domenica 28 dicembre 2008

Con la solidarietà e la lotta si difendono i diritti

Pubblichiamo un bell'esempio di lotta vinta grazie all'autorganizzazione e alla solidarietà fattiva tra i lavoratori e tra questi e gli studenti.
E' fondamentale ricordare sempre che Stato e padroni puntano prima di tutto alla divisione tra i lavoratori e che per questo sfruttano qualsiasi pretesto: razza, categoria, genere, religione. Tutto va bene per evitare quello che loro temono di più, ossia che i lavoratori, di qualsiasi razza, genere, credenza religiosa, si uniscano per difendere i loro diritti.
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Uniti si vince!ORIGGIO IN OGNI LUOGO DI LAVORO
La “lotta paga”, come dice il famoso adagio. E ha pagato ancora di più se si considera che a Origgio (Varese) si è consumata positivamente una battaglia che ha in sé caratteristiche che ne fanno un esempio di lotta globalizzata. Una lotta contro il lavoro e un tipo di struttura del lavoro particolare, che possiamo chiamare, senza ombra di dubbio, criminale, cioè quella delle cooperative, dove i diritti dei lavoratori spesso sono pure utopie. Poiché i lavoratori delle cooperative non sono formalmente dei dipendenti, ma “soci lavoratori”, non rispondono ai contratti collettivi di lavoro e sono alla mercé di chiunque: se alzano la testa, nella migliore delle ipotesi, vengono cacciati a calci. Spesso queste sedicenti “organizzazioni del lavoro” sono gestite da ex sindacalisti o comunque supportate dai sindacati confederali.La lotta alla Bennet di Origgio è stata anche una lotta antirazzista, dovedecine di lavoratori cingalesi, albanesi, filippini, africani, marocchini, italiani della cooperativa Leonardo e Giava (appartenenti al consorzio CAL) si sono uniti per combattere contro lo sfruttamento del lavoro, contro il potere dei caporali, contro la ghettizzazione categoriale, affermando una forte capacità auto-organizzativa e di vedere oltre i paraocchi della politica sindacale e politicante.Dopo il primo sciopero a fine giugno, che ha dato inizio alla partita, si sono moltiplicate le iniziative di sciopero e blocco dei cancelli. A luglio Dikson, iscritto allo Slai Cobas, viene fatto oggetto di una provocazione: un capo si finge aggredito e l´operaio viene licenziato pensando così di terrorizzare gli operai.Ma la paura non abita nei cuori dei lavoratori della Bennet: le iniziative di lotta si sono intensificate, fino ad arrivare a proclamare lo sciopero del cottimo, in un crescendo che ha portato all’atto finale di venerdì notte e sabato mattina. E sabato si è piegato il padrone, anzi i padroni, perché la lotta era sì contro la Leonardo e la Giava, ma anche contro la Bennett, che beneficia del lavoro super sfruttato delle cooperative.Il blocco dei cancelli iniziato venerdì 19 dicembre alle 21.00, era segnato dall’arrivo di un fax dell’azienda Bennett e della Leonardo che si impegnavano alla riassunzione di Dikson, l’operaio licenziato per rappresaglia.Tentativo tanto ingenuo quanto inutile di dividere i lavoratori, sperando così di fermare le lotte e chiudere per le “feste natalizie”. La risposta dei lavoratori è stata compatta e senza defezioni: blocco a oltranza per arrivare a trattare su una piattaforma vera, a 360 gradi.Alle 5/6 del mattino il picchetto dei lavoratori si è ingrossato a dismisura: sono arrivati lavoratori di altre fabbriche, studenti delle Università Statale e della Bicocca, lavoratori immigrati che avevano sentito parlare di questa LOTTA. Tutti i cancelli della Bennet sono stati presidiati: la fila dei TIR e camion che non potevano entrare si è ingrossata talmentetanto che si stavano intasando anche le arterie principali che vanno verso Milano.Ai camionisti la situazione è stata spiegata dai lavoratori individuando i veri responsabili, i padroni e sono stati invitati a venire a ristorarsi davanti ai cancelli.Pochi ci avrebbero scommesso, ma anche i camionisti hanno mantenuto un atteggiamento solidale e, anzi, si sono anche incazzati con la direzione che non voleva firmargli l’ordine di arrivo delle merci.Polizia e carabinieri non sapevano più che pesci prendere: dopo aver cercato per tutta la notte di provare a rompere l’unità dei lavoratori, ma non trovando il terreno disponibile ad uno scontro con i lavoratori, hanno praticamente sollevato il culo dei responsabili della Bennet e la Leonardo e li hanno portati prima al comando dei carabinieri e poi in fabbrica, dove è cominciata la trattativa con i lavoratori. Dikson, tra gli applausi, era tra i lavoratori al tavolo delle trattative. Intorno alle 12 i lavoratori e un compagno dello Slai Cobas sono scesi con la bozza di accordo che prevedeva la riassunzione di Dikson, la cacciata di due capi reparto responsabili di aver contribuito a creare un clima intimidatorio e razzista, circa 500 euro di una tantum (fino ad oggi bloccata da accordi firmati dai Confederali), diritto alla mensa, messa a norma dell'infermeria, riconoscimento dei diritti sindacali dei lavoratori e dei loro delegati eletti.L'unica nota parzialmente stonata è stata il misero aumento salariale ottenuto (40 centesimi all'ora): forse è mancato un pizzico di coraggio in più necessario a concretizzare maggiormente la trasformazione dei rapporti di forza che si è data sotto gli occhi di tutti; ma in ogni caso, anche quel piccolo aumento, ha avuto il suo significato politico: innanzitutto si tratta di un aumento extra-contrattuale (mediamente quello che CGIL-CISL-UIL ottengono in due anni a livello nazionale) e, soprattutto è stato definito sulla base di un principio di egualitarismo fra dipendenti di cooperative diverse e fra operai con mansioni differenti, cosa che fino ad oggi era stato motivo di astuta divisione tra lavoratori, operata dai padroni.Quindi non possiamo che salutare come una prima importante vittoria questo risultato.
Una lotta solidale, una lotta che sembrava folle solo a pensarla e che è diventata realtà solo grazie alla lucidità visionaria di attivisti sindacali, compagni di qualche centro sociale, del Comitato antirazzista milanese, degli studenti universitari, dei compagni di altre città. Compagni e compagne hanno capito ilfatto che a Origgio si giocava una partita che andava oltre i confini del luogo di lavoro e hanno deciso di stringersi intorno agli operai, mobilitarsi per estendere la lotta e sostenerla concretamente fino alla fine.Compagni e compagne di generazioni e con percorsi politici diversi, ma che sono riusciti a trovare l’unità su obiettivi finalmente concreti e condivisi e hanno quindi messo in campo una forza capace di favorire e moltiplicare la combattività.
Certo sappiamo che il percorso è appena all’inizio, ma adesso sappiamo anche che l’organizzazione dei padroni è “debole” e che i lavoratori uniti e auto-organizzati ce la possono fare.Origgio smuoverà sicuramente dinamiche di lotta “nuove” sul fronte delle cooperative e della capacità solidale e dell’auto organizzazione: sta anche a chi ci ha creduto fin dall'inizio, e per tutto il tempo necessario a vincere, dargli il valore che si merita.Sicuramente lavorando per realizzare in tempi rapidi una riunione cittadina con i lavoratori che servirà per approfondire e analizzare la situazione e dare forza ad un percorso che guarda con fiducia e determinazione ad una lotta generalizzata verso un mondo senza classi e sfruttamento.
Comitato Antirazzista milaneseinfo@antirazzistimilano.org
Origgio, 23 dicembre 2008

martedì 23 dicembre 2008

comunicato dalla grecia

Centinaia di soldati dei 42 campi dell'esercito dichiarano:

CI RIFIUTIAMO DI DIVENTARE UNA FORZA DI TERRORE E DI REPRESSIONE CONTRO LE MOBILITAZIONI;
APPOGGIAMO LA LOTTA DEGLI STUDENTI DI SCUOLA/UNIVERSITA' E DEI LAVORATORI.

> Siamo dei soldati da ogni parte della Grecia [è necessario qui osservare
> che in Grecia è ancora in vigore la coscrizione e che riguarda tutti i greci
> maschi; la maggior parte o forse anche tutte le persone che firmano questo
> sono legati al popolo che al momento stanno servendo nel servizio militare
> obbligatorio - non reclute dell'esercito]. Soldati ai quali, a Hania, è
> stato ordinato di opporsi a studenti universitari, lavoratori e combattenti
> del movimento movimento antimilitarista portando le nostre armi e poco tempo
> fa.
> [Soldati] che portano il peso delle riforme e della "preparazione"
> dell'esercito greco.
> [Soldati che] vivono tutti i giorni attraverso l'oppressione ideologica del
> militarismo, del nazionalismo dello sfruttamento non retribuito e della
> sottomissione ai "[nostri] superiori". Nei campi dell'esercito [nei quali
> serviamo], sentiamo di un altro "incidente isolato": la morte, provocata
> dall'arma di un poliziotto, di un quindicenne di nome Alexis. Sentiamo di
> lui negli slogan portati sopra le mura esterne del campo come un tuono
> lontano.
> Non sono stati chiamati incidenti anche la morte di tre nostri colleghi in
> agosto? Non è stata pure chiamata un incidente isolato la morte di ciascuno
> dei 42 soldati che sono morti negli ultimi tre anni e mezzo? Sentiamo che
> Atene, Thessalonica ed un sempre crescente numero di città in Grecia sono
> diventate campi di agitazione sociale, campi dove viene recitato fino in
> fondo il risentimento di migliaia di giovani, di lavoratori e di
> disoccupati.
> Vestiti con uniformi dell'esercito ed "abbigliamento da lavoro", facendo la
> guardia al campo o correndo per commissioni, facendo i servitori dei
> "superiori", ci troviamo ancora lì [in quegli stessi campi]. Abbiamo
> vissuto, come studenti universitari, come lavoratori e come disperatamente
> disoccupati, le loro "pentole d'argilla", i "ritorni di fiamma accidentali",
> i "proiettili deviati", la disperazione della precarietà, dello
> sfruttamento, dei licenziamenti e dei procedimenti giudiziari.
> Ascoltiamo i mormorii e le insinuazioni degli ufficiali dell'esercito,
> ascoltiamo le minacce del governo, rese pubbliche, sull'imposizione dello
> "stato d'allarme". Sappiamo molto bene cosa ciò significhi. Viviamo
> attraverso l'intensificazione [del lavoro], aumentate mansioni
> [dell'esercito], condizioni estreme con un dito sul grilletto. Ieri ci è
> stato ordinato di stare attenti e di "tenere gli occhi aperti".
> Ci chiediamo: A CHI CI AVETE ORDINATO DI STARE ATTENTI?
> Oggi ci è stato ordinato di stare pronti ed in allarme.
> Ci chiediamo? VERSO CHI DOVREMMO STARE IN ALLARME?
> Ci avete ordinato di stare pronti a far osservare lo stato di ALLARME:
> . Distribuzione di armi cariche in certe unità dell'Attica [dove si trova
> Atene] accompagnata anche dall'ordine di usarle contro i civili se
> minacciate. (per esempio, una unità dell'esercito a Menidi, vicino agli
> attacchi contro la stazione di polizia di Zephiri)
> . Distribuzione di baionette ai soldati ad Evros [lungo la frontiera turca]
> . Infondere la paura nei dimostranti spostando i plotoni nell'area
> periferica dei campi dell'esercito
> . Spostare per protezione i veicoli della polizia nei campi dell'esercito a
> Nayplio-Tripoli-Korinthos
> . Il "confronto" da parte del maggiore I. Konstantaros nel campo di
> addestramento per reclute di Thiva riguardo l'identificazione di soldati con
> negozianti la cui proprietà è stata danneggiata
> . Distribuzione di proiettili di plastica nel campo di addestramento per
> reclute di Corinto e l'ordine di sparare contro i nostri concittadini se si
> muovessero "minacciosamente" (nei riguardi di chi???)
> . Disporre una unità speciale alla statua del "Milite ignoto" giusto di
> fronte ai dimostranti sabato 13 dicembre come pure mettere in posizione i
> soldati del campo di addestramento per reclute di Nayplio contro la
> manifestazione dei lavoratori
> . Minacciare i cittadini con Unità Operazioni Speciali dalla Germania e
> dall'Italia - nel ruolo di un esercito di occupazione - rivelando così il
> vero volto anti-lavoratori/autoritario della U.E. La polizia che spara
> prendendo a bersaglio le rivolte sociali presenti e future. E' per questo
> che preparano un esercito che assuma i compiti di una forza di polizia e la
> società ad accettare il ritorno all'esercito del totalitarismo riformato. Ci
> stanno preparando ad opporci ai nostri amici, ai nostri conoscenti ed ai
> nostri fratelli e sorelle. Ci stanno preparando ad opporci ai nostri
> precedenti e futuri colleghi al lavoro ed a scuola.
> Questa sequenza di misure dimostra che la leadership dell'esercito, della
> polizia e l'approvazione di Hinofotis (ex membro dell'esercito
> professionale, attualmente vice ministro degli interni, responsabile per
> "agitazioni" interne), del QG dell'esercito, dell'intero governo, delle
> direttive della U.E., dei negozianti-come-cittadini-infuriati e dei gruppi
> di estrema destra mirano ad utilizzare le forze armate come un esercito di
> occupazione - non ci chiamate "corpo di pace" quando ci mandate all'estero a
> fare esattamente le stesse cose? - nelle città dove siamo cresciuti, nei
> quartieri e nelle strade dove abbiamo camminato.
> La leadership politica e militare dimentica che siamo parte della stessa
> gioventù. Dimenticano che siamo carne della carne di una gioventù che sta di
> fronte al deserto del reale all'interno ed all'esterno dei campi
> dell'esercito. Di una gioventù che è furibonda, non sottomessa e, ancora più
> importante, SENZA PAURA.
> SIAMO CIVILI IN UNIFORME. Non accetteremo di diventare strumenti gratuiti
> della paura che alcuni cercano di instillare nella società come uno
> spaventapasseri. Non accetteremo di diventare una forza di repressione e di
> terrore. Non ci opporremo al popolo con il quale dividiamo quegli stessi
> timori, bisogni e desideri/lo stesso futuro comune, gli stessi pericoli e le
> stesse speranze.
> CI RIFIUTIAMO DI SCENDERE IN STRADA PER CONTO DI QUALSIASI STATO D'ALLARME
> CONTRO I NOSTRI FRATELLI E SORELLE.
> Come gioventù in uniforme, esprimiamo la nostra solidarietà al popolo che
> lotta e urliamo che non diventeremo delle pedine dello stato di polizia e
> della repressione di stato. Non ci opporremo mai al nostro popolo. Non
> permetteremo nei corpi dell'esercito l'imposizione di una situazione che
> ricordi i "giorni del 1967" [quando l'esercito greco ha effettuato il suo
> ultimo colpo di stato].

mercoledì 17 dicembre 2008

Grecia: Sede sindacale occupata dai lavoratori

Sede sindacale occupata ad Atene

La sede della Confederazione Generale del Lavoro della Grecia (GSEE, affiliata CSI) ad Atene è stata occupata dai lavoratori, che hanno rilasciato un comunicato in cui dicono che le loro azioni hanno lo scopo di "sfatare il mito generato dai media che i lavoratori non avrebbero partecipato agli scontri e che la rabbia di questi giorni sarebbe dovuta a qualche centinaia di 'mascherati', 'teppisti' ed altre favole simili". Gli striscioni appesi davanti al palazzo dicono: "Dagli 'incidenti' sul lavoro agli assassinii a sangue fredda - lo Stato/Capitale uccide!"; "Nessuna persecuzione! Rilascio immediato di tutti gli arrestati!"; "Sciopero Generale!"; "L'autorganizzazione dei lavoratori sarà la tomba dei padroni!".

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Communicato No.1

"O saremo noi a determinare la nostra storia o lasceremo che la si determini senza di noi"


Noi operai, impiegati, disoccupati, precari, greci o migranti, non ce ne stiamo davanti ai televisori, passivi. Dall'assassinio di Alexandros Grigoropoulos la notte di sabato, abbiamo partecipato alle manifestazioni, agli scontri con la polizia, alle occupazioni al centro e nei quartieri. Abbiamo spesso dovuto lasciare i nostri posti di lavoro ed i nostri obblighi quotidiani per poter scendere in piazza con gli studenti delle scuole superiori e delle università e con gli altri proletari in lotta.

Abbiamo deciso di occupare la sede della GSEE:

* per trasformarla in un luogo di libera espressione e di incontro per tutti i lavoratori;

* per sfatare il mito generato dai media che i lavoratori non avrebbero partecipato agli scontri e che la rabbia di questi giorni sarebbe dovuta a qualche centinaia di "mascherati", "teppisti" ed altre favole simili, mentre sugli schermi dei telegiornali i lavoratori venivano presentati come le vittime degli scontri, e mentre la crisi del capitalismo in Grecia e in tutto il mondo porta a innumerevoli esuberi e che i media tratta come "fenomeno naturale";

* per svergognare e denunciare il ruolo della burocrazia sindacale nel minare l'insurrezione, e non solo. La GSEE e l'intero meccanismo sindacale che la sostiene da decenni, mina tutte le lotte, svende la nostra forza lavoro in scambio di briciole, perpetua il sistema di sfruttamento e schiavitù salariale. La posizione della GSEE mercoledì scorso è indicativa: la GSEE ha cancellato la manifestazione programmata dei lavoratori in sciopero generale, limitandosi all'organizzazione di un breve incontro in Piazza Syntagma e assicurandosi che la gente andasse via subito dopo, per paura che potesse essere infettata dal virus dell'insurrezione;

* per aprire questo spazio per la prima volta - come continuazione dell'apertura sociale creata dalla stessa insurrezione -, uno spazio che è stato costruito con i nostri contributi, uno spazio dal quale eravamo esclusi. In tutti questi anni abbiamo affidato il nostro futuro ai salvatori di ogni genere e siamo sempre finiti col perdere la nostra dignità. Come lavoratori, dobbiamo cominciare ad assumere le nostre responsabilità e porre fine al sistema di assegnare le nostre speranze a capi "saggi" o rappresentanti "abili". Dobbiamo acquisire la nostra propria voce, intenderci, discutere, decidere e... agire. Resisteremo contro l'attacco generalizzato. E l'unico modo e tramite la creazione della resistenza collettiva di base;

* per propagare l'idea dell'autorganizzazione e della solidarietà nei luoghi di lavoro, nei comitati di lotta e negli organismi di base, e abolire i burocrati sindacali.

In tutti questi anni abbiamo conosciuto solo la miseria, l'arruffianamento e la violenza sul lavoro. Ci siamo abituati a contare i nostri invalidi e i nostri morti: a causa dei cosiddetti "incidenti" di lavoro. Ci siamo abituati a ignorare i morti dei migranti - i nostri fratelli di classe. Ora siamo stanchi di vivere con l'ansia di assicurarci uno stipendio, di pagare i contributi, con la promessa di una pensione che ora ci sembra un sogno dell'aldilà.

Così come lottiamo per non abbandonare le nostre vite ai padroni e ai burocrati sindacali, non abbandoneremo alcun insorto arrestato allo Stato e al meccanismo giuridico.

Rilascio immediato degli arrestati!
Nessuna accusa agli arrestati!
Autorganizzazione dei lavoratori!
Sciopero Generale!


Mercoledì 17 dicembre 2008, ore 18.00
Assemblea dei lavoratori alla sede "liberata" della GSEE


Assemblea Generale dei Lavoratori Insorti


http://gseefreezone.blogspot.com/

Traduzione a cura di FdCA-Ufficio relazioni internazionali

venerdì 12 dicembre 2008

ASSEMBLEA PUBBLICA "QUESTO è STATO: 12 Dicembre 1969"


QUESTO è STATO: 12 Dicembre 1969
Parlare della strage di piazza Fontana, oggi, non vuol dire soloribadire la documentata contiguità tra i gruppi neofascisti che nefurono gli esecutori e gli apparati statali che ne furono icommittenti.
Al pari di altre stragi e altri momenti di "sospensione dello stato didiritto" che hanno scandito la storia di questo Paese (si pensi al G.8di Genova nel 2001), il 12/12/1969 rivela il carattereintrinseca­mente autoritario della Repubblica italiana e la logica digoverno dell'odierno capitalismo.

Nel momento in cui si celebra la politica come pura decisionalità,viene criminalizzato ogni comportamento radicale e si cerca dilimitare l'uso di quegli spazi pubblici (l'università per esempio) incui le opinioni critiche possono esprimersi.

Il terrore, ieri praticato, oggi costantemente evocato ogni volta cheil dissenso si manifesta pubblica­mente, non è che l'espressionepolitico/militare della ferrea legge della concorrenza mercantile: nelubrifica il funzionamento, ne legittima l'egemonia.
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Assemblea Pubblica

Martedì 16 dicembre ore 18,00
presso la Facoltà di Roma di Sociologia in Via Salaria N° 113

Interviene:
Adriana Dadà, ricercatrice storica dell’Università di Firenze

proiezione del documentario:
“Giuseppe Pinelli: Il filo della memoria”
a seguire:
- dibattito
- cena sociale
- proiezioni video

partecipano:
assemblea degli studenti e delle studentesse di sociologia e scienze delle comunicazioni in mobilitazione – corrispondenze metropolitane – centro di documentazione anarchica/libreria anomalia – laboratorio sociale “la talpa” – unione sindacale italiana_ait – federazione dei comunisti anarchici

martedì 9 dicembre 2008

Non avevamo bisogno di un altro martire

Mentre la Grecia si stava preparando allo sciopero generale di giovedì 10 dicembre contro il governo Karamanlis e contro la crisi economica e da tempo cresceva la mobilitazione di base nelle scuole e negli atenei contro la riforma dell’università, Aleksandros Grigoropoulos, di soli 16 anni, è stato scelto come vittima e capro espiatorio dagli apparati di polizia e quindi freddamente ucciso dalla repressione delle forze di Stato.

La crisi economica scatenata dal capitalismo internazionale contro gli sfruttati di tutto il mondo e gestita con misure di impoverimento generalizzato da parte degli Stati sta scarnificando i fragili equilibri e le precarie alleanze di potere tra gruppi di potere e partiti di destra e centro-sinistra, mettendo a nudo la vera vocazione antidemocratica ed eversiva dello Stato e dei suoi apparati di (in)sicurezza: l’emarginazione, la criminalizzazione e l’eliminazione dell’opposizione sociale.

Era successo con Carlo Giuliani nella Genova del 2001, è successo tante volte ancora in questi anni in Palestina come in Messico/Oaxaca. Sabato scorso è successo in Grecia.

In questi momenti migliaia di studenti delle scuole stanno dimostrando davanti al Quartiere Generale della Polizia ad Atene ma anche nei molti quartieri e città in tutta la Grecia.

Le manifestazioni spontanee in tutto il paese sono frutto della rabbia politica e popolare contro il governo di Karamanlis e gli atti criminali della polizia. Il governo greco prima arma e sguinzaglia i poliziotti killer e poi inscena un patetico balletto di scuse e dimissioni, ma non punisce nessuno, anzi sposta l’attenzione sulla distruzione delle proprietà pubbliche e private, mentre tenta di reprimere le manifestazioni attaccando la gente con armi chimiche e torturando i dimostranti arrestati.

La rivolta è solo l’inizio. E lo sciopero generale, sindacale e sociale, politico e di classe, può trasformare la rabbia popolare in costruzione organizzata e dal basso dell’alternativa libertaria.

In ogni paese la crisi generalizzata del capitalismo presenta il conto alle classi lavoratrici e sfruttate della società.

Occorre rispondere, in ogni paese, costruendo insieme l’opposizione sociale necessaria a difenderci dall’annientamento in nome del dio profitto.

Solidarietà col movimento anarchico greco e alle vittime della repressione, solidarietà internazionale alle lotte sociali, in Grecia come nel resto d’Europa!

Federazione dei Comunisti Anarchici

8 dicembre 2008

Link esterno: http://www.fdca.it

lunedì 8 dicembre 2008

Comunicato sullo sciopero del 12 Dicembre dei compagni di Palermo

Federazione dei Comunisti Anarchici
Sezione “ Delo Truda “ Palermo

I LAVORATORI LA CRISI LA PAGANO DA SEMPRE

Il 12 dicembre siamo in piazza come Comunisti come Anarchici insieme a tutti i lavoratori al di fuori ma insieme alle loro sigle sindacali, per lottare uniti per allargare il conflitto per il riscatto del lavoro , contro lo sfruttamento ; per ricordare il “12 dicembre 1969” la strage “ per mano dei fascisti” di piazza Fontana a Milano; per ricordare un ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli (defenestrato il 15 dic. nella questura di Milano ) vittima della strategia della tensione, che questo stato borghese servo dei padroni, ha ordito per dividere i lavoratori , gli studenti, per fermare un momento di crescita del protagonismo diretto e dal basso delle masse oppresse contro il capitalismo italiano.

Siamo in piazza per fermare la strage dei morti sul lavoro, vittime del ricatto quotidiano e degli interessi dei padroni.

Siamo in piazza per sostenere i lavoratori impegnati all’interno delle loro sigle sindacali , per la nascita di una strategia conflittuale promotrice dell’unità di tutti i lavoratori, libera dall’influenza dei partiti, e dall’egoismo di appartenenza.

“ La classe lavoratrice e quella capitalista non hanno nulla in comune. Non vi può essere pace mentre la fame e la povertà regnano fra i milioni di lavoratori ed i pochi, che compongono la classe padronale, hanno tutte le ricchezze della vita…….” ( Industrial Workers of the World )

Siamo in piazza “Per il protagonismo degli sfruttati e degli oppressi, per l'autonomia degli interessi immediati delle classi lavoratrici; per ricostruire e radicare nel tessuto sociale e territoriale idee e percorsi di critica e lotta anticapitalista ”

Per continuare la lotta per un progetto di società solidale Comunista e Anarchica.

martedì 2 dicembre 2008

comunicato USI su manifestazione 27 novembre‏

COMUNICATO
SINDACALE RADIO STAMPA SU INIZIATIVA
PUBBLICA DEL 27 NOVEMBRE 2008 A
ROMA – MANIFESTAZIONE E PRESIDIO A PIAZZA SAN MARCO
– PIAZZA VENEZIA E
INCONTRI AL CAMPIDOGLIO.

Si è svolto il 27 novembre il presidio con
manifestazione a Roma, promosso dai coordinamenti
e dalle
rappresentanze sindacali della Unione Sindacale
Italiana, a partire
dalle ore 15 ai giardini di Piazza San Marco angolo
Piazza Venezia.

Il
presidio ha coinvolto settori di lavoratrici e
lavoratori del Comune di
Roma (biblioteche, educatrici e insegnanti), della
Zètema che gestisce
molti servizi culturali per conto del Comune di Roma
tra i quali quello
di Informagiovani a rischio di licenziamento del
personale impiegato,
oltre a custodi dei musei, bibliotecari, servizi
didattici e
conservazione de beni culturali, della manutenzione,
di diverse
cooperative sociali che hanno appalti e affidamenti
per conto del
Comune sui servizi socio assistenziali educativi,
del settore sociale
di Farmacap, ai canili comunali affidati ad
associazione di
volontariato.

Sugli striscioni appesi al presidio, chiare le
parole d’
ordine “PER L’AUTORGANIZZAZIONE DELLE LOTTE” e
“PRIMA I SOLDI…E POI NE
RIPARLIAMO”, alludendo ai mancati e ritardati
pagamenti di salari e
stipendi in molte cooperative sociali e al canile,
al rischio di
licenziamento per i precari di Informagiovani con
scadenza del
contratto al 31 dicembre e di molti precari e
lavoratori del terzo
settore. I punti di piattaforma unificante tra le
varie situazioni
comunali e di aziende della Holding e di servizi
esternalizzati, la
salvaguardia occupazionale e i salari, le condizioni
di lavoro e il
rispetto delle norme su salute e sicurezza nei luoghi
di lavoro, la
questione della internalizzazione o il ritorno a
gestione pubblica di
servizi appaltati e le coperture economiche e
finanziarie per servizi,
salari e impegni di salvaguardia occupazionale nella
discussione sul
Bilancio del Comune e del DPF capitolino, approvato
dalla Giunta e da
votarsi dal Consiglio .

Distribuiti volantini e fatti alcuni interventi
al megafono, una delegazione è stata ricevuta da uno
dei responsabili
del gabinetto del Sindaco al Campidoglio, al quale
sono stati
illustrati i vari argomenti oggetto della
manifestazione e della
piattaforma comune. Dopo un primo confronto, la
delegazione ha fatto la
proposta di convocazione per temi di incontri con
i responsabili degli
assessorati a partire dal settore cultura e
successivamente per i
servizi scolastici.

Successivamente la delegazione è ritornata al
presidio dove, fatta una relazione del colloquio
e vista la richiesta
fatta di parlare con consiglieri e capigruppo
consiliari, poiché doveva
essere effettuata una seduta pomeridiana del
Consiglio comunale di
Roma, poi saltata per mancanza del numero legale.
Una nutrita
delegazione di lavoratrici e lavoratori è quindi
risalita a piazza del
Campidoglio dove ha provato a interloquire con i
consiglieri comunali,
trovando la disponibilità del consigliere Alzetta,
le delegate
sindacali della USI di Zètema, a nome delle varie
situazioni presenti,
sono quindi salite per costruire un percorso di
incontro per il settore
cultura, (Zètema e Biblioteche) data l’emergenza
dei futuri
licenziamenti, direttamente con l’Assessore Croppi
e la Sovrintendenza,
visto che non si trattava di una situazione da
definire negli incontri
sindacali, ma di questioni che vanno affrontate con
orientamento
politico chiaro del Comune. Percorso che si sta
definendo in questi
giorni, come apripista per gli altri settori come
quello del settore
scolastico educativo del Comune e dei servizi
esternalizzati (Aec, nidi
in convenzione).

Alle 19 il presidio manifestazione si è sciolto,
con l’
impegno di continuare le mobilitazioni e le forme
di pressione, poiché
è chiaro che al di là dei proclami e delle
dichiarazioni da parte dei
delegati del Sindaco Alemanno, sul fatto che
“non vi è nessuna
intenzione di aprire conflitti sociali con decisioni
impopolari” e “che
i posti di lavoro vanno tutelati”, un orientamento
chiaro del Comune di
Roma è che si faranno dei “TAGLI”, che inevitabilmente
colpiranno
lavoratrici e lavoratori in carne ed ossa e le loro
famiglie, servizi
pubblici in via ulteriore “liberalizzazione”,
appalti con condizioni
non sempre favorevoli per il personale che ci lavora
e per gli utenti.

IN PRATICA IL 27 NOVEMBRE SI E’ APERTA UNA
MOBILITAZIONE CONTINUA E DI
LUNGA RESISTENZA A PARTIRE DA OBIETTIVI COMUNI
CHE DOVRANNO COINVOLGERE
SIA I LAVORATORI E LE LAVORATRICI DEL COMUNE SIA
DI AZIENDE E
COOPERATIVE.

Coordinamenti e Rappresentanze sindacali aziendali
USI AIT
- Comune di Roma e servizi esternalizzati

lunedì 1 dicembre 2008

COMUNICATO STAMPA del Gruppo EveryOne - 1 dicembre 2008

NOMADI E ACCATTONAGGIO/GRUPPO EVERYONE: "MEGLIO I TEMPI DI ERODE CHE
QUELLI DI BERLUSCONI, MARONI E DEI SINDACI SCERIFFI"

REAZIONI DEI POLITICI ITALIANI ALLA SENTENZA DELLA CASSAZIONE SONO
IPOCRITE E NASCONO DA PREGIUDIZI



"La Corte di Cassazione, con la sentenza di assoluzione di una donna
Rom dal reato di induzione in schiavitù perché aveva effettuato la
questua col suo bambino, non ha fatto altro che cancellare una
sentenza iniqua, simile a centinaia di altre sentenze discriminatorie
a causa delle quali donne e uomini Rom innocenti languiscono in
carcere, mentre i servizi sociali hanno sottratto illegittimamente i
loro bambini". Lo dichiarano i leader del Gruppo EveryOneRoberto
Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, in risposta alle
dichiarazioni del ministro Maroni e dell'on. Gasparri, che invitano i
sindaci a vietare nelle ordinanze comunali l'accattonaggio in attesa
dell'approvazione in Parlamento di una legge che 'tuteli i minori,
sfruttati in modo così indegno'.
"Il 'manghel' o la questua non solo - come sottolinea la Cassazione,
in linea con gli articoli 19 e 20 della Carta di Algeri –, è ormai una
tradizione del popolo Rom che, dopo secoli di segregazione, schiavitù
e persecuzione da parte delle nazioni europee, ha fatto proprio un
valore riconosciuto da tutte le grandi religioni, ma," proseguono i
rappresentanti dell'organizzazione per i diritti umani "nei secoli, ha
consentito a coloro che non posseggono nulla di continuare a vivere,
anche nelle nazioni in cui i governanti non si prendevano a cuore la
piaga della miseria. Gesù Cristo stesso, nel Discorso della Montagna,
afferma la santità di colui che a causa della povertà tende la mano a
chi è più fortunato: 'Beati i mendicanti nello spirito, perché il
Regno dei Cieli appartiene a loro'". Il Gruppo EveryOne, inoltre, fa
notare che i provvedimenti – finora locali – che oggi combattono
l'accattonaggio non trovano riscontro nella Storia: Hitler proibì la
questua solo durante eventi internazionali come le Olimpiadi di
Berlino del 1936, ma non varò mai leggi contro l'elemosina. "L'Italia"
commentano Malini, Pegoraro e Picciau "tocca il fondo della crudeltà
sociale, dell'intolleranza e della repressione delle fasce più
vulnerabili della popolazione, criminalizzando la povertà e rendendo
ancora più rapida ed efferata l'azione di annientamento del popolo
'nomade'. Ricordiamo che," proseguono gli attivisti "in mancanza di
sostegno economico da parte dei servizi sociali o di un'efficace
politica di integrazione professionale, il ricorso alla carità dei
cittadini costituisce l'estrema possibilità di sopravvivenza per
esseri umani in condizioni di povertà gravissime". Secondo EveryOne "i
bimbi Rom sono felici di restare accanto ai loro papà e alle loro
mamme, durante l'attività della questua: per loro è scuola di vita,
perché la società razzista non offrirà loro alternative, salvo
snaturarli ed eradicarli. La gente si scandalizza se un bimbo Rom
chiede l'elemosina, ma non fa nulla per avvicinare i suoi genitori e
tentare di seguirli nella vita, aiutandoli a cercare casa e lavoro. O
pretendere che lo facciano i servizi sociali. E' una posizione
ipocrita ed è moralmente preferibile evitare di scandalizzarsi e
allungare una moneta alle piccole e grandi mani tese che ce la
chiedono".
"Se a Betlemme, nell'anno zero, ci fossero state leggi persecutorie
come quelle italiane, Giuseppe e Maria sarebbero stati denunciati per
'Occupazione abusiva di edificio rurale' (in base all'articolo 633 del
Codice Penale) e sgomberati, messi in mezzo alla strada senza
alternative. Gesù sarebbe stato tolto ai genitori e affidato ai
servizi sociali (secondo l'articolo 403 del Codice Civile). Meglio
vivere ai tempi di Erode" concludono i tre leader del Gruppo "che a
quelli di Berlusconi, Maroni e dei 'sindaci sceriffi'".



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