venerdì 28 novembre 2008

Roma: contestazione in provincia e intimidazione polizia

Sui fatti di torino - contestazione in provincia e intimidazione polizia
Il 26 pomeriggio, dopo una giornata di sciopero nelle scuole (attuato
in ogni istituto secondo modalità differenti, dalla sciopero bianco a
quello della prima ora) un gruppo di un centinaio di studenti, assieme
anche a professori, si è recato fuori dalla sede della Provincia di
Roma con uno striscione recante la scritta "vergogna".
Si voleva denunciare pubblicare che quanto è accaduto a Torino non è
stata una fatalità, ma la logica conseguenza della condizione nella
quale versano gli edifici scolastici in tutta italia, e che la
condizione in cui versano gli edifici è a sua volta la logica
conseguenza di decenni di tagli alla spesa pubblica.
Un assessore provinciale ha incontrato gli studenti, che hanno
ribadito di non voler entrare assolutamente nei giochi dei palazzi con
il centrosinistra della Provincia che scarica la responsabilità sul
centrodestra al Governo ed il centrodestra al Governo che scarica
sulle amministrazioni locali, ma che tutte le istituzioni e tutta la
classe politica (ricordiamo che centrosinistra e centrodestra hanno
seguito negli ultimi dieci anni politicamente orrendamente simili sui
tagli alla spesa pubblica) devono assumersi la responsabilità di
quanto accaduto.
Al termine dell'incontro, i manifestanti hanno provato a muoversi
lungo le vie adiacente, in modo silenzioso, pacifico e persino sui
marcipiedi. Si voleva denunciare a tutta la città che mentre vengono
spesi miliardi per restaurare qualche castello per i vertici
internazionali le scuole cadono, letteralmente, a pezzi.
Immediata la reazione poliziesca. Gli agenti presenti hanno impedito
ai manifestanti di spostarsi, ed hanno identificato, senza alcun
motivo, tre ragazzi.

Evidentemente, qualcuno non vuole che certe verità vengano dette.
Evidentemente, qualcuno pensa il ruolo delle forze dell'ordine debba
essere quello di impedire che questo accada, magari collaborando con
qualche provocatore neofascista. Evidentemente, qualcuno vorrebbe
dimenticare al piu' presto quanto accaduto, accantonandolo sotto la
etichetta infame di "fatalità".

Evidentemente, non sarà così.


studenti e studentesse delle scuole in rivolta di roma

scuole-in-rivolta.noblogs.org

scuoleinrivolta@gmail.com

martedì 25 novembre 2008

Gli Usa si prendono tutto il Dal Molin. E si fanno la pista.

Pubblicato il 24/11/2008 da nodalmolin

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Gli Usa si prendono tutto il Dal Molin. E si
fanno la pista.
Nuove mappe del progetto statunitense per il Dal Molin sono
state presentate questa mattina, durante una conferenza
stampa, dagli ingegneri del Presidio Permanente. E le carte
smentiscono le rassicurazioni del commissario Costa [...]
Nuove mappe del progetto statunitense per il Dal Molin sono state presentate questa mattina, durante una conferenza stampa, dagli ingegneri del Presidio Permanente. E le carte smentiscono le rassicurazioni del commissario Costa che aveva promesso alla città la parte est del Dal Molin (mentre l'insediamento statunitense verrebbe realizzato a ovest) e l'assenza di voli militari.

Come si vede dalle carte – di fonte ufficiale statunitense – i militari a stelle e strisce posizionano il confine della nuova struttura militare lungo via S. Antonino (a est), inglobando anche tutta l'area che, secondo Paolo Costa, sarebbe stata donata alla città come compensazione. E in questa zona gli statunitensi hanno progettato una pista di decollo e atterraggio. Inoltre gli statunitensi prevedono due ingressi: uno a ovest, un altro a nord-est (nell'attuale area del Presidio Permanente) che sarebbe inutile nel caso in cui il progetto si sviluppasse soltanto a ovest, come dichiarato dai proponenti. Nella mappa, inoltre, sono anche segnalati dei terreni da espropriare o da acquistare: la nuova base militare, dunque, non solo occuperebbe l'intera area del Dal Molin (e non soltanto metà, come dichiarato), ma si espanderebbe anche su terreni esterni.

Svelata, dunque, l'ultima presa in giro ai danni dei vicentini: gli statunitensi progettano una base che occuperà l'intero sedimento del Dal Molin e che avrà anche una pista. Ma a cosa serve una pista se, come rassicurano, non ci saranno voli militari?

In un paese democratico un commissario governativo che ha mentito così palesemente alla cittadinanza si dimetterebbe immediatamente. Non accadrà in Italia, dove il commissario Paolo Costa accumula crediti per la sua lauta pensione sulle spalle, sulla salute e sulla sicurezza dei cittadini. Nel frattempo gli statunitensi continuano a mantenere segreti i propri progetti, comportandosi come veri occupanti e dimostrando il proprio disprezzo verso Vicenza e i suoi abitanti.

Presidio Permanente, Vicenza, 24 novembre 2008

domenica 23 novembre 2008

Da alcuni compagn* di Bari

Pubblichiamo volentieri un volantino-comunicato di un gruppo di Compagn* di bari.
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Gruppo Anarchico "Carlo Cafiero"
- Siamo Anarchici perché vogliamo la Libertà -
- Siamo Comunisti perché vogliamo la Solidarietà e l’Uguaglianza -
ga_cafiero_bari@autistici.org Bari, Novembre 2008
IL CAPITALISMO RUBA IL FUTURO ALL´INTERA UMANITA´!
NON PAGHIAMO I DANNI DELLA SUA CRISI
PER GARANTIRE LA RICCHEZZA DI POCHI!
COSTRUIAMO UN ALTRO FUTURO POSSIBILE:
AUTORGANIZZAZIONE E AUTOGESTIONE SOCIALE!
Le lotte dal basso contro i tagli e la privatizzazione dell´istruzione pubblica, sono state una prima risposta spontanea e non ideologizzata alle conseguenze della grave crisi economica del libero mercato capitalistico, che il governo autoritario e piduista di Berlusconi cerca di far pagare agli strati sociali più deboli, con la disoccupazione, la precarietà, il lavoro nero per le popolazioni locali e per gli immigrati, tagliando i salari e le spese per i servizi sociali, negando libertà e diritti per tutti.
Il modello capitalistico globalizzato, con lo sfruttamento selvaggio di miliardi di esseri umani e delle risorse energetiche, per una crescita inarrestabile dei profitti e delle ricchezze per pochi, sta portando al collasso ambientale ed economico l´intero pianeta, e a condizioni di vita drammatiche e insostenibili, aggravate dalle "guerre dei ricchi", promosse dai governi o dai gruppi terroristici internazionali.
La nuova crisi economica, come quella del 1929, frutto del fallimento del capitalismo globalizzato - al quale si sono convertiti anche i partiti di sinistra e che, dopo la caduta del "falso comunismo" dei regimi stalinisti dell´est e la conversione capital-comunista della Cina, avrebbe dovuto portare democrazia, benessere e prosperità per tutti - ancora una volta viene fatta pagare ai lavoratori, alle giovani generazioni, agli immigrati. I Governi di centro-destra e di centro-sinistra non differiscono molto nelle loro politiche antipopolari.
In questo scenario è necessario saldare le lotte contro i tagli sociali, alle lotte dei lavoratori e dei precari contro la crisi, per la salvaguardia di un futuro per tutti e la crescita dei salari dei meno garantiti: NO AL PRIMATO DELL´ECONOMIA SULLA SOCIETÀ, SI AL PRIMATO DEI BISOGNI SOCIALI IN UN SISTEMA ECONOMICO SENZA PROFITTO E SENZA SFRUTTAMENTO DELL’UOMO SULL’UOMO.
La visione libertaria della società
Il Federalismo anarchico e la Solidarietà sono elementi di autonomia e fraternità nell’uguaglianza:
 il federalismo solidale permette la redistribuzione delle risorse tra aree ricche e aree povere;
 la solidarietà verticale, come teorizzata da Proudhon in poi in ambito libertario, ha alla base strutture assembleari e di partecipazione di tutti alla gestione della politica, strutture che si basano sull'autogestione e il rifiuto della delega, e si federano via via in livelli territorialmente più ampi;
 il principio di solidarietà orizzontale, come dimostrato dalle esperienze autogestionarie della Spagna del 1936-39, o l'esperienza del cooperativismo delle leghe contadine, delle società di mutuo soccorso, delle Case del Popolo, è strumento di autogoverno e partecipazione, di iniziativa di tutti alla gestione solidale dei servizi in una visione armonica della società, fondata sulla libertà di educazione, sul pluralismo in campo religioso, sul rifiuto della divisione per etnie, razze, censo.

 Fermiamo la demolizione dell´Istruzione pubblica e le privatizzazioni dei servizi sociali.
 Lottiamo per affermare il vero principio di sussidiarietà: "da ognuno secondo le proprie forze, a ognuno secondo i propri bisogni".
 Riprendiamo nelle nostre mani, senza delegare ai politicanti di mestiere, la Vita, la Politica e la Società.
Costruiamo insieme un Coordinamento Libertario e Anarchico di terra di Bari.
(per contatti ga_cafiero_bari@autistici.org)

lunedì 17 novembre 2008

Comunicato comunista anarchico sulla crisi economica globale e sul G20

1. L’attuale crisi è tipica delle crisi che con regolarità colpiscono l’economia capitalista. La “sovrapproduzione”, le speculazioni ed i successivi collassi sono inerenti al sistema. (Come ha notato fra gli altri Alexander Berkman, ciò che gli economisti capitalisti chiamano sovrapproduzione è in realtà sottoconsumo: il capitalismo impedisce a grandi numeri di persone di trovare la soddisfazione dei propri bisogni, minando così i propri mercati.)

2. Qualsiasi soluzione alla crisi che i capitalisti ed i governi possano ideare rimarrà una soluzione all’interno del capitalismo. Non sarà una soluzione per le classi popolari. Infatti, così come in ogni crisi, a pagare saranno i lavoratori ed i poveri, mentre il capitale finanziario si salva con ingenti somme di denaro. Si tratta di una situazione che con ogni probabilità continuerà. Nessun cambiamento all’interno del capitalismo può risolvere i problemi delle classi popolari; ancor meno potrebbe giungere una tale soluzione da un singolo politico quale Barack Obama. Il di più che tali politici riescono a fare è svolgere un ruolo nell’offrire una via d’uscita ai capitalisti, e forse lasciare qualche briciola alle classi lavoratrici.

3. Il salvataggio delle banche dimostra non solo quali interessi lo Stato serve, ma anche la propensione del tutto pretestuosa dei capitalisti ad ergersi quali difensori del libero mercato. I capitalisti hanno sempre parteggiato per i mercati quando sta comodo a loro, e per la regolamentazione statale e i sussidi quando gli servono. Il capitalismo non avrebbe mai potuto esistere senza il sostegno dello Stato.

4. Negli USA, nel Regno Unito ed altrove, il salvataggio delle banche prende la forma di nazionalizzazione degli istituti finanziari, con il pieno approvazione del capitale. Ciò dimostra che i capitalisti non hanno alcun problema rispetto alla proprietà statale, e che la nazionalizzazione non ha niente a che fare con il socialismo. Anch’essa può essere un buon modo per turlupinare la classe lavoratrice. Dovremmo essere noi a prendere il controllo sull’economia e non lo Stato.

5. A causa della globalizzazione del capitale sotto il neoliberismo, la classe dominante riconosce che anche la soluzione non può che essere globale. Il G20 si riunisce dal 15 novembre per discutere la crisi ed è un fatto significativo. I capi degli USA, dell’Europa e del Giappone cominciano a capire che non possono affrontare il problema da soli; che oltre a se stessi, hanno bisogno delle altre potenze, in particolare della Cina (che sta per diventare uno dei massimi produttori industriali ed è prossimo a diventare la terza economia del mondo). Anche l’India, il Brasile ed altre economie “emergenti” avranno un posto al tavolo. Potrebbe essere questo il riconoscimento – già sussurrato da qualche anno – che le decisioni economiche al mondo d’oggi non possono essere prese dal solo G8. E’ probabile che si tratti di un cambiamento nella gestione del sistema economico globale.

6. Non poniamo le nostre speranze nell’inclusione delle nuove potenze capitaliste. Il governo cinese si spaccia per socialista; altri, quali Lula del Brasile e Motlanthe del Sud Africa, si spacciano per campioni dei poveri. Ma sono tutti difensori del capitalismo, sfruttatori e oppressori dei loro popoli, e sempre più sfruttatori imperialisti o sub-imperialisti di altri popoli.

7. Le classi popolari devono mobilitarsi, se si vuole che questa crisi non porti ad una totale sconfitta per le classi popolari di tutto il mondo, alla povertà, allo sfruttamento ed alla guerra. Rivendichiamo il salvataggio, non dei capitalisti, ma di noi stessi. Noi comunisti anarchici ci batteremo perché chi ha comprato casa con un mutuo subprime possa essere salvato e possa tenersi la casa. Continueremo a sostenere e ad impegnarci nelle lotte per il lavoro con uno stipendio migliore, per la riduzione dell’orario di lavoro, per la casa, per i servizi pubblici, per la sanità pubblica, per il welfare e la scuola pubblica, per la protezione dell’ambiente. Ci battiamo per mettere fine alle guerre imperialiste ed alla repressione che colpisce la nostra classe e le sue lotte.

8. Queste rivendicazioni vengono fatte ora in risposta alla riunione del G20, ma continueremo a farle in futuro. Attraverso tali rivendicazioni ed attraverso l’azione diretta possiamo realizzarle, e lavoreremo verso la costruzione di un movimento globale delle classi popolari che possa porre fine al capitalismo, allo Stato e alle crisi che questi creano.

Firme:

Alternative Libertaire (Francia)
Federazione dei Comunisti Anarchici (Italia)
Melbourne Anarchist Communist Group (Australia)
Zabalaza Anarchist Communist Front (Sud Africa)
Federação Anarquista do Rio de Janeiro (Brasile)


Link esterno: http://www.anarkismo.net

martedì 11 novembre 2008

Comunicato Commissione Sindacale FdCA

NOI LA CRISI NON LA PAGHIAMO
ALLARGARE IL CONFLITTO
INTRECCIARE LE LOTTE
VERSO LO SCIOPERO GENERALE

La crisi della finanza mondiale crea ogni giorno nuovi record negativi, mentre i governi ripetono in modo insistente che bisogna avere fiducia perché non è tutto finito, che si risolverà nel miglior dei modi. Intanto gli Stati finanziano le banche per non farle fallire e finanziano le imprese senza nessuna garanzia per l'occupazione e per i salari.
Questa crisi finanziaria da tempo annunciata è stata causata da un mercato privo di regole, completamente in mano alla speculazione, dalla mancanza di controlli nel settore bancario, conseguenze delle scelte neoliberiste a livello mondiale. La politica dei bassi salari, la sconfitta del movimento operaio, hanno ridotto le capacità di espansione del mercato di beni e servizi e la crisi finanziaria è divenuta quella del proletariato che paga già questa congiuntura economica con la riduzione in povertà. La classe media si assottiglia sempre di più e diventa sempre più povera mentre i ricchi diventano sempre più ricchi. In questo panorama disastroso, l'Italia è il paese -tra quelli cosiddetti sviluppati- dove più forte si fa la diseguaglianza e più accentuata è la riduzione in povertà. Mentre il nostro paese è in piena crisi sia finanziaria che reale il governo italiano continua a ripetere che la nostra economia è forte, è sana. Ma una violenta fase recessiva è iniziata e molte aziende chiudono. Le scelte della finanziaria vedi (legge 133/08) approvata col voto di fiducia si caratterizza per tagli a sanità, scuola, università, ministeri, per l'accentuazione delle norme relative alla flessibilità del mercato del lavoro e per l'imposizione di un tasso dell’inflazione programmata particolarmente basso.
C’è stato in questi 15 anni uno spostamento costante della ricchezza dai salari alla rendita e ai profitti, con una dinamica delle retribuzioni nette inferiore a quella inflazionistica – senza redistribuire la ricchezza prodotta (il PIL) e con un crescente impoverimento relativo dei lavoratori, che si è tradotto in un impoverimento assoluto di tutta la società.
E’ cresciuta in questo modo la sperequazione dei salari e con essa il peggioramento delle condizioni di lavoro a partire dai soggetti più esposti nel mercato del lavoro: le donne cui continua ad essere negata la parità d’accesso, di retribuzione, d’inquadramento; i giovani, gli ultra50enni, i migranti, le aree territoriali di buona parte del Mezzogiorno, ma anche alcune zone delle regioni più ricche sono nella morsa della crisi. Precarietà e povertà salariale mettono in discussione conquiste storiche del movimento sindacale in Italia. Si pone, più di prima, una questione della democrazia e dei diritti nei luoghi di lavoro e non solo. La precarietà è il paradigma del modello sociale neoliberista nell’epoca della globalizzazione, è la chiave di lettura del disagio sociale ed esistenziale della condizione dei giovani, delle donne, degli anziani.
Lo stato di precarietà generalizzata nel mondo del lavoro viene coniugato con un altrettanto stato di precarietà sociale prefigurato nel Libro Verde del confindustriale ministro Sacconi. Qui si intende introdurre un welfare negoziale fortemente legato al principio di sussidiarietà ed innalzare l'età pensionabile, con la collusione del sindacato, il quale viene chiamato -attraverso la generalizzazione degli enti bilateriali- a individualizzare i contratti di lavoro, a favorire l'azionariato aziendale tra i dipendenti, a puntare sul contratto territoriale, a prevenire e sanzionare la conflittualità, limitando il diritto di sciopero in un clima di repressione e fascismo aziendale già all'opera. Su questa strada, del tutto convergente con la revisione della contrattazione imposta da Confindustria, si sono già collocate CISL e UIL in compagnia della UGL.
Si coglie così l'occasione della crisi finanziaria per accentuare le politiche di deregolamentazione di diritti e tutele dei lavoratori, per accentuare gli effetti già negativi delle privatizzazioni nei servizi pubblici, per spingere in uno stato di soggezione economica e precarietà occupazionale la classe lavoratrice. Gli scioperi ed il movimento composito di lavoratori insegnanti-studenti-lavoratori genitori che dal 15 settembre stra attraversando le scuole e l'università, le mobilitazioni spontanee nelle fabbriche in mobilità e in Alitalia indicano chiaramente che la direzione da prendere è quella di sottrarsi all'abbraccio mortale di una sottomissione sindacale alle scelte governative e di Confindustria, di respingere soluzioni quali la detassazione degli straordinari e dei premi di produttività individuali, di impedire che la chiusura delle aziende diventi l'orlo del baratro della precarietà generalizzata per i lavoratori italiani e motivo per ritirare il permesso di soggiorno ai nuovi cittadini.
Si tratta di imboccare un percorso decisamente opposto, un percorso indicato già dagli scioperi del sindacalismo di base e dal movimento della scuola/università nel mese di ottobre. Su questa strada, sembra fare di necessità virtù la CGIL, all'interno della quale stanno maturando scelte e indicazioni di discontinuità con la linea precedente, che costringeranno anche la burocrazia sindacale ancora legata alle ricette concertative a fare i conti con i morsi della crisi. La mobilitazione nella scuola, il sostegno alle manifestazioni nelle fabbriche in mobilità, il rifiuto di firmare il contratto del commercio ed il lodo sul pubblico impiego, l'indisponibilità a sottoscrivere le norme sulla contrattazione imposte dalla Confindustria, costituiscono atti di una ritrovata autonomia -non è mai troppo tardi- che fanno dello sciopero dei metalmeccanici della FIOM del 12 dicembre una scadenza su cui far comvergere quanta più energia di lotta possibile e ridare fiducia ad una prassi sindacale conflittuale e partecipativa.
Occorre fare del 12 dicembre, data di per sè emblematica della strage di Piazza Fontana di 39 anni fa, una giornata di lotta, di mobilitazione e di sciopero che coinvolga tutte le categorie, tutti i settori lavorativi, tutti i sindacati che si oppongono ai costi della crisi ed ai provvedimenti del governo, tutto il mondo dell'associazionismo alternativo e di base, dei centri sociali autogestiti, delle organizzazioni politiche della sinistra comunista e del movimento anarchico, in una dimostrazione di solidarietà tra lavoratori ancora stabili e precari, tra italiani e nuovi cittadini, una dimostrazione di unità di classe e di democrazia diretta. Uno sciopero generale sindacale e sociale, politico e di classe che imponga i rapporti di forza per
- il ritiro della Legge 133 e delle sue nefaste applicazioni nel mondo del lavoro e del welfare
- la salvaguardia e la redistribuzione delle risorse pubbliche a favore dello stato sociale, del taglio delle spese militari e del ritiro dell'Italia da tutte le missioni militari di finta pace
- il sostegno ai salari, agli stipendi, alle pensioni tramite il recupero dell'eccesso di tasse pagate sui redditi (drenaggio fiscale), la riduzione del carico fiscale sulle retribuzioni, aumenti salariali sganciati dalla produttività, aumenti salariali al livello del tasso interbancario Euribor (+1!!)
- la salvaguardia dei posti di lavoro per tutti i lavoratori/trici a tempo indeterminato e a tempo determinato, migranti ed italiani, rifinanziamento ed utilizzo della Cassa Integrazione Guadagni (CIG) e del sussidio di disoccupazione con assegno al 100% senza limiti di tempo; la riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario
- controllo dal basso sulla contrattazione e vigilanza contro il fascismo aziendale attraverso strutture assembleari nei posti di lavoro.
La FdCA sostiene lo sciopero del 12 dicembre della FIOM ed invita le altre organizzazioni di categoria, le camere del lavoro e la confederazione della CGIL, le organizzazioni confederali e di categoria del sindacalismo di base ad indire lo sciopero generale per la stessa data e per riaprire una nuova stagione di conflittualità e di partecipazione popolare per maggiore uguaglianza sociale in maggiori spazi di libertà.
FdCA - Commissione Sindacale
Cremona, 8 novembre 2008

lunedì 3 novembre 2008

Comunicato FdCA sul 4 Novembre

90 ANNI FA FINIVA IL MASSACRO
DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
OGGI, 4 NOVEMBRE 2008, NON FESTA MA LUTTO


90 anni fa a Villa Giusti l'Austria si arrendeva all'Italia. Era la vittoria! La prima guerra mondiale per l’Italia era finita!
Una guerra non voluta dai lavoratori e imposta con la forza dallo stato italiano.

Chi si ricorda in questi giorni che nel 1915 a Milano, Roma, Torino e altre località ci furono manifestazioni di massa contro la guerra?
Che a Torino 100mila operai in sciopero si scontrarono con la polizia e le truppe in una lotta durata due giorni?

Era chiaro che i lavoratori non volevano essere carne da cannone, non intendevano pagare i costi di una guerra imposta dalla borghesia, dagli industriali, dalle alte gerarchie dell'esercito.
Eppure chi dirà in questi giorni che durante la guerra ci furono un milione di processi per diserzione, efferate decimazioni nei battaglioni, 4mila arresti per manifestazioni contro la guerra?
Che a Torino nel 1917 il popolo insorse ancora per 7 giorni contro l'aumento dei prezzi e per il pane e per la pace?

In questi giorni si festeggia ipocritamente la “vittoria”: una vittoria pagata con 680.000 morti, due milioni tra feriti, mutilati e prigionieri, tutti lavoratori mandati al macello contro altri lavoratori di altri paesi; alla fine il totale sarà di 15 milioni di lavoratori uccisi.
Proletari a cui avevano detto di combattere per le loro patrie: e così furono ingannati.
Il vero nemico marciava invece alla loro testa, pianificava il massacro alle loro spalle nei quartieri generali delle retrovie.

In questi giorni lo stato italiano festeggia quella tragedia con discorsi, commemorazioni, parate militari, visite ai cimiteri di guerra, elogi al valore dei soldati italiani morti per la patria., lezioni specifiche nelle scuole, esposizione per decreto del ministro La Russa della bandiera italiana che poi negli uffici pubblici è sempre esposta!

Le parole commosse e l’esaltazione dell’eroismo da parte di uomini di governo e militari non ci devono ingannare: la patria ed il nazionalismo sono invenzioni per mettere i lavoratori di tutto il mondo gli uni contro gli altri, per poter disporre di un esercito che controlli il territorio, che difenda gli interessi economici dell’imperialismo ovunque oggi la guerra impone la distruzione, in Iraq come in Afghanistan, nel Caucaso come nel Tibet, in Africa come in Libano e Palestina, producendo milioni di profughi, miseria e macerie, disoccupazione ed emigrazione.

90 ANNI DOPO, IL 4 NOVEMBRE SIA GIORNATA PER IL RIPUDIO DELLA GUERRA, PER LA DIFFUSIONE DELL’ANTIMILITARISMO E DELLA NON VIOLENZA TRA I POPOLI, PER IL CESSATE IL FUOCO E LA SMILITARIZZAZIONE DI TUTTE LE ZONE DI GUERRA, PER IL RITIRO DELL’ESERCITO ITALIANO E DI TUTTI GLI ESERCITI DALLE FINTE OPERAZIONI DI PACE.

4 NOVEMBRE 2008, BANDIERE A MEZZ’ASTA, PIANGIAMO I MARTIRI DELLA BARBARIE DEL CAPITALISMO, DEL NAZIONALISMO E DEL MILITARISMO. PACE E SOLIDARIETA’ TRA I LAVORATORI DI TUTTO IL MONDO, LOTTA INTERNAZIONALE ALLO SFRUTTAMENTO ED ALLA POVERTA’.

Federazione dei Comunisti Anarchici

sabato 1 novembre 2008

Solidarietà agli operai e impiegati della INNSE Presse

Mentre i Padroni di tutti i settori si stanno litigando come avvoltoi le ultime spoglie del welfare italiano. Mentre lo Stato, fedele lacchè di sfruttatori e parassiti, ruba le risorse dei lavoratori per salvare il culo ai peggiori speculatori che la storia del capitalismo abbia conosciuto. Ci sono operai e impiegati che difendono strenuamente il loro posto di lavoro come unico sostentamento della loro vita e quella dei loro famigliari. Niente da dire se non che sia l'ennesima prova di come il capitalismo non abbia alcun interesse a valorizzare il lavoro umano. Ai padroni interessa solo fare denaro, nella maniera più semplice e veloce possibile, e poco importa se per fare questo passano come un rullo compressore su tutto e tutti.

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DAGLI OPERAI DELLA INNSE PRESSE

Ven 31 Ott 2008 11:57 am

Siamo i 50 dipendenti di INNSE, purtroppo divenutí 49 in seguito alla scomparsa del caro compagno Gîuseppe stroncato lunedì 21 Luglío da un infarto causato probabilmente dalla stressante situazione degli ultímí periodi.
Dopo aver rícevuto le raccomandate dalla nostra azienda in data 31 Maggio che sancivano ´apertura della procedura di mobilità, ci síamo radunatí davantí ai cancelli chiusi della fabbríca e dopo aver eluso la sorveglianza di polizia,vígílantes prívatí e tirapiedi del padrone abbiamo occupato lo stabilimento e proclamao assemblea permanente.
Proseguíamo le lavorazioní in corso, incontriamo i clienti auto-gestendo così ormai da due mesi, la produzíone e i servizi, auto-finanzíandocí persino la mensa, presidiandola gîorno, notte e festívi...

Questa officina è produttiva, lo è sempre stata, nonostante qualcuno ne dica il contrario, e´ l´unica risorsa per noi e le nostre famiglie, e siamo determinati a difenderla fino alle estreme conseguenze.
Il parone Silvano Genta la acquisto´ due anni or sono dalla amministrazione controllata ottenendo sgravi e prezzi stracciati dichiarando nelle sedi istituzionali della provincia di volerla rilanciare.. ..

Oggí scopriamo la realta´ dei fatti... In collusione con AEDES, la proprieta´ delterreno, vuole sbatterci fuori, vogliono farsi beffa persino del piano regolatore che sancisce l´area come "industriale" e non edificabile fintanto ci sia un insediamento produttivo.
Vogliono rottamare un importante monumento dell´industria milanese, una fabbrica che ha lunga storia e valori da tramandare, che fu tra i simboli della resistenza pagandone alto prezzo in termini di vite umane.

Ancora una volta gli interessi dei padroni tentano di schiacciare gli operai, gli interessi dei palazzinari e dellebanche vogliono farla da padroni in un paese dove vendere case e fare mutui sidimostra l´ultima frontiera del nuovo schiavismo. E nessuno e´ in grado di fermarli.
Genta ha concluso la procedura licenziandoci tutti il 25 Agosto, pur avendo davanti un industriale bresciano pronto a rilevare la INNSE. La commissione regionale non hapotuto far altro che registrare il mancato accordo ed aprire la mobilita´. A cosa serve la commissione regionale e´ la domanda che ci facciamo tutti.

Abbiamo chiesto al prefetto di imporre a Genta la sospensione dei licenziamenti in attesa dell´incontro di Roma del 2 Settembre, non ha potuto farlo. Anche il piu´ scalcinato ed irregolare padrone ha piu´ potere di qualunque istituzione, e´ una amara scoperta.

La riunione al Ministero dello Sviluppo Economico doveva aprire la trattativa fra il vecchio ed il nuovo padrone ma non e´ servita nemmeno a far ritirare i licenziamenti.
Genta ha detto no anche al Ministero. Una nuova riunione viene convocata per il 12 Settembre a Roma, noi abbiamo continuato a lavorare anche se licenziati.
Il giorno 10 Settembre, giorno di paga, non arriva un euro, eppure nella lettera di licenziamento e´ scritto che avrebbe pagato il preavviso. La risposta e´ immediata, blocco di via Rubattino per tutto il giorno.
Genta non solo non paga ma si rifiuta divenire a Roma al Ministero, salta la riunione del 12.

All´alba del 17 Settembre alle 05:30 la forza pubblica entra in fabbrica mette alla porta gli operai che presidiavano lo stabilimento di notte, blocca l´entrata del primo turno. La fabbrica e´ messa sotto sequestro. Un fatto nuovo, agli operai viene impedito con la forza il "poter lavorare".
Un crollo verticale della credibilita´ ditutte le tanto decantate "politiche del lavoro", un crollo della credibilita´ delle istituzioni politiche che non riescono a fermare un padrone come Genta. Ora siamo inmezzo alla strada, davanti ai cancelli della fabbrica.
Noi siamo fuori ma e´ fuori anche Genta, come si risolvera´ e´ ancora tutto da vedere. Noi resisteremo.

Fine ottobre: da un mese e mezzo siamo accampati vicino alla portineria. Presidiamo la fabbrica che è sotto sequestro. Non vogliamo che qualcuno metta le mani sui macchinari e smantelli l´officina. Intanto fra riunioni convocate e rinviate, la situazione di stallo continua.
Genta non vuole rinunciare al suo affare, vendersi le macchine e svuotare il capannone, stracciando tutti gli impegni della legge Prodi che gli ha permesso di acquisire lo stabilimento per quattro soldi.
Impegni che prevedevano "lo sviluppo" di INNSE. L´AEDES l´immobiliare spinge per avere l´area libera. Ora sono i palazzinari che chiudono la fabbrica.
ORMIS il potenziale acquirente, dichiara che è disposto ad acquisire ma la trattativa è ferma.
Le istituzioni continuano ad "attivarsi", ma il freddo è iniziato. Gli operai e gli impiegati sono decisi a resistere, arriverà la primavera.

Vogliono smantellare la INNSE... non lo permetteremo! !! Un´officina che chiude sono posti di lavoro persi per sempre.

Vi ringraziamo per lavostra solidarieta´, siatene orgogliosi.

Per inviare le sottoscrizioni raccolte:
Bollettino postale c/c n. 22264204
intestato a: Ass.Cult.ROBOTNIK ONLUS

Bonifico Bancario: IBAN IT 51 O 0760101600000022264 204
Causale: Lotta operai INNSE

Chi e´ di Milano o hinterland può consegnare direttamente le sottoscrizioni raccolte al presidio presente 24 ore al giorno sui cancelli della fabbrica. L´indirizzo è: via Rubattino 81 (dalla tangenziale est uscita via Rubattino, subito a destra).

RSU - Operai, Impiegati e famiglie della INNSE