venerdì 7 marzo 2008

IL GAS LETALE DELLO SFRUTTAMENTO

Sepolcri. Capannoni industriali, cantieri edili, macchine agricole, autocisterne trasformati in tetre bare che imprigionano a migliaia lavoratori inermi, come nel fuoco dell’incendio della Thyssen Krupp di Torino, come nel gas mortale della cisterna di Molfetta.

Ma per il capitalismo le vite sfruttate, le vite spezzate non sono altro che costi. Il NO della Confindustria alle sanzioni per i datori di lavoro che non investono in sicurezza, contenute nei decreti che si vorrebbero approvare a legislatura finita e che nulla cambiano in sostanza per la sicurezza dei lavoratori, ha comunque il sapore del disprezzo e la logica del calcolo del profitto. I lavoratori, infatti, non sono che numeri del profitto in vita: costi nella produzione, numeri in esubero, numeri in mobilità, numeri da ridurre coi licenziamenti. E numeri restano, anche quando sono morti sul lavoro….I padroni spostano risorse umane come spostano risorse finanziarie. Se possono permettersi di bruciare milioni di euro nelle Borse, possono bruciare anche operai spogliati di qualsiasi entità corporea, di qualsiasi diritto alla vita, di ogni diritto ad un lavoro sicuro.
Cosa volete che siano 1341 morti sul lavoro nel 2007 per il capitalismo? Numeri.
E i 928.000 incidenti sul lavoro, sempre nel 2007? Ancora e soltanto numeri.

E sono solo 550.000 gli indennizzati. Di cui i due terzi nel nord Italia.
La sicurezza sul lavoro è un fattore incompatibile con lo sfruttamento: il serial killer che non si vuole denunciare e fermare è infatti sotto gli occhi di tutti: è l’organizzazione del lavoro e la sua deregolamentazione; è l’intensificazione dello sfruttamento del lavoro ed il ricatto che attenua o annulla le norme di protezione e sicurezza o addirittura le vuole depenalizzare.

Quando il lavoro uccide, non c’è articolo 2087 del codice civile che tenga, non c’è legge 626 che tuteli. Non ci sono decreti dell’ultima ora che proteggeranno i lavoratori.
Dietro i morti e gli incidenti sul lavoro ci sono grandi interessi che tendono a scaricare sulla collettività i costi delle conseguenze delle morti, degli infortuni e delle malattie professionali. Così come vengono scaricati sulla collettività i costi, materiali ma anche di salute e di vite umane, dell’inquinamento e del dissennato sfruttamento ambientale. Altri morti a lunga scadenza.

Per questo occorre che i costi per la prevenzione, per la protezione, per la sicurezza per la salute nei luoghi di lavoro, siano assunti dai datori di lavoro e non scaricati sui contratti di categoria. Occorre rafforzare il ruolo dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS), che devono essere istituiti in ogni luogo di lavoro anche su iniziativa autonoma ed autogestita dei lavoratori e messi in condizione di poter operare, protetti e tutelati dai ricatti padronali, dai compromessi delle burocrazie sindacali, messi in diretto contatto con le ASL, ed a queste affidare il riconoscimento degli infortuni e delle malattie professionali e l’istituzione di un osservatorio, comune per comune, azienda per azienda degli infortuni sul lavoro.

L’organizzazione di lotte specifiche per la sicurezza, come ha dimostrato il coordinamento degli RLS delle ferrovie, è necessaria per contrastare tutti i processi causa dell’aumento dei fattori di rischio: dalle privatizzazioni all’outsourcing, dalla dequalificazione delle mansioni all’aumento dei ritmi nelle unità produttive.
Per rammentare che le morti sul lavoro non sono disgrazie, ma vittime di un sistema di sfruttamento per il profitto. Questa è la vera disgrazia! Contro cui lottare oggi, per salvarci la vita, per lavorare e vivere nella solidarietà e nell’autogestione.

FdCA
Marzo 2007

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