazione), seguita dai dirigenti cinesi tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70, che è consistita nello sfruttamento dei lavoratori cinesi, e di determinazione, appropriazione e gestione del sovrappiù da parte dello Stato cinese che non ha disdegnato di usare e pratica ampiamente oggi la repressione aperta.

In realtà in Cina non vi è stata alcuna transizione al comunismo, non è andata al potere nessuna tecnoburocrazia, ma abbiamo assistito in 60 anni alla gestione capitalistica di stato da parte di un rigido centralismo burocratico che oggi gestisce la transizione al capitalismo nella forma più selvaggia, senza per questo effettuare il passaggio ad un assetto politico da democrazia occidentale.

La tragedia del Tibet e del suo popolo sono tutt'uno con la tragedia dei lavoratori cinesi, vittime del dominio statale della Repubblica Popolare Cinese, in nome... del popolo!

Per la liberazione del Tibet, per l'autodeterminazione del popolo tibetano, per l'autonomia dei lavoratori del Tibet e della Cina!

Segreteria Nazionale
Federazione dei Comunisti Anarchici
17 marzo 2008

sabato 8 marzo 2008

8 marzo 2008!! Ma quale festa delle donne?

Oggi, in occasione dell'8 Marzo, la triade CGIL-CISL-UIL ha indetto una manifestazione nazionale a Roma.
Proprio loro che che sul fronte della difesa salariale, dell'occupazione e delle condizioni lavorative, negli ultimi decenni non hanno fatto altro che svendere i diritti delle lavoratrici.
Basti pensare all'accordo sul welfare che, con l'unico intento di facilitare i guadagni dei padroni, aumenta la precarizzazione del lavoro e colpisce soprattutto le donne.
Denunciamo inoltre il tentativo di utilizzare i diritti delle donne per ipocriti scopi elettorali perchè gia ci immaginiamo chi aderirà all'iniziativa: tutta quella "sinistra di governo" che non ha eretto nemmeno una barriera di cartone per difendere l'autodeterminazione delle donne nei confronti dell'ingerenza autoritaria di Chiesa e Stato.
Di seguito un comunicato della commissione etiche e politiche di genere dell'FdCA
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Le donne sono sempre le più colpite dalla povertà, dalla violenza, dalle guerre

Nell'8 marzo 2008
Una donna è pagata in media il 20% in meno dei suoi colleghi uomini a parità di requisiti e mansioni. Il doppio carico di lavoro, fuori e dentro casa, limita l'accesso delle donne al salario accessorio, legato alla produttività, agli incentivi, agli straordinari, che costituiscono una fetta sempre più consistente di salario. Incentivare i meccanismi salariali legati alla produttività favorisce l'impoverimento delle donne. E a nulla vale l'ipocrisia di inserire la questione femminile nell'agenda dei governanti e delle burocrazie sindacali per ottenere il miglioramento di questa situazione.
Nell'8 marzo 2008
Le donne sono quelle su cui ancora oggi la cultura maschilista, fascista e fondamentalista, assieme all'ipocrisia di quella società laica ancora prigioniera dei propri limiti autoritari e sessisti, esercita l'oppressione più vile, mascherata da buonismo e tolleranza, che nei fatti si traduce con la negazione di pari dignità e ruoli, che affoga nel silenzio della famiglia le violenze più crudeli, che vanno dallo sfruttamento fisico all'asservimento psicologico, in nome di quel bel quadretto di famiglia che vede le donne, madri figlie, trasformate in serve silenziose, farsi carico di tutte le incombenze del lavoro familiare sempre disponibili e sorridenti (solo nella pubblicità).
Le donne muoiono sempre di più fra le pareti domestiche, vittime delle violenze private di uomini che scambiano l'amore con il diritto di proprietà e lo trasformano in violenza troppo spesso tollerata. E uccide più la violenza tra le pareti domestiche che il cancro o gli incidenti stradali.
Nell'8 marzo 2008
Ritroviamo ancora oggi politici baciapile genuflessi ai piedi di preti e papi mettere in discussione l'autodeterminazione femminile in nome di una vita "naturale", sacra fin dal suo concepimento. Non solo lor signori benedetti non si fanno scrupoli a inviare truppe a massacrare popolazioni inermi, il tutto con il nome di guerra di "civiltà", ma continuano a mostrare il più sovrano disprezzo per la salute delle donne. Le costringono a estenuanti e costose migrazioni all'estero, in paesi più civili, all'estero se non possono avere figli, vorrebbero tornare a costringerle ad averli quando non se la sentono di portare avanti una gravidanza.
Limitare l'autodeterminazione delle donne non è soltanto mettere in pericolo la salute di centinaia di donne, è negare il diritto di scegliere la maternità, è ancora una volta il tentativo di imporre a tutti un modello culturale e sociale, è il preludio di un più ampio piano di repressione a cui ci vogliono sottoporre.
Nell'8 marzo 2008
Lo Stato e la Chiesa chiedono alle donne di fare più figli per ripopolare l'Italia. Si incentiva la politica demografica, ma ovviamente si pensa alle donne italiane, visto che si incolpano le donne migranti di farne troppi. E nonostante questa propaganda sempre più fascisteggiante, non ci sono aiuti sociali, non ci sono asili nido, non c'è lavoro e quando si trova i salari sono da fame.
Noi l'8 marzo 2008 ricordiamo le operaie che durante uno sciopero morirono in fabbrica tra le fiamme e nel loro ricordo continuiamo a denunciare e a combattere per liberare le donne dalle catene della società maschilista, patriarcale e clericale che le tengono ancora legate.
Perché l'8 marzo non resti solo una ricorrenza, spezziamo queste catene e ricominciamo a lottare tutti insieme, con una sempre più forte solidarietà e coscienza di classe, consapevoli che nessuna liberazione della donna sarà mai completa, senza la più ampia liberazione di tutta l'umanità dagli oppressori e dai tiranni, chiese, Stati e padroni, consapevoli che la libertà di tutti passa attraverso la libertà delle donne.
Commissione etiche e politiche di genere
Federazione dei Comunisti Anarchici
7 marzo 2008

venerdì 7 marzo 2008

IL GAS LETALE DELLO SFRUTTAMENTO

Sepolcri. Capannoni industriali, cantieri edili, macchine agricole, autocisterne trasformati in tetre bare che imprigionano a migliaia lavoratori inermi, come nel fuoco dell’incendio della Thyssen Krupp di Torino, come nel gas mortale della cisterna di Molfetta.

Ma per il capitalismo le vite sfruttate, le vite spezzate non sono altro che costi. Il NO della Confindustria alle sanzioni per i datori di lavoro che non investono in sicurezza, contenute nei decreti che si vorrebbero approvare a legislatura finita e che nulla cambiano in sostanza per la sicurezza dei lavoratori, ha comunque il sapore del disprezzo e la logica del calcolo del profitto. I lavoratori, infatti, non sono che numeri del profitto in vita: costi nella produzione, numeri in esubero, numeri in mobilità, numeri da ridurre coi licenziamenti. E numeri restano, anche quando sono morti sul lavoro….I padroni spostano risorse umane come spostano risorse finanziarie. Se possono permettersi di bruciare milioni di euro nelle Borse, possono bruciare anche operai spogliati di qualsiasi entità corporea, di qualsiasi diritto alla vita, di ogni diritto ad un lavoro sicuro.
Cosa volete che siano 1341 morti sul lavoro nel 2007 per il capitalismo? Numeri.
E i 928.000 incidenti sul lavoro, sempre nel 2007? Ancora e soltanto numeri.

E sono solo 550.000 gli indennizzati. Di cui i due terzi nel nord Italia.
La sicurezza sul lavoro è un fattore incompatibile con lo sfruttamento: il serial killer che non si vuole denunciare e fermare è infatti sotto gli occhi di tutti: è l’organizzazione del lavoro e la sua deregolamentazione; è l’intensificazione dello sfruttamento del lavoro ed il ricatto che attenua o annulla le norme di protezione e sicurezza o addirittura le vuole depenalizzare.

Quando il lavoro uccide, non c’è articolo 2087 del codice civile che tenga, non c’è legge 626 che tuteli. Non ci sono decreti dell’ultima ora che proteggeranno i lavoratori.
Dietro i morti e gli incidenti sul lavoro ci sono grandi interessi che tendono a scaricare sulla collettività i costi delle conseguenze delle morti, degli infortuni e delle malattie professionali. Così come vengono scaricati sulla collettività i costi, materiali ma anche di salute e di vite umane, dell’inquinamento e del dissennato sfruttamento ambientale. Altri morti a lunga scadenza.

Per questo occorre che i costi per la prevenzione, per la protezione, per la sicurezza per la salute nei luoghi di lavoro, siano assunti dai datori di lavoro e non scaricati sui contratti di categoria. Occorre rafforzare il ruolo dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS), che devono essere istituiti in ogni luogo di lavoro anche su iniziativa autonoma ed autogestita dei lavoratori e messi in condizione di poter operare, protetti e tutelati dai ricatti padronali, dai compromessi delle burocrazie sindacali, messi in diretto contatto con le ASL, ed a queste affidare il riconoscimento degli infortuni e delle malattie professionali e l’istituzione di un osservatorio, comune per comune, azienda per azienda degli infortuni sul lavoro.

L’organizzazione di lotte specifiche per la sicurezza, come ha dimostrato il coordinamento degli RLS delle ferrovie, è necessaria per contrastare tutti i processi causa dell’aumento dei fattori di rischio: dalle privatizzazioni all’outsourcing, dalla dequalificazione delle mansioni all’aumento dei ritmi nelle unità produttive.
Per rammentare che le morti sul lavoro non sono disgrazie, ma vittime di un sistema di sfruttamento per il profitto. Questa è la vera disgrazia! Contro cui lottare oggi, per salvarci la vita, per lavorare e vivere nella solidarietà e nell’autogestione.

FdCA
Marzo 2007

martedì 4 marzo 2008

UN MEDIO ORIENTE DEI POPOLI

Per un nuovo Medio Oriente: un Medio Oriente dei popoli
by Mazen Kamalmaz
Lunedì, Mar 3 2008, 1:05pm

Contro l'ingiustizia politica e sociale, i popoli del medio oriente si uniscano per costruire una nuova convivenza basata sui principi della libertà e della giustizia; contro la repressione nazionalista e le divisioni settarie, che i popoli del medio oriente costruiscano un nuovo mondo fondato sulla solidarietà tra tutte le nazioni e sulla libertà di ciascuno, di ogni nazione e di ogni gruppo etnico.

Contro ogni incombente aggressione Americana o Israeliana :dobbiamo distruggere il vecchio Medio Oriente e quello che vogliono farne USA ed Israele,per un nuovo Medio Oriente :

IL MEDIO ORIENTE DEI POPOLI
Le truppe Israeliane si sono ammassate per una escalation senza precedenti contro Gaza, l'intenzione era chiara: mettere fine ad ogni resistenza e costringere il popolo palestinese ad arrendersi all'occupazione. Nel frattempo, la flotta USA è tornata a farsi vedere al largo del Libano, brandendo la minaccia di una nuova aggressione contro i militanti anti-israeliani di Hezbollah . Il segretario di stato USA Condoleeza Rice aveva detto, nell'estate del 2006, durante gli attacchi aerei e di terra israeliani contro il Libano, che la guerra avrebbe segnato la nascita di un Nuovo Medio Oriente, ovviamente sotto il pieno controllo degli USA e del loro primo alleato: Israele.
Il vecchio medio oriente è nelle mani di tiranni locali che collaborano con gli USA, e tuttavia non tutto dipende dalla volontà degli USA e di Israele; l'Iran, che ha tratto vantaggio dalla scomparsa del suo rivale più forte nella regione : il regime di Saddam, e che ha una politica indipendente dopo la rivoluzione del 1979; è considerato il prncipale nemico; la resistenza palestinese è un altro fattore fuori controllo.

L'ennesima uccisione di bambini palestinesi a Gaza ha suscitato tra le masse arabe una nuova ondata di rabbia e di furia contro Israele ed i suoi sostenitori, ed una nuova aggressione non farebbe che suscitare ancora più rabbia.
Ma ciò a cui le masse sono chiamate veramente è ben diverso dal semplice protestare contro le aggressioni per mantenere lo status quo e sostenere i loro attuali governanti, i quali non sono altro che tiranni corrotti e repressori come altri nella regione, pur se in conflitto con gli interessi degli USA e di Israele, specialmente quelli che hanno il potere a Damasco e Teheran o persino a Ram Allah e Beirut.

Occorre che le masse di tutto il medio oriente distruggano questo medio oriente, quello vecchio e quello finto di nuovo che vogliono USA ed Israele, occorre che rovescino tutte le tirannie e combattano gli aggressori, prendendo nelle loro mani il controllo sul proprio destino, per costruire un nuovo medio oriente, il medio oriente dei popoli.

Contro l'ingiustizia politica e sociale, i popoli del medio oriente si uniscano per costruire una nuova convivenza basata sui principi della libertà e della giustizia; contro la repressione nazionalista e le divisioni settarie, che i popoli del medio oriente costruiscano un nuovo mondo fondato sulla solidarietà tra tutte le nazioni e sulla libertà di ciascuno, di ogni nazione e di ogni gruppo etnico.

Per raggiungere questo scopo occorre costruire un movimento popolare di base e di massa in tutto il medio oriente che sia democratico nella sua azione, nei suoi principi e nei suoi scopi.
Non fermarsi solo a sconfiggere la prossima aggressione, ma lavorare contemporaneamente alla costruzione del nuovo medio oriente dei popoli.

Mazen Kamalmaz * (Siria) Comunista Anarchico

(traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali da http://www.anarkismo.net/)
http://www.fdca.it/