domenica 28 dicembre 2008

Con la solidarietà e la lotta si difendono i diritti

Pubblichiamo un bell'esempio di lotta vinta grazie all'autorganizzazione e alla solidarietà fattiva tra i lavoratori e tra questi e gli studenti.
E' fondamentale ricordare sempre che Stato e padroni puntano prima di tutto alla divisione tra i lavoratori e che per questo sfruttano qualsiasi pretesto: razza, categoria, genere, religione. Tutto va bene per evitare quello che loro temono di più, ossia che i lavoratori, di qualsiasi razza, genere, credenza religiosa, si uniscano per difendere i loro diritti.
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Uniti si vince!ORIGGIO IN OGNI LUOGO DI LAVORO
La “lotta paga”, come dice il famoso adagio. E ha pagato ancora di più se si considera che a Origgio (Varese) si è consumata positivamente una battaglia che ha in sé caratteristiche che ne fanno un esempio di lotta globalizzata. Una lotta contro il lavoro e un tipo di struttura del lavoro particolare, che possiamo chiamare, senza ombra di dubbio, criminale, cioè quella delle cooperative, dove i diritti dei lavoratori spesso sono pure utopie. Poiché i lavoratori delle cooperative non sono formalmente dei dipendenti, ma “soci lavoratori”, non rispondono ai contratti collettivi di lavoro e sono alla mercé di chiunque: se alzano la testa, nella migliore delle ipotesi, vengono cacciati a calci. Spesso queste sedicenti “organizzazioni del lavoro” sono gestite da ex sindacalisti o comunque supportate dai sindacati confederali.La lotta alla Bennet di Origgio è stata anche una lotta antirazzista, dovedecine di lavoratori cingalesi, albanesi, filippini, africani, marocchini, italiani della cooperativa Leonardo e Giava (appartenenti al consorzio CAL) si sono uniti per combattere contro lo sfruttamento del lavoro, contro il potere dei caporali, contro la ghettizzazione categoriale, affermando una forte capacità auto-organizzativa e di vedere oltre i paraocchi della politica sindacale e politicante.Dopo il primo sciopero a fine giugno, che ha dato inizio alla partita, si sono moltiplicate le iniziative di sciopero e blocco dei cancelli. A luglio Dikson, iscritto allo Slai Cobas, viene fatto oggetto di una provocazione: un capo si finge aggredito e l´operaio viene licenziato pensando così di terrorizzare gli operai.Ma la paura non abita nei cuori dei lavoratori della Bennet: le iniziative di lotta si sono intensificate, fino ad arrivare a proclamare lo sciopero del cottimo, in un crescendo che ha portato all’atto finale di venerdì notte e sabato mattina. E sabato si è piegato il padrone, anzi i padroni, perché la lotta era sì contro la Leonardo e la Giava, ma anche contro la Bennett, che beneficia del lavoro super sfruttato delle cooperative.Il blocco dei cancelli iniziato venerdì 19 dicembre alle 21.00, era segnato dall’arrivo di un fax dell’azienda Bennett e della Leonardo che si impegnavano alla riassunzione di Dikson, l’operaio licenziato per rappresaglia.Tentativo tanto ingenuo quanto inutile di dividere i lavoratori, sperando così di fermare le lotte e chiudere per le “feste natalizie”. La risposta dei lavoratori è stata compatta e senza defezioni: blocco a oltranza per arrivare a trattare su una piattaforma vera, a 360 gradi.Alle 5/6 del mattino il picchetto dei lavoratori si è ingrossato a dismisura: sono arrivati lavoratori di altre fabbriche, studenti delle Università Statale e della Bicocca, lavoratori immigrati che avevano sentito parlare di questa LOTTA. Tutti i cancelli della Bennet sono stati presidiati: la fila dei TIR e camion che non potevano entrare si è ingrossata talmentetanto che si stavano intasando anche le arterie principali che vanno verso Milano.Ai camionisti la situazione è stata spiegata dai lavoratori individuando i veri responsabili, i padroni e sono stati invitati a venire a ristorarsi davanti ai cancelli.Pochi ci avrebbero scommesso, ma anche i camionisti hanno mantenuto un atteggiamento solidale e, anzi, si sono anche incazzati con la direzione che non voleva firmargli l’ordine di arrivo delle merci.Polizia e carabinieri non sapevano più che pesci prendere: dopo aver cercato per tutta la notte di provare a rompere l’unità dei lavoratori, ma non trovando il terreno disponibile ad uno scontro con i lavoratori, hanno praticamente sollevato il culo dei responsabili della Bennet e la Leonardo e li hanno portati prima al comando dei carabinieri e poi in fabbrica, dove è cominciata la trattativa con i lavoratori. Dikson, tra gli applausi, era tra i lavoratori al tavolo delle trattative. Intorno alle 12 i lavoratori e un compagno dello Slai Cobas sono scesi con la bozza di accordo che prevedeva la riassunzione di Dikson, la cacciata di due capi reparto responsabili di aver contribuito a creare un clima intimidatorio e razzista, circa 500 euro di una tantum (fino ad oggi bloccata da accordi firmati dai Confederali), diritto alla mensa, messa a norma dell'infermeria, riconoscimento dei diritti sindacali dei lavoratori e dei loro delegati eletti.L'unica nota parzialmente stonata è stata il misero aumento salariale ottenuto (40 centesimi all'ora): forse è mancato un pizzico di coraggio in più necessario a concretizzare maggiormente la trasformazione dei rapporti di forza che si è data sotto gli occhi di tutti; ma in ogni caso, anche quel piccolo aumento, ha avuto il suo significato politico: innanzitutto si tratta di un aumento extra-contrattuale (mediamente quello che CGIL-CISL-UIL ottengono in due anni a livello nazionale) e, soprattutto è stato definito sulla base di un principio di egualitarismo fra dipendenti di cooperative diverse e fra operai con mansioni differenti, cosa che fino ad oggi era stato motivo di astuta divisione tra lavoratori, operata dai padroni.Quindi non possiamo che salutare come una prima importante vittoria questo risultato.
Una lotta solidale, una lotta che sembrava folle solo a pensarla e che è diventata realtà solo grazie alla lucidità visionaria di attivisti sindacali, compagni di qualche centro sociale, del Comitato antirazzista milanese, degli studenti universitari, dei compagni di altre città. Compagni e compagne hanno capito ilfatto che a Origgio si giocava una partita che andava oltre i confini del luogo di lavoro e hanno deciso di stringersi intorno agli operai, mobilitarsi per estendere la lotta e sostenerla concretamente fino alla fine.Compagni e compagne di generazioni e con percorsi politici diversi, ma che sono riusciti a trovare l’unità su obiettivi finalmente concreti e condivisi e hanno quindi messo in campo una forza capace di favorire e moltiplicare la combattività.
Certo sappiamo che il percorso è appena all’inizio, ma adesso sappiamo anche che l’organizzazione dei padroni è “debole” e che i lavoratori uniti e auto-organizzati ce la possono fare.Origgio smuoverà sicuramente dinamiche di lotta “nuove” sul fronte delle cooperative e della capacità solidale e dell’auto organizzazione: sta anche a chi ci ha creduto fin dall'inizio, e per tutto il tempo necessario a vincere, dargli il valore che si merita.Sicuramente lavorando per realizzare in tempi rapidi una riunione cittadina con i lavoratori che servirà per approfondire e analizzare la situazione e dare forza ad un percorso che guarda con fiducia e determinazione ad una lotta generalizzata verso un mondo senza classi e sfruttamento.
Comitato Antirazzista milaneseinfo@antirazzistimilano.org
Origgio, 23 dicembre 2008

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