venerdì 30 gennaio 2009

Una giornata a Lampedusa

Pubblichiamo volentieri questo comunicato della "Rete contro la precarietà" di La Spezia sui fatti di Lampedusa che dimostrano che non tutte le comunità locali italiane si lasciano ingannare dalla propaganda razzista dello Stato, il cui unico scopo è quello di dividere la classe lavoratrice e tutti gli oppressi sulla base di identità etniche.
Non è un caso che il clamore mediatico di regime si sgonfia immediatamente quando una comunità intera si rende conto dell'inganno e capisce che il nemico non è quello che ci vogliono far credere, non è il nostro simile che è costretto ad abbandonare il proprio paese natio per fame, per la repressione o semplicemente perchè vuole ricongiungersi ai propri cari.
Figuriamoci poi quando questa comunità si rende conto che, anzi, l'avversario è rappresentato da quelle istituzioni arroganti che vogliono imporre il privilegio dei pochi ricchi a scapito della dignità dei tanti poveri diseredati, che chiedono di avere in parte quella ricchezza che loro stessi contribuiscono a produrre.

----------------------------------------------------
Una giornata a Lampedusa

Quel che poteva accadere è accaduto
Dopo anni di sbarchi, morti in mare, dispersi, polemiche, ipocrisie elettorali, creazioni di demoni e fantasmi, Lampedusa si sveglia accorgendosi di essere stata presa in giro, di essere un avamposto fortificato, a metà strada tra chi cerca di fuggire e chi sfrutta la fuga per creare terrore.
Dopo aver creduto alle false profezie di una pericolosa invasione di orde selvagge di “extracomunitari” e dopo aver avvallato la creazione di moderni campi di concentramento chiamati di volta in volta CPT e CIE, la popolazione di Lampedusa, finalmente apre gli occhi e si accorge che non esiste così tanta differenza tra loro ed i fuggitivi: entrambi prigionieri di un'unica logica di esclusione e terrore.
Allora inizia il dialogo, si comprende quale è il vero nemico e al gioco della rappresentazione succede il fatto: entrambi si sentono parte di un medesimo gioco di sfruttamento.
Rifiorisce la solidarietà e gli italiani di Lampedusa scendono in piazza insieme agli stranieri reclusi parlando la solita lingua, che ha il tono di un urlo.
Il gioco delle parti impostato dal potere si frantuma, il quale si trova a dover reprimere non solo i “soliti noti” ma anche i propri cittadini.
Questi eventi hanno – per fortuna – capacità riproduttiva. A Massa i senza nome praticano la loro rabbia, chiedendo il riconoscimento dei propri diritti. La reazione del potere è la medesima. Violenza e repressione, accompagnata dal solito silenzio/assenso mediatico per nascondere una delle più grandi paure: che le istanze degli sfruttati diventino voce unica, saldando le rivendicazioni e le pratiche delle persone comuni con quelle dei movimenti antagonisti e degli immigrati. Al punto che il ministro Maroni identifica quale unico reale problema di sicurezza in Italia, ciò che sta accadendo a Lampedusa e altrove.
Nel momento in cui la coscienza dà visione della realtà, diventa ovvio il processo che si innesta, al di là della finzione. Identificarsi con l’aspetto più immediato dello sfruttamento del capitale, non può che realizzare il passaggio ad un tentativo di cambiamento che metterà in discussione tutti i dogmi. Si comprende in questo momento, chi sta dalla parte della ragione e chi, invece, ha come proprio obbiettivo la continuità dell’oppressione.

Rete contro la precarietà - La Spezia

mercoledì 28 gennaio 2009

Iniziativa a Roma a sostegno di Anarchici Contro il Muro


IN PALESTINA. CONTRO MURI E BANDIERE.
Iniziativa a sostegno degli Anarchici Contro il Muro



Gli Anarchici Contro il Muro sono un gruppo di azione diretta nato nel 2003 in risposta al muro che Israele sta costruendo nei territori palestinesi e nei territori occupati della West Bank.

Il gruppo è nato intorno alla formazione di un campeggio di protesta nel villaggio di Mas'ha, dove il muro era vicino e lasciava il 96% dei terreni del villaggio dal "lato israeliano". La loro azione si è poi concentrata sul villaggio di Bil'in, dove i terreni agricoli del villaggio stavano per essere confiscati da Israele, e su diversi altri villaggi della West Bank. La loro azione muove dalla convinzione che sia possibile fare qualcosa di più che manifestare dentro Israele o partecipare ad azioni umanitarie. L'occupazione israeliana e l'apartheid non finirà da sola, l'azione degli Anarchici Contro il Muro tenta di renderla ingovernabile ed ingestibile per farla finire. Per questo si oppongono fisicamente ai bulldozers, alle armi e all'occupazione, coordinandosi con i comitati popolari locali.

L'azione promossa dagli Anarchici Contro il Muro di autorganizzazione coordinata tra attivisti israeliani e i comitati popolari palestinesi dimostra nella pratica le possibilità reali di convivenza dei due popoli, vittime, entrambi, delle politiche guerrafondaie degli stati o para-stati che li governano (vittime inconsapevoli, la gran parte degli ebrei israeliani che in questo modo infliggono ai palestinesi quella stessa morte e distruzione di cui nel passato sono stati vittime).

Oggi più che mai la recrudescenza del conflitto evidenzia come l'autorganizzazione solidale dal basso sia l'unica risposta possibile ed efficace alla politica statale e parastatale che si nutre di guerra e di separazione.

GIOVEDì 29 GENNAIO

IN PALESTINA.
CONTRO MURI E BANDIERE.

Iniziativa a sostegno degli Anarchici Contro il Muro, gruppo di azione diretta nato nel 2003 che lotta insieme ai contadini palestinesi contro il muro dell'apartheid che Israele sta costrunedo nei territori occupati della West Bank.

Aula Rasetti - Vecchio Edificio di Fisica - La Sapienza

ORE 16.30 - PROIEZIONE DEL FILM DOCUMENTARIO "Bil'in my love" DI S. POLLAK
A SEGUIRE - DIBATTITO E APERITIVO BENEFIT

Organizzano:
Ciurma pirata antimilitarista - FdCA - CDA-Libreria "Anomalia"

martedì 27 gennaio 2009

Il Vaticano all'attacco di nuovo in Polonia

La proposta di legge sulla riproduzione promossa dal deputato polacco Jaroslaw Gowin, la "Legge Gowin", è ancora un altro attacco contro i diritti della donna in Polonia, complice la chiesa di Roma.

Per quanto riguarda la PMA, la nuova legge renderà illegale: l'uso di spermatozoi provenienti da un uomo che non sia legittimo coniuge della donna; l'uso di ovuli che non siano stati prodotti naturalmente dalla donna interessata; il congelamento degli ovuli e degli spermatozoi; l'uso delle techniche di PMA sulle persone non sposate e su quelle sopra i 40 anni. Inoltre con la nuova legge, la Chiesa cattolica deve essere rappresentata sulla Commissione bioetica, e i medici che si rifiutano di eseguire un'interruzione di gravidanza (già consentita solo per salvare la vita di una donna o in casi di stupro o incesto) non saranno più obbligati di fornire alla donna il nome di un medico disposto a farlo.

La legge è stato proposto il 12 dicembre 2008, lo stesso giorno in cui il Vaticano ha pubbilcato le sue "istruzioni" sulla PMA.

Gli anarchici e le anarchiche polacche hanno partecipato a una manifestazione davanti al parlamento a Varsavia il 24 gennaio contro la nuova legge.

[fonte Centrum Informacji Anarchistycznej - http://cia.bzzz.net]

lunedì 26 gennaio 2009

Palestina-Israele, la lotta unitaria non finirà così presto

Bil'in, Ni'ilin, Jayyous non si fermano di fronte all'aggressione di Stato

In quest'ultima settimana si sono fatte meno attività rispetto alle settimane di guerra. Mercoledì 21 gennaio c'è stata un'altra manifestazione a Ni'ilin. Le forze di stato hanno inseguito i manifestanti ed i lanciatori di pietre fino al centro del villaggio sparando un sacco di lacrimogeni e di proiettili (sia di gomma che veri). Venerdì 23 gennaio siamo stati alle consuete manifestazioni contro il muro a Bil'in, Ni'ilin, e Jayyous. La nuova politica dell'esercito prevede anche l'uso di proiettili veri da 0,22 pollici sparati verso le gambe dei manifestanti. A Bil'in uno degli attivisti di Anarchici Contro Il Muro ha reagito al lancio diretto di una bomboletta di gas lacrimogeno sulla testa di un giovane palestinese, con scandalo per le forze di stato. L'alto comandante lo ha minacciato di arresto ma dato che l'attivista insisteva, i soldati si sono ritirati per paura di una indagine formale sul loro operato. Sabato 24 gennaio, abbiamo fatto un'azione coi refusnics ed una veglia a Jaffa.

REFUSENICS

Invito all'iniziativa: "Vi invitiamo ad una veglia di solidarietà con le obiettrici di coscienza Raz Bar-David-Varon e Maya Yehieli-Wind, firmatarie della lettera di rifiuto degli Shministim (diplomandi di scuola superiore) del 2008, entrambe imprigionate per il loro rifiuto di fare il servizio militare in un esercito di occupazione".
La veglia si farà sabato 24/1 alle 13:00 vicino al muro della prigione 400 a Tzrifin.

VEGLIA A JAFFA

A mezzogiorno ci siamo uniti ad altri attivisti radicali in una veglia sui temi della guerra appena finita a Gaza

VIDEO CLIPS

Manifestazione di Massa contro la guerra a Gaza - Tel Aviv-Jaffa - 17-1-2009 - link al video:
http://www.youtube.com/watch?v=wD54x2NcefQ

manifestazione a Bil'in di venerdì 16/1/09 su http://www.youtube.com/watch?v=b_NjARAhz5s

manifestazione a Ni'ilin di mercoledì 21-1-2009 - link al video su http://il.youtube.com/watch?v=EYWraw4daQE

manifestazione a Ja'ayus di venerdì 23-1-2009 - link al video su http://il.youtube.com/watch?v=nxnhDdMeQxg

Link collegati: http://ilanisagainstwalls.blogspot.com
Ilan Shalif (AAtW)
(traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali)

sabato 24 gennaio 2009

SOLIDARIETA' AI COMPAGNI E ALLE COMPAGNE DEL CENTRO SOCIALE CONCHETTA

SOLIDARIETA' AI COMPAGNI E ALLE COMPAGNE DEL CENTRO SOCIALE
CONCHETTA

Esprimiamo la nostra solidarietà ai compagni e alle compagne del Centro Sociale Conchetta di Milano sgombrato la mattina del 22 Gennaio 2009 dalle forze dell’ordine su richiesta del vicesindaco De Corato, politico da molto tempo alacremente impegnato in prima linea contro le realtà non allineate dell’interland milanese.

Il Conchetta, uno dei punti territoriali di riferimento dell’ambiente punk-anarchico e libertario milanese, èstato fondato 33 anni fa ed ospita all’interno la libreria Calusca, nata nel 1971, e lo storico archivio Primo Moroni. Che il Comune abbia voluto accelerare i tempi? Visto che è in corso una causa legale intentata dal Comune stesso nei confronti del Centro Sociale nel luglio del 2008, per riappropriarsi dei locali occupati, vertenza nata e avviata per sfruttare commercialmente i locali, ma che ha chiaramente anche il disegno di limitare il più possibile quegli spazi di liberta faticosamente conquistati e resi socialmente vivi da chi non si piega all’omologazione del potere e del profitto.

Lo sgombero del Conchetta non è un caso isolato. Fa parte di una strategia globale. Oggi, in una fase in cui le classi subalterne mostrano una relativa debolezza nel rispondere agli attacchi del potere, si cerca di colpire ed eliminare definitivamente ogni luogo dove sia possibile praticare l’antagonismo sociale. Stiamo subendo una offensiva complessiva: con la limitazione della possibilità di manifestare e di esprimersi, operata dallo Stato mediante le sue diramazioni territoriali, con l'aumento dello sfruttamento di tutti i lavoratori e lavoratrici, dipendenti e precari, resi sempre più schiavi della produttivita e con la limitazione del diritto di sciopero, voluta dalla Confindustria con la complicità dei sindacati di stato.

Per non dire del tentativo sempre più forte di negare l’autodeterminazione delle coscienze, portato avanti dalla Chiesa cattolica.

Dunque lo sgombero del Conchetta si inserisce in un attacco autoritario del dominio statale e del Capitale: perciò non ci si può limitare a dichiarare solidarietà ai compagni e alle compagne così vigliaccamente attaccati, ma si deve fare in modo che questa solidarietà diventi attiva, attraverso la difesa delle libertà, la contrapposizione nei territori e la lotta per la tutela dei bisogni sociali ed economici nei posti di lavoro.

Federazione dei Comunisti Anarchici - Roma

Corrispondenze Metropolitane

Gruppo Autonomo “Liberidiamare”

Laboratorio sociale “La talpa”

Combat

USI-AIT Lazio

martedì 20 gennaio 2009

Sostegno a Dante De Angelis x lo sciopero del 23 gennaio dei ferrovieri

CONTRO L'ARROGANZA, LE PROVOCAZIONI E LE RAPPRESAGLIE DELL'AZIENDA E DEL
MINISTRO !

Dante è ancora licenziato. Come ferrovieri non abbiamo ancora effettuato uno
sciopero per il suo reintegro, nonostante sia stato proclamato per 3 volte:
26 settembre, 29 ottobre e 28 novembre. Ogni volta è intervenuta, due giorni
prima dell'astensione, la precettazione del ministro Matteoli, adducendo
motivazioni pretestuose, come la previsione di un'alta adesione dei
lavoratori (in segui-to anche alla proclamazione contemporanea delle
segreterie regionali dell'Or.s.a. che sostenevano l'Assemblea Nazionale dei
Ferrovieri) e il conseguente venir meno del diritto alla mobilità per gli
utenti, costituzionalmente garantito! Siamo stati precettati 3 volte,
nonostante il rispetto della 146/90 e dell'83/2000 che di per sé limitano
fortemente il diritto di sciopero.
Il licenziamento di Dante ha determinato una diffusa indignazione e
attestati di solidarietà da parte di tanti lavoratori e cittadini,
pronunciamenti di rappresentanti di istituzioni, organismi vari,
asso-ciazioni .
Ma il "cuore", il centro della mobilitazione per il reintegro di Dante,
siamo noi ferrovieri e la forma che assumerà la vicenda dipende (e finora è
dipesa, in positivo e in negativo) dalle iniziative che sapremo promuovere e
sostenere. Utili sono le denunce, i presìdi, le lettere, le raccolte di
firme, le prese di posizione, ecc. Importante è aver mantenuto e rafforzato
la Cassa di Solidarietà tra Ferro-vieri con la sottoscrizione straordinaria
per Dante. Ma se non esercitiamo, praticandolo, il diritto di sciopero,
costituzionalmente garantito, tutto il resto viene gravemente indebolito e
finisce per per-dere il suo vero significato.
Dopo due precettazioni, lo sciopero del 28 novembre doveva essere mantenuto,
comunque.
Di fronte alla rappresaglia aziendale di aver allontanato dal suo posto di
lavoro un macchinista, uno dei più competenti e combattivi Rls nella
battaglia per la sicurezza in ferrovia, non possiamo subìre anche
l'imposizione a non scioperare. Così facendo, abdichiamo alle nostre
responsabilità, cioè alle decisioni assunte nell'assemblea nazionale del 5
settembre a Roma. Indeboliamo, così, la battaglia per la sicurezza, causa
per cui Dante è stato licenziato una seconda volta.
Inoltre, limitandoci a denunciare la mancanza di democrazia, la prepotenza e
l'ingiustizia subìta per una, due, tre . volte, perdiamo la credibilità sia
da parte dei ferrovieri che di coloro che ci han-no sostenuto. Finiamo per
essere i soliti "lamentoni" incapaci di difendere concretamente i nostri
Rls, oltre al diritto di sciopero. Contribuiamo, anche se contro la nostra
volontà, a scoraggiare quanti hanno preso ad esempio le lotte dei ferrovieri
(organizzati, oltre e fuori i sindacati, nell'Assemblea Nazionale), in
particolare negli 8 mesi di lotta che hanno permesso, due anni fa, il
reintegro di Dante dopo il primo licenziamento.
Ad ottobre, in Versilia, si è costituito un Comitato di sostegno e
solidarietà a Dante De Angelis, composto da compagni e compagne, lavoratori
e studenti. Come compagni ferrovieri ne abbiamo fatto parte. Il Comitato ha
partecipato al presìdio del 24 ottobre a Roma, ha incoraggiato, con
risul-tati, la solidarietà politica ed economica presso compagni e
lavoratori di diversi settori, ha promos-so presìdi con volantinaggi ai
ferrovieri e ai pendolari nelle stazioni di Pisa Centrale e Pisa S.
Ros-sore, a la Spezia, ecc., a sostegno di Dante e delle lotte dei
ferrovieri per il suo reintegro e ha propa-gandato l'importanza di
partecipare (per i ferrovieri) e di sostenere (per i pendolari) lo sciopero
del 29/10 prima, poi quello del 28/11; scioperi che sono stati annullati.

Adesso spetta a noi decidere l'effettuazione dello sciopero indetto per il
23 gennaio o, invece, lasce-remo ancora una volta l'"iniziativa" nelle mani
del ministro ?
In questi mesi, dal licenziamento di Dante ad oggi, altri scioperi sono
stati effettuati in ferrovia. Se si guarda bene, è proprio questo lo
sciopero che non deve essere effettuato per Matteoli & C. Lo sciopero dei
ferrovieri organizzati nell'Assemblea Nazionale e proprio quello per il
reintegro di Dante. In altre parole, dopo avere regolamentato il diritto di
sciopero, quando e come si può fare (con la legge e le delibere della
Commissione di Garanzia), ora pretendono di decidere chi e per-ché lo deve
fare. Non i ferrovieri dell'Assemblea Nazionale e non "per un singolo
lavoratore" (!).
Dobbiamo, fin da ora, sostenere che lo sciopero del 23 si farà, comunque.
Altrimenti, il solo pen-sare di sospenderlo, a seguito dell'ennesima
precettazione, sarebbe stato un errore averlo promos-so. O siamo capaci di
confermarlo rispondendo anche all'abuso di una nuova Ordinanza
ministeria-le, e quindi prepararlo bene tra i ferrovieri, i pendolari, la
pubblica opinione e preparandosi anche al "dopo" (sotto l'aspetto sindacale,
politico ed economico), o non lo avremmo dovuto neppure pro-clamare per una
quarta volta. Se siamo noi a decidere che si farà in ogni caso, sarà un vero
sciope-ro, efficace e autorevole, sia in presenza che in assenza della
precettazione. Altrimenti, sarà ancora il ministro a decidere .
Non dobbiamo farci disorientare (e scoraggiare) dal fatto che "non saremo in
tanti a scioperare". A parte il fatto che quanto prima e meglio prepariamo
lo sciopero, tanto più potrà svilupparsi la par-tecipazione. Ed è,
soprattutto, di alto significato il fatto che lo sciopero sia partecipato da
quei fer-rovieri, più coscienti, determinati e pronti anche ad affrontare le
conseguenze delle sanzioni ammi-nistrative (perché di questo si tratta), e
capaci a trasformarle in maggiore solidarietà, sostegno e partecipazione.
Per rompere il muro della prepotenza, dell'immobilismo, della rassegnazione.
Per cominciare a modificare i rapporti di forza e orientare altri, ora
titubanti, a unirsi alla lotta. Per mostrare, e di-mostrare, che i
ferrovieri sanno assumersi le proprie responsabilità, come ha fatto Dante, e
non so-no disposti a far calare il silenzio su temi come la salute e la
sicurezza per i ferrovieri e i viaggiatori.
A chi di noi ha svolto un po' d'inchiesta fra i colleghi, non è sfuggita la
delusione di alcuni e la rab-bia di altri per non aver saputo opporsi
all'imposizione autoritaria del ministro "ex" Msi. Questi la-voratori sono
la parte migliore, un patrimonio che deve essere valorizzato e reso attivo
nell'interesse dell'intera categoria.
Inoltre, se vogliamo veramente organizzarci e lottare per impedire un solo
macchinista, difendere concretamente salute e sicurezza, fermare gli
incidenti e gli infortuni, le nefaste conseguenze dell'alta velocità, i
peggioramenti previsti con il prossimo contratto, gli abusi e le
intimidazioni quotidiani, non possiamo pensare di farlo senza lottare per il
reintegro di Dante! Se non siamo in grado di difendere i nostri Rls, se non
"ce la sentiamo" di scioperare in presenza della quarta pre-cettazione
(quinta se consideriamo lo sciopero regionale della Toscana del 9 gennaio),
con quali ar-gomenti, strumenti e credibilità potremo resistere, ad esempio,
all'agente solo o al continuo, drammatico, peggioramento dei turni di lavoro
?
Non dice niente il fatto che, all'indomani di ogni sospensione (dei tre
scioperi a seguito delle pre-cettazioni), le invettive e le falsità della
controparte, propagandate ad arte verso l'opinione pubbli-ca, si sono fatte
più arroganti e violente come l'attacco dell'A.D. Moretti ai macchinisti
"privilegiati e con la pancia piena"? Non pensiamo che lorsignori stiano
"tastando il polso" per verificare se questo è il momento propizio per
procedere con il macchinista solo e gli altri progetti penalizzanti per i
ferrovieri ?
Riflettiamo sul fatto che: "Chi lotta può anche perdere, chi non lotta ha
già perso!"

10 gennaio 2009

Ferrovieri del Comitato di solidarietà e sostegno a Dante De Angelis

***

LICENZIAMENTO DE ANGELIS: DANTE CI SCRIVE DI ALCUNE NOVITÀ...

Cari

forse già sapete che nei giorni scorsi le FS hanno manifestato per iscritto
la propria disponibilità alla revoca del licenziamento mediante una
"transazione che contempli l'irrogazione di una sanzione disciplinare di
minore entità".
Ovviamente ho accolto con favore questa apertura ed ho dato la mia più ampia
disponibilità ad accettare una soluzione mediata riguardo le contestazioni
poste alla base del licenziamento.
Sono consapevole del fatto che l'eventuale accordo transattivo deve
necessariamente salvaguardare gli interessi di entrambe le parti con una
soluzione equa, che risponda anche all'esigenza di difendere i principi, i
diritti e la dignità, mia personale, di tutti i ferrovieri e del mondo del
lavoro in generale.
Soluzioni diverse mortificherebbero il sostegno sindacale ricevuto, la
condivisione e la solidarietà manifestata dall'opinione pubblica.
Ne uscirebbero compromessi il ruolo stesso del Sindacato, le libertà
fondamentali e la possibilità stessa di esercitare nelle aziende
l'insostituibile ruolo di prevenzione dei RLS a salvaguardia della salute e
della sicurezza dei lavoratori.
Sono convinto che pur col dovuto rigore, col vostro contributo e le
mobilitazioni in atto, una soluzione di ragionevole mediazione possa essere
raggiunta anche in tempi brevi.

Un ringraziamento a tutti voi

Dante De Angelis

***

VENERDÌ 23 GENNAIO SCIOPERO NAZIONALE DEI FERROVIERI
PER IL REINTEGRO DI DANTE DE ANGELIS
Nei giorni scorsi con una lettera diretta al sindacato, il direttore del
personale, Domenico Braccialarghe, aveva confermato la disponibilità
aziendale a valutare una soluzione transattiva con l'irrogazione di una
sanzione di minore gravità rispetto al licenziamento.
Martedì 13 gennaio, nell'assemblea di Bologna sul diritto di sciopero, come
ferrovieri abbiamo discusso della necessità di verificare la proposta
dell'Azienda e della possibilità di giungere ad un accordo sul reintegro di
Dante.
Nella serata del 17 la retromarcia dell'azienda che pretende come
pregiudiziale una dichiarazione di De Angelis 'da rendere pubblica, in cui
si riconosca l'assoluta infondatezza di quanto affermato in merito agli
incidenti degli Eurostar'.
A Bologna abbiamo sottolineato che: 1) Dante non ha niente di cui pentirsi
quindi nessun tipo di abiura rispetto all'attività svolta in qualità di Rls;
2) a Dante debbono essere mantenuta stessa qualifica, stesso posto di
lavoro, stesse responsabilità sindacale; 3) che si (con)tratta e si firma un
'compromesso' sul reintegro, nel senso che il rapporto di lavoro riprende
dal 15 agosto.
La marcia indietro dell'azienda mostra che all'interno del suo establishment
vi sono punti di vista differenti. Inoltre, consideriamo che dopo il
Consiglio provinciale di Lucca, anche il Consiglio regionale della Toscana
ha approvato una mozione che "chiede il ritiro del licenziamento del
macchinista De Angelis".
Dopo tre precettazione nazionali nell'arco di due mesi (e, con quelle
regionali del 9 e 11 gennaio, quattro in tre mesi), non possiamo più subìre
arroganza e prepotenze da parte dell'azienda e del governo. Consapevoli e
forti del consenso, della solidarietà e della ragione, invitiamo tutti i
ferrovieri a partecipare allo sciopero di venerdì 23 gennaio, COMUNQUE,
senza paure e tentennamenti.
Il diritto di sciopero lo si difende esercitandolo !
O Dante torna al suo posto di lavoro o la lotta continua !

Sciopero nazionale dalle h. 09.00 alle h. 17.00;
gli impianti fissi tutta la giornata

18 gennaio 2009

I ferrovieri del Comitato di solidarietà e sostegno a Dante De Angelis

lunedì 19 gennaio 2009

Israele-Palestina, le lotte di Anarchici Contro Il Muro della scorsa settimana

Durante la settimana i nostri attivisti hanno partecipato ogni giorno in tutto il paese alle manifestazioni ed alle veglie contro la guerra su Gaza, compresi i presidi mattinieri vicino l'aeroporto di Tel Aviv.

Abbiamo distribuito nelle principali città migliaia di fotografie dei bambini di Gaza.
Ci siamo uniti alle manifestazioni dei bambini e delle donne a Bil'in e Ni'ilin.
Un'altra veglia è stata fatta all'ingresso del centro di reclutamento il giorno dopo che un altro compagno è stato arrestato per resistenza al servizio di leva.

E naturalmente anche le consolidate manifestazioni del venerdì contro il muro della separazione (e contro la guerra su Gaza) a Bil'in, Ni'ilin, Jayyous, ed Um Salmuna.
Le forze di stato hanno continuato con le nuove misure di usare proiettili veri da 0,22 pollici sia a Bil'in, che Ni'ilin, e Jayyous.

Sabato sera 17 gennaio abbiamo partecipato ad uno spezzone rosso&nero nella manifestazione settimanale contro la guerra a Gaza, indetta dalla coalizione contro la guerra.
Ecco l'appello per la manifestazione di mercoledì 14 davanti al centro di leva

A sostegno delle obiettrici di coscienza israeliane Maya Yechieli-Wind e Raz Bar David-VeronMaya Yekhieli-Wind, una dei firmatari della lettera del movimento dei diplomati di scuola superiore (shministim) verrà rinchiusa questa mattina nella base militare di Tel Hashomer dove dichiarerà il suo rifiuto a prestare servizio militare in un esercito occupante, un esercito che ha bombardato ed ucciso centiinaia di persone nelle ultime 2 settimane.
Maya verrà raggiunta dalla collega Raz Bar David-Veron che è in attesa della quinta sentenza contro di lei per rifiuto a servire in un esercito di occupazione.

Ora più che mai dobbiamo mostrare che ci sono israeliani i quali si rifiutano di prendere parte alle atrocità che vengono commesse in nostro nome.

Mercoledì 14 gennaio alle 9.00 presso la base militare di Tel Hashomer, ci uniremo a Maya e Raz a sostegno del loro giusto rifiuto.

Due azioni mercoledì 14 con link video

Protesta contro la guerra su Gaza vicino all'aeroporto di Sde su http://www.youtube.com/watch?v=itjmqcn0ZIw
sostegno a Maya e Raz per il loro rifiuto su
http://www.youtube.com/watch?v=ltzr4g3LHxA&feature=channel
-----------------------------------------

Salve, il comitato popolare di Ni'ilin ed il club delle donne del villaggio hanno indetto una manifestazione delle donne contro il massacro a Gaza e contro il muro.
Sono invitate anche le attiviste israeliane ed internazionali.

BIL'IN
Estratti dal resoconto di un compagno da Bil'in:
Tre feriti e dozzine di manifestanti in difficoltà per aver inalato gas lacrimogeni durante la manifestazione settimanale di Bil'in venerdì 16 gennaio
Gli abitanti di Bil'in hanno manifestato contro il rifiuto da parte di Israele degli sforzi internazionali per il cessate il fuoco.

Venerdì 16 gennaio 2009
Gli abitanti di Bil'in oggi si sono riuniti dopo la preghiera del venerdì in un'azine di solidarietà con la popolazione di Gaza. Si sono uniti attivisti internazionali ed israeliani di Anarchici Contro il Muro, tutti contro la guerra su Gaza.
I manifestanti portavano bandiere palestinesi, venezuelane e boliviane, a dimostrare il sostegno dato dai due paesi sudamericani nel corso della settimana, con la rottura delle relazioni dilomatiche con Israele a causa della guerra su Gaza.

La manifestazione è stata simbolicamente silenziosa, mentre i manifestanti portavano bandiere delle Nazioni Unite, dell'Unione Europea e della Lega Araba sul loro petto, e sulla bocca scarpe con la bandiera americana ed israeliana a simbolizzare il potere di questi 2 paesi nell'imbavagliare il resto del mondo. Altri manifestanti avevano le tre bandiere dell'ONU, della UE e della Lega Araba legate con un adesivo sulla loro bocca a dimostrare il silenzio mondiale verso i massacri israeliani a Il massacro a Gaza prosegue senza tregua.

Sono quasi mille i morti per i bombardamenti, di cui un quarto sono bambini. Sono migliaia i feriti, decine di migliaia i profughi che cercano riparo dai bombardamenti aerei e dai carri armati, mentre gli ospedali sono al collasso per l'altissimo numero di ricoverat. L'assedio israeliano va avanti e con esso i crimini di guerra.
I civili nel sud di Israele sono tenuti come ostaggi da un governo che li usa e che racconta loro menzogne. La distruzione ed i morti di Gaza non renderanno il loro futuro più sicuro, ma procureranno ancora più violenza e morti.
----------------------------------------------

manifestazione di venerdì 16 gennaio in Arara el nakab -
link video su
http://www.youtube.com/watch?v=P1fDXC5TtJI
----------------------------------------------

appello per la manifestazione di sabato 17 gennaio:
Unitevi alla protesta di sabato 17.1.2009, a Tel Aviv - Jaffa.
Insieme potremo gridare:
Stop alle morti!
No all'assedio!
Stop ai crimini di guerra!
Sì alla vita per entrambi i popoli!

In questi giorni bui, unisciti al nostro messaggio:
Ebrei ed Arabi si rifiutano di essere nemici!

Noi chiediamo:
il pieno ritiro e la rimozione dell'assedio da Gaza ORA!
Ci incontriamo sabato al parco di Charles Clore alle 18:30.
Da lì, corteo verso gan Hashnaim su Yeffet Street. a Jaffa, e presidio per ricordare i morti uccisi in questa guerra.
Organizziamoci nello spezzone rosa&nero nella manifestazione di sabato a Jaffa .

Facciamo un po' di sano casino rivoluzionario!!
---------------------------------
Il nostro gruppo di percussionisti ha poi fatto il chiasso che volevamo.

Ilan Shalif (AAtW)
(traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali)

Protesta alla Romanina

Buonasera, sabato presso il centro commerciale La Romanina (e poi in corteo al centro commerciale Tor Vergata) 200 lavoratori dell'ipermercato Carrefour hanno manifestato e scioperato contro il licenziamento di 116 dipendenti avvenuto lunedì scorso.

L' azienda, che aveva aperto la procedura di licenziamento per 125 persone su 241 occupate presso l'ipermercato di Roma alla Romanina, lo storico ex Ipermondo/ Euromercato, non aveva voluto accogliere le proposte sindacali né quelle avanzate dalla Regione Lazio per giungere ad una soluzione condivisa a scongiurare i licenziamenti.

Successivamente, il 28 ottobre 2008 nell' ambito di un incontro sindacale generale, si era affrontata la situazione e la SSC SRL CARREFOUR si era impegnata con il sindacato a svolgere un ulteriore incontro per tentare di superare il mancato accordo.

L' azienda dopo aver tergiversato per tutto il mese di dicembre, in data 12 gennaio c.a. ha fatto pervenire le lettere di licenziamento colpendo indistintamente coloro che hanno un' ampia anzianità di servizio e diversi carichi familiari, oltre che gravi patologie e contesti familiari critici (vedove/ ragazze madri).

Licenziamenti profondamente contraddittori, illegittimi ed arroganti:

- Contraddittori perché nel comune di Roma la Carrefour opera con altri 5 punti vendita ed in ognuno di essi, compreso quello della Romanina, sono impiegati lavoratori con contratto a termine (decine), lavoratori dipendenti da aziende terze (centinaia di merchandising e di promoter), lavoratori con contratto interinale che tutti insieme, svolgono ordinariamente le medesime attività lavorative delle persone licenziate e sono il triplo (circa 500 persone).

- Illegittimi perché contrastano con l' impiego delle tipologie di impiego richiamate e con i criteri di selezione delle persone da seguire in occasione dei licenziamenti collettivi (anzianità di servizio , carichi familiari, problemi tecnico organizzativi).

- Arroganti per le modalità e le bugiarde motivazioni adottate dall'azienda per sostenere le lettere di licenziamento ( La SSC SRL CARREFOUR ha proposto al sindacato sino al 13 dicembre 2008 l'alternativa della Cassa Integrazione Guadagni).

Patrizio Belloni
(19 gennaio 2009)

domenica 18 gennaio 2009

ARRESTATI 700 MANIFESTANTI ISRAELIANI CONTRARI ALL'OFFENSIVA NELLA STRISCIA DI GAZA

13/01/2009
Arrestati 700 manifestanti israeliani contrari all'offensiva nella Striscia

Gordon, docente presso l'università Ben Gurion, si dice preoccupato per le sorti del Paese
Circa 700 israeliani sono stati arrestati per aver manifestato contro le operazioni intraprese dal governo israeliano nella Striscia di Gaza, ha reso noto Neve Gordon, docente presso il dipartimento di studi sulla politica e il governo dell'università Ben Gurion del Negev, in Israele.
"Questo è apertamente un atto di intimidazione da parte dello stato nei confronti di quanti non appoggiano questa guerra", ha aggiunto Neve Gordon, durante un'intervista condotta da Amy Goodman di Democracy Now!. Riguardo alle vittime israeliane Gordon ha spiegato: "Negli otto anni in cui i razzi sono stati lanciati dalla Striscia di Gaza, sono una ventina le persone che sono morte a causa dei razzi. Nello stesso arco di tempo, invece, circa quattromila israeliani sono morti a causa di incidenti stradali". Eppure, la motivazione alla base dell'attacco israeliano rimane quello dei razzi lanciati dalla Striscia di Gaza. "E noi in nome di questi venti morti ci sentiamo autorizzati a entrare nella Striscia di Gaza, bombardarli e uccidere 275 bambini". Gordon ha inoltre criticato le continue violazioni da parte di Israele del diritto internazionale. Autore del libro 'Israel's Occupation', il docente, nonostante condanni il lancio di razzi contro Israele, ha spiegato che: "dobbiamo capire che l'occupazione in sé è un atto di violenza [...] e che queste persone stanno facendo resistenza. Non sono d'accordo con il modo in cui stanno resistendo, ma è comunque una violenza che nasce contro la violenza esercitata da noi. E' assolutamente necessario che Israele cambi il proprio approccio al problema. L'unica soluzione è raggiungere la pace con la Siria, il Libano e il popolo palestinese".

mercoledì 14 gennaio 2009

FERMIAMO IL MASSACRO DI GAZA

FERMIAMO IL MASSACRO DI GAZA

In vista del corteo nazionale di sabato 17 gennaio a Roma in
solidarietà con il popolo palestinese, invitiamo tutti e tutte a
partecipare al corteo territoriale di mercoledi 14 gennaio 2009 che
partirà da piazza delle camelie alle ore 17.00.
Come strutture impegnate da anni nelle lotte sociali nei nostri
territori, riteniamo necessario sostenere iniziative contro l'ennesimo
massacro dell'imperialismo sionista e dei suoi complici.

CONTRO TUTTI GLI IMPERIALISMI PER L'EMANCIPAZIONE DEI POPOLI
PALESTINA LIBERA!
CSOA EX SNIA VISCOSA - LABORATORIO SOCIALE LA TALPA
CSOA FORTE PRENESTINO

lunedì 12 gennaio 2009

Israele-Palestina, gli Anarchici Contro Il Muro continuano a partecipare alla lotta unitaria

Israele-Palestina, gli Anarchici Contro Il Muro continuano a partecipare alla lotta unitaria

10 gennaio, 2009 23:53author by Ilan S. - AAtW; ainfos; Matzpen;author address Tel Aviv Report this post to the editors

(...)
Durante la settimana iniziativa di solidarietà con i 18 compagni arrestati davanti all'aeroporto venerdì 2 gennaio e per i quali la polizia ha chiesto il prolungamento dell'arresto fino al processo (ma il giudice è stato contrario). I compagni hanno partecipato alle manifestazioni contro la guerra Gaza: a Jafa lunedì 5 e sabato 10, Haifa martedì 6, Tel Aviv mercoledì 7 e giovedì 8, Baka Al Garbiah venerdì 9. Mercoledì 7 gennaio un compagno è stato arrestato a Tel Aviv. Non abbiamo avuto abbastanza forze per unirci alle manifestazioni di Ni'lin (mercoledì 7 corteo di bambini) e di Bil'in (giovedì 8 corteo delle donne). Venerdì 9 come al solito siamo stati presenti alle manifestazioni di Bil'in, Ni'ilin, Um Salmuna e Jayyous contro il muro. Durante la settimana, nei programmi radiofonici e televisivi si è discusso delle nostre attività da traditori in tempo di guerra.

9-1-09 M., un compagno all'estero è stato intervistato sulla Tv nazionale canadese dopo l'occupazione del conslolato israeliano a Montreal
http://www.globaltv.com/globaltv/quebec/index.html
http://www.facebook.com/ext/share.php?sid=44056403691&h...TtzPP

Video della manifestazione di massa a Baka el Garbia del 9-1-09 su http://www.youtube.com/watch?v=7Hwmu8Q7EHQ
BIL'IN

Estratti dal resoconto di un membro del comitato del villaggio:
"I manifestanti di Bil'in ricordano al mondo l'olocausto e la sua promessa

4 feriti e 5 arrestati [compresi 2 israeliani] nella manifestazione settimanale a Bil’in

venerdì 9 gennaio

Gli abitanti di Bil'in si sono riuniti oggi per protestare dopo la preghiera del venerdì. Alla protesta si sono uniti attivisti israeliani ed internazionali in solidarietà con i palestinesi ed in opposizione con la guerra su Gaza, contro gli insediamenti coloniali israeliani e contro la costruzione del muro. I manifestanti portavano bandiere palestinesi e del Venezuela, in segno di apprezzamento per la decisione del Venezuela di allontanare l'ambasciatore israeliano.

I manifestanti portavano abiti simili a quelli portati dagli ebrei nei campi di concentramento fascisti durante la seconda guerra mondiale. C'era chi portava anche giacchette gialle nella foggia di Gaza con la parola “Gazan” scritta sopra per simbolizzare la stella gialla "ebraica" di Davide portata dagli Ebrei europei durante la seconda guerra mondiale. Questo messaggio di rabbia era per rammentare al mondo l'olocausto nazista e la promessa fatta dalla comuntà internazionale perchè mai più si ripetesse una cosa simile, quando poi questa promessa è stata disattesa proprio da coloro che hanno avuto i loro antenati vittime dell'olocausto."

Qui sotto un estratto dall'editoriale sul quotidiano liberal Haaretz:

'Nei giorni scorsi, il servizio di sicurezza Shin Bet ha interrogato dozzine di arabi residenti in Israele, mentre ad altri è stato intimato di non partecipare alle manifestazioni contro le operazioni delle forze armate israeliane (IDF) nella striscia di Gaza. Quelli che hanno partecipato alle manifestazioni a Jaffa, Sakhnin e Shfaram sono stati convocati per "colloqui di chiarimento" persino nei casi di manifestazioni autorizzate.

Il Shin Bet ha approvato gli interrogatori ed ha spiegato che "nei giorni scorsi c'è stato in Israele un certo numero di incidenti violenti a carattere nazionalista. In questi incidenti si sono verificati lanci di pietre, incendi ed esplosioni. Sono seguiti degli arresti."

In parallelo, si è svolta nel tribunale di Tel Aviv l'udienza contro gli attivisti di sinistra che hanno bloccato l'aereporto militare di Sde Dov venerdì 2 gennaio, per protestare contro l'operazione Cast Lead. Gli attivisti erano accusati di ingresso illegale in un'area militare, di partecipazione a manifestazione non autorizzata e di resistenza a pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni. Il giudice ha respinto la richiesta di prolungare la detenzione degli attivisti fino alla fine del procedimento legale, cosa che in genere si fa quando la corte ritiene che il rilascio degli accusati possa essere di minaccia per la pubblica sicurezza....."

Related Link: http://ilanisagainstwalls.blogspot.com/
Ilan Shalif (AAtW)
(traduzione di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali)

domenica 11 gennaio 2009

Gaza: IL TRADIMENTO DEGLI INTELLETTUALI (Paolo Barnard)

IL TRADIMENTO DEGLI INTELLETTUALI


Marco Travaglio ha appena scritto un commento su Gaza, diramato dalla sua casa editrice Chiarelettere, che inizia così: “Israele non sta attaccando i civili palestinesi. Israele sta combattendo un’organizzazione terroristica come Hamas che, essa sì, attacca civili israeliani”.

Bene.

Il compianto Edward Said, palestinese e docente di Inglese e di Letteratura Comparata alla Columbia University di New York, scrisse anni fa un saggio intitolato “The Treason of the Intellectuals” (il tradimento degli intellettuali). Si riferiva alla vergognosa ritirata delle migliori menti progressiste d’America di fronte al tabù Israele. Ovvero come costoro si tramutassero nelle proverbiali tre scimmiette - che non vedono, non sentono, non parlano - al cospetto dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra che il Sionismo e Israele Stato avevano commesso e ancora commettono in Palestina, contro un popolo fra i più straziati dell’era contemporanea.

E di tradimento si tratta, senza ombra di dubbio, e cioè tradimento della propria coscienza, delle proprie facoltà intellettive, e del proprio mestiere. Gli intellettuali infatti hanno a disposizione, al contrario delle persone comuni, ogni mezzo per sapere, per approfondire. Ma nel caso dei 60 anni di conflitto israelo-palestinese, con la mole schiacciate e autorevole di documenti, di prove e di testimonianze che inchiodano lo Stato ebraico, non sapere e non pronunciarsi può essere solo disonestà e vigliaccheria. Poiché in quella tragedia la sproporzione fra i rispettivi torti è così colossale che non riconoscere nel Sionismo e in Israele un “torto marcio”, una colpa grottescamente e atrocemente superiore a qualsiasi cosa la parte araba abbia mai fatto o stia oggi facendo, è ignobile. E’ un tradimento della più elementare pietas, del cuore stesso dei Diritti dell’Uomo e della legalità moderna. E’ complicità, sì, com-pli-ci-tà nei crimini ebraici in Palestina. Leggete più sotto.

I traditori nostrani abbondano, particolarmente nelle fila dell’ala ‘progressista’. Marco Travaglio guida oggi il drappello, che vede Furio Colombo, Gad Lerner, Umberto Eco, Adriano Sofri, Gustavo Zagrebelsky, Walter Veltroni, Davide Bidussa et al., affiancati dell’instancabile lavoro di falsificazione della cronaca di tutti i corrispondenti a Tel Aviv delle maggiori testate italiane. E ci si chiede: perché lo fanno? Personalmente non mi interessa la risposta, e non voglio neppure addentrarmi in ipotesi contorte del tipo ‘il potere della lobby ebraica’, la carriera, o simili.

Ciò che conta è il danno che costoro causano, che è, si badi bene, superiore a quello delle armi, delle torture, delle pulizie etniche, del terrorismo. Molto superiore.

Perché una cosa sia chiara a tutti: l’unica speranza di porre fine alla barbarie in Palestina sta nella presa di posizione decisa dell’opinione pubblica occidentale, nella sua ribellione alla narrativa mendace che da 60 anni permette a Israele di torturare un intero popolo innocente e prigioniero nell’indifferenza del mondo che conta, quando non con la sua attiva partecipazione. Ma se gli intellettuali non fanno il loro dovere di denuncia della verità, se cioè non sono disposti a riconoscere ciò che l’evidenza della Storia gli sbatte in faccia da decenni, e se non hanno il coraggio di chiamarla pubblicamente col suo nome, che è: Pulizia Etnica dei palestinesi, mai si arriverà alla pace laggiù. E l’orrore continua. Essi, di quegli orrori, hanno una piena e primaria corresponsabilità.

L’evidenza della Storia di cui parlo è in primo luogo: che il progetto sionista di una ‘casa nazionale’ ebraica in Palestina nacque alla fine del XIX secolo con la precisa intenzione di cancellare dalla ‘Grande Israele’ biblica la presenza araba, attraverso l’uso di qualsiasi mezzo, dall’inganno alla strage, dalla spoliazione violenta alla guerra diretta, fino al terrorismo senza freni. I palestinesi erano condannati a priori nel progetto sionista, e lo furono 40 anni prima dell’Olocausto. Quel progetto è oggi il medesimo, i metodi sono ancor più sadici e rivoltanti, e Israele tenterà di non fermarsi di fronte a nulla e a nessuno nella sua opera di Pulizia Etnica della Palestina. Questo accadde, sta accadendo e accadrà. Questo va detto, illustrato con la sua mole schiacciante di prove autorevoli, va gridato con urgenza, affinché il pubblico apra finalmente gli occhi e possa agire per fermare la barbarie.

In secondo luogo: che la violenza araba-palestinese, per quanto assassina e ingiustificabile (ma non incomprensibile), è una reazione, REAZIONE, disperata e convulsa, a oltre un secolo di progetto sionista come sopra descritto, in particolare a 60 anni di orrori inflitti dallo Stato d’Israele ai civili palestinesi, atrocità talmente scioccanti dall’aver costretto la Commissione dell’ONU per i Diritti Umani a chiamare per ben tre volte le condotte di Israele “un insulto all’Umanità” (1977, 1985, 2000). La differenza è cruciale: REAGIRE con violenza a violenze immensamente superiori e durate decenni, non è AGIRE violenza. E’ immorale oltre ogni immaginazione invertire i ruoli di vittima e carnefice nel conflitto israelo-palestinese, ed è quello che sempre accade. E’ immorale condannare il “terrorismo alla spicciolata” di Hamas e ignorare del tutto il Grande terrorismo israeliano.

Le prove. Non posso ricopiare qui migliaia di documenti, citazioni, libri, atti ufficiali e governativi, rapporti di intelligence americana e inglese, dell’ONU, delle maggiori organizzazioni per i Diritti Umani del mondo, di intellettuali e politici e testimoni ebrei, e tanto altro, che dimostrano oltre ogni dubbio quanto da me scritto. Quelle prove sono però facilmente consultabili poiché raccolte per voi e rigorosamente referenziate in libri come “La Pulizia Etnica della Palestina”, di Ilan Pappe, Fazi ed., o “Pity The Nation”, di Robert Fisk, Oxford University Press, e “Perché ci Odiano”, Paolo Barnard, Rizzoli BUR, fra i tantissimi. O consultabili nei siti http://www.btselem.org/index.asp, http://www.jewishvoiceforpeace.org, http://zope.gush-shalom.org/index_en.html, http://www.kibush.co.il, http://rhr.israel.net, http://otherisrael.home.igc.org. O ancora leggendo gli archivi di Amnesty International o Human Rights Watch, o ne “La Questione Palestinese” della libreria delle Nazioni Unite a New York.

E torno al “tradimento degli intellettuali” nostrani. Vi sono aspetti di quel fenomeno che sono fin disperanti. Il primo è l’ignoranza in materia di conflitto israelo-palestinese di alcuni di quei personaggi, Marco Travaglio per primo; un’ignoranza non scusabile, per le ragioni dette sopra, ma anche ‘sospetta’ in diversi casi.

Un secondo aspetto è l’ipocrisia: l’evidenza di cui sopra è soverchiante nel descrivere Israele come uno Stato innanzi tutto razzista, poi criminale di guerra, poi terrorista, poi Canaglia, poi persino neonazista nelle sue condotte come potere occupante. Ricordo il 17 novembre 1948, quando Aharon Cizling, allora ministro dell’agricoltura della neonata Israele, sorta sui massacri dei palestinesi innocenti, disse: “Adesso anche gli ebrei si sono comportati come nazisti, e tutta la mia anima ne è scossa”. Ricordo Albert Einstein, che sul New York Times del dicembre 1948 definì l’emergere delle forze di Menachem Begin (futuro premier d’Israele) in Palestina come “un partito fascista per il quale il terrorismo e la menzogna sono gli strumenti”. Ricordo Ephrahim Katzir, futuro presidente di Israele, che nel 1948 mise a punto un veleno chimico per accecare i palestinesi, e ne raccomandò l’uso nel giugno di quell’anno. Ricordo Ariel Sharon, che sarà premier, e che nel 1953 fu condannato per terrorismo dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU con la risoluzione 101, dopo che ebbe rinchiuso intere famiglie palestinesi nelle loro abitazioni facendole esplodere. Ricordo l’ambasciatore israeliano all’ONU, Abba Eban, che nel 1981 disse a Menachem Begin: “Il quadro che emerge è di un Israele che selvaggiamente infligge ogni possibile orrore di morte e di angoscia alle popolazioni civili, in una atmosfera che ci ricorda regimi che né io né il signor Begin oseremmo citare per nome”. Ricordo la risoluzione ONU A/RES/37/123, che nel dicembre del 1982 definì il massacro dei palestinesi a Sabra e Chatila sotto la “personale responsabilità di Ariel Sharon” un “atto di genocidio”. Ricordo le parole dello Special Rapporteur dell’ONU per i Diritti Umani, il sudafricano John Dugard, che nel febbraio del 2007 scrisse che l’occupazione israeliana era Apartheid razzista sui palestinesi, e che Israele doveva essere processata dalla Corte di Giustizia dell’Aja. Ricordo le parole dell'intellettuale ebreo Norman G. Finkelstein, i cui genitori furono vittime dell’Olocausto: “Ma se gli israeliani non vogliono essere accusati di essere come i nazisti, devono semplicemente smettere di comportarsi da nazisti.” Ricordo che esistono prove soverchianti che Israele usa bambini come scudi umani; che lascia morire gli ammalati ai posti di blocco; che manda i soldati a distruggere i macchinari medici nei derelitti ospedali palestinesi; che viola dal 1967 tutte le Convenzioni di Ginevra e i Principi di Norimberga; che ammazza i sospettati senza processo e con loro centinai di innocenti; che punisce collettivamente un milione e mezzo di civili esattamente come Saddam Hussein fece con le sue minoranze shiite; che massacra 19.000 o 1.000 civili a piacimento in Libano (1982, 2006) e poi reclama lo status di vittima del ‘terrorismo’. Ricordo che il Piano di Spartizione della Palestina del 1947 fu rigettato da Ben Gurion prima ancora che l'ONU lo adottasse, e che esso privava i palestinesi di ogni risorsa importante (dai Diari di Ben Gurion). Ricordo che la guerra arabo-israeliana del 1948 fu una farsa dove mai l’esercito ebraico fu in pericolo di sconfitta, tanto è vero che Ben Gurion diresse in quei mesi i suoi soldati migliori alla pulizia etnica dei palestinesi (sempre dai Diari di Ben Gurion); che la guerra dei Sei Giorni nel 1967 fu un’altra menzogna, dove ancora Israele sapeva in aticipo di vincere facilmente “in 7 giorni”, come disse il capo del Mossad Meir Amit a McNamara a Washington prima delle ostilità, e mentre l’egiziano Nasser tentava disperatamente di mediare una pace (dagli archivi desecretati della Johnson Library, USA); che gli incontri di Camp David nel 2000 furono un inganno per distruggere Arafat, come ho dimostrato in “Perché ci Odiano” intervistando i mediatori di Clinton; che i governi di Israele hanno redatto 4 piani in sei anni per la distruzione dell'Autorità Palestinese sancita dagli accordi di Oslo mentre fingevano di volere la pace (nomi: Fields of Thorns, Dagan, The Destruction of the PA, ed Eitam); che la tregua con Hamas che ha preceduto l’aggressione a Gaza fu rotta da Israele per prima il 4 novembre del 2008 (The Guardian, 5/11/08 – Ha’aretz, 30/12/08), con l’assassino di 6 palestinesi. E queste sono solo briciole della mole di menzogne che ci hanno raccontato da sempre sulla 'epopea' sionista.


Ricordo infine Ben Gurion, il padre di Israele, che lasciò scritto: “Dobbiamo usare il terrore, l’assassinio, l’intimidazione, la confisca delle loro terre, per ripulire la Galilea dalla sua popolazione araba”. E ancora: “C’è bisogno di una reazione brutale. Se accusiamo una famiglia, dobbiamo straziarli senza pietà, donne e bambini inclusi. Durante l’operazione non c’è bisogno di distinguere fra colpevoli e innocenti”. Quell'uomo pronunciò quelle agghiaccianti parole 20 anni prima della nascita dell’OLP, più di 30 anni prima della nascita di Hamas, 50 anni prima dell’esplosione del primo razzo Qassam su Sderot in Israele.

Ricordo ai nostri ‘intellettuali’ di andarle a leggere queste cose, che sono in libreria accessibili a tutti, prima di emettere sentenze.

E l’ipocrisia sta nel fatto che questi negazionisti di tali orrori storici possono scrivere le enormità che scrivono sulla tragedia di Gaza, sulla Pulizia Etnica dei palestinesi, e possono dichiararsi filo-israeliani “appassionati” (Travaglio) senza essere ricoperti di vergogna dal mondo della cultura, dai giornalisti e dai politici come lo sarebbe chiunque negasse in pubblico l’orrore patito per decenni dalle vittime dell’Apartheid sudafricana, o i massacri di pulizia etnica di Srebrenica e in tutta la ex Jugoslavia.

Il mio appello a questi colti mistificatori è: continuare a seppellire sotto un oceano di menzogne, di ipocrisia, sotto l’indifferenza allo strazio infinito di un popolo, sotto la vostra paura o la vostra convenienza, la grottesca sproporzione fra il torto di Israele e quello palestinese, causa e causerà ancora morti, agonie, inferno in terra per esseri umani come noi, palestinesi e israeliani. Sono più di cento anni che il nostro mondo li sta umiliando, tradendo, derubando, straziando, con Israele come suo sicario. Sono 60 anni che chiamiamo quelle vittime “terroristi” e i terroristi “vittime”. Questo è orribile, contorce le coscienze. Non ci meravigliamo poi se i palestinesi e i loro sostenitori nel mondo islamico finiscono per odiarci. Dio sa quanta ragione hanno, cari 'intellettuali'.

Paolo Barnard

Gennaio 2009

I Gattopardi padroni della crisi

I rappresentanti politici del Capitale hanno trovato un capro espiatorio. La colpa di questa crisi è della finanza. Anzi non tanto della finanza in se stessa ma della finanza senza regole.
Allora basterebbe mettergli delle briglie per risolvere tutti i problemi.
Intanto dal lato dell'economia reale nessuna critica al sistema è accettata. Li c'è il capitalismo buono, certo quello che mira all'asservimento completo dei lavoratori. Vuoi conservare il tuo posto di lavoro precario o meno che sia? vuoi continuare a poter pagare il mutuo della "tua" casa? vuoi che i tuoi figli continuino ad avere una vita minimamente dignitosa?
Allora firma il contratto che il "gatto e la volpe" ti impongono.
--------------------------------------------------
I Gattopardi
padroni
della crisi

Giorgio Cremaschi


Nel "Gattopardo" il nipote garibaldino così si rivolge allo zio, barone siciliano fedele ai Borboni, per convincerlo a schierarsi con i piemontesi: "Perché non cambi nulla bisogna che cambi davvero tutto". A questo fa pensare l'incontro di politici ed economisti europei, presenti tra gli altri Merkel, Blair, Tremonti, Sarkozy, dal quale è emersa una critica radicale al capitalismo finanziario e speculativo crollato nello scorso autunno. Cos'è il tutto che deve cambiare? La follia speculativa e il ruolo predominante della casta dei manager, il dominio della finanza sulla cosiddetta economia reale, del sistema bancario su quello delle imprese industriali. Cos'è però che deve restare? La sostanza della globalizzazione liberista, cioè la distruzione dello stato sociale ove c'era, lo smantellamento dei diritti dei lavoratori, la concorrenza salariale al ribasso, la precarietà e la flessibilità spinte all'estremo. Non una parola finora, tra tante critiche e autocritiche dei governanti, è stata rivolta alle condizioni del lavoro. La flessibilità è sempre la via maestra dello sviluppo e il salario resta sempre il nemico del sistema: guai a dire semplicemente "più salario". Anche quando si parla di una maggiore giustizia sociale, al massimo si pensa a un po' di esenzioni fiscali, e qualche elargizione per i disoccupati e i più poveri. La riduzione degli orari di lavoro, per contenere i licenziamenti, deve avvenire riducendo i salari e nessuno, ma proprio nessuno, pensa di mettere in discussione i contratti precari in quanto tali. Il rappresentante italiano nella Banca Europea, Bini Smaghi (successore di Padoa Schioppa, evidentemente il doppio cognome è indispensabile per accedere a quegli incarichi), ha proposto di finanziare le indennità per i disoccupati con l'aumento dell'età pensionabile. L'obiezione che sarebbe più sensato far andare prima in pensione e assumere così più disoccupati, invece che produrne ancora di più con l'allungamento del tempo di lavoro, è considerata ideologica. E a proposito di pensioni, è ideologico dubitare che non sia più vera la favola dei fondi. Quella secondo la quale ciò che manca nella pensione pubblica, può essere sostituito dalla moltiplicazione dei pani e dei pesci che avverrebbe con i fondi pensionistici privati. Ma se Borse e mercati crollano, come faranno i fondi a mantenere le loro promesse? Non lo faranno, ed infatti ai lavoratori della General Motors, in cambio dei possibili aiuti di stato, viene chiesto di rinunciare a gran parte della pensione aziendale, per ridurre il costo del lavoro.
Qui sta il punto. Le critiche al capitalismo liberista si fermano sulla soglia dei rapporti di lavoro, dei salari, delle condizioni e della dignità concreta dei lavoratori. Ai quali anzi vengono richiesti nuovi sacrifici, questa volta non in nome di promesse di guadagni magici, ma secondo la più antica favola di Menenio Agrippa. E chi non ci sta, chi prova a collegare la sua condizione di sfruttamento con il capitalismo in crisi, è un nemico da stroncare ed allontanare e le lacrime di coccodrillo degli imprenditori coprono una prepotente crescita dell'autoritarismo aziendale. Si licenziano i precari dalla sera alla mattina. Si licenziano delegati, come alla Maserati, si impongono continui peggioramenti delle condizioni di lavoro, si distribuiscono provvedimenti disciplinari e minacce continue. Cresce in ogni luogo di lavoro la paura, che galleggia ancor di più nel brodo della dilagante cassa integrazione, che aggiunge dramma sociale al degrado. Le ragioni della dignità del lavoro sono calpestate e coloro che le sollevano sono considerati e trattati come nemici dell'azienda e dell'economia. Alla fine avremo un capitalismo più regolato nei piani alti e ancor più feroce e ingiusto in quelli bassi.
Qual è il ruolo assegnato al sindacato in tutto questo? In Italia ne abbiamo avuto un primo saggio nella vicenda Alitalia. Chi ha firmato, il sindacalismo confederale, non ha contato nulla, è stato messo all'angolo in un ruolo ridicolo e impotente. Chi non ha firmato è stato posto alla gogna riservata ai nemici della nazione. Del resto le parole sono sempre chiare. Oggi al sindacato non si chiede più soltanto collaborazione, ma complicità. Il maxiaccordo sul sistema contrattuale, rispetto al quale destra e sinistra, Confindustria e grandi giornali, premono per l'adesione della Cgil, dovrebbe sanzionare tutto questo. Si dovrebbe finalmente abbandonare le rigidità del contratto nazionale e accettare flessibilità e sfruttamento, azienda per azienda, territorio per territorio, nel nome della comune lotta per la produttività. I lavoratori perderebbero definitivamente il diritto a rivendicare aumenti salariali "a prescindere", come ha detto il segretario della Cisl, e potrebbero solo sperare di guadagnare di più lavorando di più. E il sindacato, complice di tutto questo, ne verrebbe premiato con l'accesso a fondi, Enti, ruoli economici, ai quali il capitalismo riformato promette di lasciare spazio.
Se vogliamo che qualcosa cambi davvero nel sistema economico e sociale, bisogna allora prima di tutto impedire, anzi rovesciare, la soluzione gattopardesca. Bisogna ripartire dai salari, dalle condizioni di lavoro, dagli orari, dalla salute e dai diritti. Bisogna costruire un nuovo antagonismo sindacale e sociale che rifiuti le compatibilità che servono a salvare la sostanza profonda del sistema che ci ha portato alla crisi. Solo dalla rottura di questo disegno possono partire un'altra politica economica e un diverso sviluppo fondato sulla giustizia e l'uguaglianza.

giovedì 8 gennaio 2009

Bagatelle per un massacro

Comunicato stampa della sezione dell'FdCA di Reggio Emilia inviato a "La Gazzetta di Reggio"
-----------------------------------------------

BAGATELLE PER UN MASSACRO

L’esercito israeliano sta duramente colpendo la città di Gaza, come sempre, e con un copione ormai vecchio e ripetitivo va avanti la politica di annientamento della popolazione palestinese.
Centinaia di vittime, migliaia di feriti, con un’accelerazione della politica di distruzione della popolazione di Gaza, già duramente provata da un barbaro embargo, che ha di fatto rinchiuso in un ghetto migliaia di persone privandole delle più elementari necessità.
L’informazione , quasi tutta,si appresta a leggere le veline delle forze armate israeliane, le vittime devono essere vittime di loro stesse, la vergognosa propaganda bellicista israeliana ha già trovato nuovi e vecchi pennivendoli a cui assegnare il prossimo premio amici di Israele.
Tutti contro Hamas, l’indifendibile Hamas, partito vincitore delle ultime elezioni nella striscia di Gaza, è un vecchio ed ormai liso copione, quello di scegliersi gli interlocutori desiderati, alla fine degli anni 70 fu il governo Begin che decise i primi stanziamenti alla Alleanza islamica dello sceicco Yassim, intervento economico incrementato dal successivo governo Shamir, che permise ai movimenti islamici una continua conquista ed ascesa tra la popolazione palestinese, sottraendo peso e prestigio internazionale all’OLP di Arfat ed in modo particolare al Fronte di liberazione della Palestina, i cui dirigenti venivano assassinati o incarcerati, (il caso di Marwan Barguti ne è la testimonianza più evidente).
L’unico responsabile di quello che sta accadendo e di ciò che sembra addensarsi per il prossimo futuro è la politica guerra fondaia e razzista dello Stato Israeliano sessanta anni di guerre hanno dapprima consolidato una casta militare che di fatto controlla tutto il paese, un economia di guerra assistita che ha drogato l’economia e reso buona parte della popolazione legata al ciclo economico sicurezza-guerra.
Non sarà la mafia degli Abu Mazen o il presunto integralismo di Hamas a limitare la nostra solidarietà e la nostra lotta a fianco della popolazione palestinese ed al movimento pacifista e anarchico israeliano, da anni impegnato nelle lotte contro la costruzione del muro in Cisgiordania, contro la distruzione delle case palestinesi e contro la politica di nuovi insediamenti.
Non abbiamo mai creduto che la fine dell’aggressione israeliana si risolva nella formula “due popoli due stati”, a meno che si voglia legittimare la nascita di nuovi ghetti nei quali la condizione di vita per la popolazione palestinese sarà fortemente privata dei più elementari diritti.
La fine del conflitto che da sessanta anni insanguina la costruzione dello stato di Israele sarà resa possibile e praticabile se la comunità internazionale saprà ascoltare le voci, le lotte, le speranze, che se ancor limitate, vogliono costruire una pace in una terra che unisca i popoli e non gli Stati
Su queste basi, e non su tesi rivolte alle dispute di bottega si può ragionare dell’aggressione israeliana, dobbiamo ringraziare chi ha permesso la riuscita della manifestazione di sabato 3 gennaio a Reggio Emilia che ha visto finalmente protagonisti i migranti , persone che a Reggio Emilia vivono e lavorano, grazie a loro ed al laboratorio AQ16 finalmente a Reggio Emilia si è levata una voce indignata per il massacro di Gaza, altro che bandiere bruciate, dov’è l’indignazione nei confronti di un popolo massacrato, dove i bambini impazziscono sotto i bombardamenti.
Noi libertari , senza partito, senza stato, senza potere, stiamo ancora dalla parte degli oppressi, oggi stiamo con il popolo palestinese.

FEDERAZIONE DEI COMUNISTI ANARCHICI (Reggio Emilia)

sabato 3 gennaio 2009

CI SONO ANCHE LE MANI INSANGUINATE DELL'EUROPA SULLA STRAGE DI GAZA

Centinaia di morti e migliaia di feriti sacrificati sull'altare dell'espansionismo sionista e del fondamentalismo.
In Europa i ministri degli esteri di tutti i paesi dell'Unione parlano di una reazione "esagerata" anche se "legittima" di Israele, ribaltando con un operazione degna dei più cinici prestigiatori la situazione reale facendo passare l'aggressore Stato di Israele per vittima.

Si continua a far finta di dimenticare che Gaza, una delle regioni più densamente abitate con circa un milione e mezzo di abitanti, di cui una buona metà composta da minori, è sottoposta da anni ad un embargo totale, compresi medicinali ed ogni bene di prima necessità. Embargo peraltro sostenuto da tutto il "civile" mondo occidentale e imposto da Israele e dall'intero occidente a Gaza in seguito alle elezioni vinte da Hamas grazie ad un sistema elettorale maggioritario con premio. Cosi come si fa finta di dimenticare che Hamas è stata in passato finanziata da Israele in chiave anti OLP.

E nonostante una tregua di 6 mesi l'embargo non è stato minimamente alleggerito e nessuno dei potenti occidentali ha nemmeno timidamente suggerito di allentarlo.
Lo Stato di Israele ha ripreso la sua strategia di controllo militare e vitale su Gaza e sulla Cisgiordania. In tutti gli inutili ed ipocriti proclami di volontà di pace europei si omette sistematicamente che Israele da 60 anni viola indisturbato innumerevoli risoluzioni dell'ONU e che continua ad occupare militarmente territori, con le colonie israeliane che si allargano giorno per giorno sulla terra dei palestinesi, costruendo muri che segregano villaggi interi, che continua a impedire a milioni di profughi di tornare nella loro terra, a sradicare uliveti e uccidere gli animali dei pastori, a umiliare quotidianamente chi tenta di passare da una parte all'altra dei muri della segregazione per lavorare, curarsi, andare a scuola.
Anzi si fa di più: si nasconde che la tregua è stata rotta dallo Stato israeliano il 4 novembre di quest' anno, quando il suo esercito ha ucciso un militante di Hamas di 22 anni.

Ma perché, al di la dei falsi ed ipocriti proclami pacifisti, questo appoggio incondizionato ad uno Stato così aggressivo e guerrafondaio da parte praticamente di tutte le maggiori potenze occidentali?

Gli USA si sa. Oltre all'importante alleanza strategico-territoriale che Israele rappresenta nell'area mediorientale per l'imperialismo americano, devono fare i conti con la forte lobby pro-Israele d'oltre Oceano, capace di influenzare pesantemente le scelte della politica estera statunitense. E quello che succede oggi sembra un chiaro avvertimento al neopresidente Obama.

L'Europa, ritrovando in parte quell'unità d'intenti per le politiche d'oltre confine, si giocherà probabilmente la carta della diplomazia attiva, per rafforzare quel ruolo mediterraneo mai abbandonato e per ribadire agli USA che non possono fare da soli nel "mare nostrum".

E poi ci sono gli affari fatti con la vendita delle armi, e si sa che in questo gli Stati sono sempre pronti a nascondere con la scusa del "segreto di Stato" ed ad appoggiare le commesse delle industrie che producono armamenti e sistemi di supporto. Anzi in questo le industrie sono molto bipartisan, non disdegnando di vendere anche agli opposti contendenti, l'importante che abbiano i soldi per comprarle.
Ad esempio l'Italia, oltre ad essere uno dei migliori fornitori di armi dell'Iran o del Libano, fornisce da anni armamentario tecnologico per l'esercito israeliano, attraverso le commesse di imprese come la OTO-MELARA, la BERETTA, la BORLETTI, la SELENIA.
Ma gli altri compari europei non sono da meno.

Inoltre la Palestina, risulta essere cinicamente un ottimo terreno di sperimentazione delle nuove tecnologie di morte, sempre più specializzatesi negli scenari di "guerra urbana", a cui tutte le industrie d'armi sono interessate, nessuna esclusa, da quelle statunitensi e israeliane, a quelle inglesi, francesi, tedesche, italiane, ecc. ecc.
E così da anni in questa terra martoriata, dove uomini, donne e bambini sembrano non avere più futuro, schiacciati nella morsa dei giochi di guerra dei potenti, si sperimentano nuovi armamenti, dalle bombe a grappolo, ai proiettili di uranio impoverito; si studia l'efficacia degli UAV ( gli aerei senza pilota), in grado di lanciare micidiali missili teleguidati, si sperimentano i carri armati Achzarit, capaci di resistere alle mine terrestri, si testano i blindati Namer equipaggiati con i motori della statunitense Continental Motors o della tedesca MTU, si verificano l'efficacia di sistemi d'avanguardia come le italianissime protezioni aggiuntive e le torrette telecomandate montate sulle autoblinde Puma, si testano i fantastici sistemi da guerra robotica dell'Alenia, come lo Sky-X, primo sistema al mondo in grado di rifornire in volo un velivolo non pilotato.

Tutto ciò sulle spalle di un popolo da sempre utilizzato nelle contese tra Stati e non solo, usato anche cinicamente negli scontri politici tra le fazioni interne ad un medesimo Stato, come nel caso delle vicende politiche israeliane che registrano uno scontro elettorale sia all'interno della compagine governativa, tra il "falco" Kadima, fautore di azioni estreme, come l'evacuazione della striscia proposta dal deputato Yisrael Hasson, e le colombe laburiste, favorevoli a misure più moderate, che tra Kadima ed i superfalchi di Likud, sempre più spostati verso posizioni ultra oltranziste.

Certo non è che ci aspettiamo che gli Stati arabi e/o islamici facciano qualcosa, divisi come sono, o intenti a rafforzare il loro prestigio e la loro influenza nell'area, anche loro sulla pelle del popolo palestinese. Come da tempo fa l'Iran che utilizza la tragedia palestinese, pubblicizzandosi come unico baluardo nei confronti dell'odiato imperialismo americano, per porsi come potenza emergente nell'area.

Ma al di là delle congetture politiche internazionali la situazione della popolazione palestinese appare oggi con poche prospettive di raggiungere una soluzione che rispecchi la possibilità di una vita minimamente dignitosa sia dal punto di vista della sicurezza sociale che della garanzia del rispetto dei diritti minimi di sopravvivenza.
Forse oggi l'unica garanzia che il popolo palestinese possa avere, il più velocemente possibile, un minimo di respiro e di pace è che i predoni di ogni grandezza e provenienza, che si accalcano fisicamente o idealmente ai suoi confini o che speculano politicamente all'interno degli stessi, raggiungano un nuovo precario equilibrio.

Le uniche prospettive di reale emancipazione che possiamo intravedere in un futuro prossimo è che si accrescano e si estendano quelle pratiche di auto-organizzazione portate avanti in molti villaggi palestinesi, sorte dalla solidarietà tra i comitati popolari palestinesi e organizzazioni come gli Anarchici Contro il Muro, al cui interno operano internazionalisti provenienti da tutto il mondo e israeliani antisionisti, che costantemente combattono, con pratiche prevalentemente di resistenza pacifica, l'arroganza dei coloni israeliani e dell'esercito che li appoggia. E non è un caso che è proprio in questi villaggi che è stata scelta un'altra strada rispetto al militarismo di Hamas.

Noi come anarchici e libertari di classe continueremo a denunciare il colonialismo sionista, così come denunciamo tutti gli imperialismi ed i fondamentalismi oppressori della libertà e della dignità dei popoli.
Continueremo a denunciare che intere schiere del proletariato mondiale soffrono l'oppressione e la miseria a causa degli scontri inter-imperialisti e dei cinici giochi politici dei potentati oligarchici locali, che divengono a loro volta pedine consapevoli o inconsapevoli nello scacchiere internazionale della contesa imperialista, sporco del sangue del proletariato.

Continueremo ad appoggiare le lotte e gli atti di solidarietà nei confronti del popolo palestinese, sostenendo tutte quelle manifestazioni in embrione di auto-determinazione che hanno e che stanno caratterizzando la lotta di interi villaggi della Palestina, convinti che sarà solo liberandosi dalla malefica influenza di qualsiasi oligarchia statale o parastatale che i lavoratori e le lavoratrici potranno conquistare terreno verso una vita più dignitosa.
2 gennaio 2009

Federazione dei Comunisti Anarchici (Italia)
Zabalaza Anarchist Communist Front (Sudafrica)
Common Cause (Ontario, Canada)
Militanti di Anarchists Against the Wall (Israele)

venerdì 2 gennaio 2009

UNA GOCCIA NELL’OCEANO

Il 16 dicembre 2008, come realtà antagoniste e libertarie abbiamo promosso, insieme all’Assemblea degli studenti di Sociologia e Scienze della Comunicazione in mobilitazione, una delle pochissime iniziative che quest’anno, in Italia, abbiano ricordato la Strage di Stato.
Riteniamo senz’altro preoccupante questo dato: mai come nel 2008 Piazza Fontana, l’assassinio di Pinelli e la prigionia di Valpreda sono stati dimenticati anche negli ambiti che dicono di non riconoscersi in questo presente fatto di sfruttamento e di autoritarismo.
E’ come se, pur criticando in continuazione le mistificazioni dei media mainstream, in fondo se ne subisse il gioco.
Non dovrebbe sfuggire, infatti, che da anni le televisioni e la grande stampa hanno scelto di non parlare di ciò che accadde nel dicembre del 1969, salvo rare e sbrigative riprese. Si vuole cancellare il ricordo collettivo di uno dei momenti rivelatori della vera natura della Repubblica Italiana.
L’assemblea svoltasi a Sociologia il 16 dicembre, però conferma che se si prova a rompere con la cappa di silenzio imposta dall’alto, i risultati si ottengono.
Lo dimostra la cospicua partecipazione di giovani, protagonisti di quel movimento dell’Onda che è stato, in questi mesi, il principale segnale di superamento di quella passività sociale che ha imperato nei primissimi mesi del governo Berlusconi.
Lo rivela, inoltre, la piega presa dal dibattito, per nulla risolto nella mera commemorazione. Si è discusso dei mezzi che lo Stato ha usato contro la più radicale stagione conflittuale del dopoguerra e si è riflettuto su come la “sospensione dello Stato di diritto” rappresenti una costante nella storia italiana. Al pari, a partire dagli anni ’70, della continua trasformazione di ogni questione sociale in emergenza, da affrontare con strumenti repressivi eccezionali.
Nella consapevolezza che stiamo parlando di una goccia nell’Oceano, intendiamo proseguire il lavoro iniziato con la assemblea del 16 dicembre.
In questo senso, ci impegneremo nella realizzazione di un opuscolo sulla strage di Stato, nel segno della ricostruzione puntuale degli eventi e della restituzione dei loro nessi con l’oggi. Il presupposto da cui si parte è che uno strumento agile e di potenziale, larga diffusione possa essere utile per il 2009, per un quarantennale della Strage che auspichiamo coincida con una riappropriazione collettiva di una memoria sempre più negata.
Roma, 1 gennaio 2009

Centro Documentazione Anarchica – Libreria Anomalia; Corrispondenze Metropolitane; Federazione dei Comunisti Anarchici; Laboratorio Sociale “La Talpa”; Unione Sindacale Italiana – Ait.