sabato 3 gennaio 2009

CI SONO ANCHE LE MANI INSANGUINATE DELL'EUROPA SULLA STRAGE DI GAZA

Centinaia di morti e migliaia di feriti sacrificati sull'altare dell'espansionismo sionista e del fondamentalismo.
In Europa i ministri degli esteri di tutti i paesi dell'Unione parlano di una reazione "esagerata" anche se "legittima" di Israele, ribaltando con un operazione degna dei più cinici prestigiatori la situazione reale facendo passare l'aggressore Stato di Israele per vittima.

Si continua a far finta di dimenticare che Gaza, una delle regioni più densamente abitate con circa un milione e mezzo di abitanti, di cui una buona metà composta da minori, è sottoposta da anni ad un embargo totale, compresi medicinali ed ogni bene di prima necessità. Embargo peraltro sostenuto da tutto il "civile" mondo occidentale e imposto da Israele e dall'intero occidente a Gaza in seguito alle elezioni vinte da Hamas grazie ad un sistema elettorale maggioritario con premio. Cosi come si fa finta di dimenticare che Hamas è stata in passato finanziata da Israele in chiave anti OLP.

E nonostante una tregua di 6 mesi l'embargo non è stato minimamente alleggerito e nessuno dei potenti occidentali ha nemmeno timidamente suggerito di allentarlo.
Lo Stato di Israele ha ripreso la sua strategia di controllo militare e vitale su Gaza e sulla Cisgiordania. In tutti gli inutili ed ipocriti proclami di volontà di pace europei si omette sistematicamente che Israele da 60 anni viola indisturbato innumerevoli risoluzioni dell'ONU e che continua ad occupare militarmente territori, con le colonie israeliane che si allargano giorno per giorno sulla terra dei palestinesi, costruendo muri che segregano villaggi interi, che continua a impedire a milioni di profughi di tornare nella loro terra, a sradicare uliveti e uccidere gli animali dei pastori, a umiliare quotidianamente chi tenta di passare da una parte all'altra dei muri della segregazione per lavorare, curarsi, andare a scuola.
Anzi si fa di più: si nasconde che la tregua è stata rotta dallo Stato israeliano il 4 novembre di quest' anno, quando il suo esercito ha ucciso un militante di Hamas di 22 anni.

Ma perché, al di la dei falsi ed ipocriti proclami pacifisti, questo appoggio incondizionato ad uno Stato così aggressivo e guerrafondaio da parte praticamente di tutte le maggiori potenze occidentali?

Gli USA si sa. Oltre all'importante alleanza strategico-territoriale che Israele rappresenta nell'area mediorientale per l'imperialismo americano, devono fare i conti con la forte lobby pro-Israele d'oltre Oceano, capace di influenzare pesantemente le scelte della politica estera statunitense. E quello che succede oggi sembra un chiaro avvertimento al neopresidente Obama.

L'Europa, ritrovando in parte quell'unità d'intenti per le politiche d'oltre confine, si giocherà probabilmente la carta della diplomazia attiva, per rafforzare quel ruolo mediterraneo mai abbandonato e per ribadire agli USA che non possono fare da soli nel "mare nostrum".

E poi ci sono gli affari fatti con la vendita delle armi, e si sa che in questo gli Stati sono sempre pronti a nascondere con la scusa del "segreto di Stato" ed ad appoggiare le commesse delle industrie che producono armamenti e sistemi di supporto. Anzi in questo le industrie sono molto bipartisan, non disdegnando di vendere anche agli opposti contendenti, l'importante che abbiano i soldi per comprarle.
Ad esempio l'Italia, oltre ad essere uno dei migliori fornitori di armi dell'Iran o del Libano, fornisce da anni armamentario tecnologico per l'esercito israeliano, attraverso le commesse di imprese come la OTO-MELARA, la BERETTA, la BORLETTI, la SELENIA.
Ma gli altri compari europei non sono da meno.

Inoltre la Palestina, risulta essere cinicamente un ottimo terreno di sperimentazione delle nuove tecnologie di morte, sempre più specializzatesi negli scenari di "guerra urbana", a cui tutte le industrie d'armi sono interessate, nessuna esclusa, da quelle statunitensi e israeliane, a quelle inglesi, francesi, tedesche, italiane, ecc. ecc.
E così da anni in questa terra martoriata, dove uomini, donne e bambini sembrano non avere più futuro, schiacciati nella morsa dei giochi di guerra dei potenti, si sperimentano nuovi armamenti, dalle bombe a grappolo, ai proiettili di uranio impoverito; si studia l'efficacia degli UAV ( gli aerei senza pilota), in grado di lanciare micidiali missili teleguidati, si sperimentano i carri armati Achzarit, capaci di resistere alle mine terrestri, si testano i blindati Namer equipaggiati con i motori della statunitense Continental Motors o della tedesca MTU, si verificano l'efficacia di sistemi d'avanguardia come le italianissime protezioni aggiuntive e le torrette telecomandate montate sulle autoblinde Puma, si testano i fantastici sistemi da guerra robotica dell'Alenia, come lo Sky-X, primo sistema al mondo in grado di rifornire in volo un velivolo non pilotato.

Tutto ciò sulle spalle di un popolo da sempre utilizzato nelle contese tra Stati e non solo, usato anche cinicamente negli scontri politici tra le fazioni interne ad un medesimo Stato, come nel caso delle vicende politiche israeliane che registrano uno scontro elettorale sia all'interno della compagine governativa, tra il "falco" Kadima, fautore di azioni estreme, come l'evacuazione della striscia proposta dal deputato Yisrael Hasson, e le colombe laburiste, favorevoli a misure più moderate, che tra Kadima ed i superfalchi di Likud, sempre più spostati verso posizioni ultra oltranziste.

Certo non è che ci aspettiamo che gli Stati arabi e/o islamici facciano qualcosa, divisi come sono, o intenti a rafforzare il loro prestigio e la loro influenza nell'area, anche loro sulla pelle del popolo palestinese. Come da tempo fa l'Iran che utilizza la tragedia palestinese, pubblicizzandosi come unico baluardo nei confronti dell'odiato imperialismo americano, per porsi come potenza emergente nell'area.

Ma al di là delle congetture politiche internazionali la situazione della popolazione palestinese appare oggi con poche prospettive di raggiungere una soluzione che rispecchi la possibilità di una vita minimamente dignitosa sia dal punto di vista della sicurezza sociale che della garanzia del rispetto dei diritti minimi di sopravvivenza.
Forse oggi l'unica garanzia che il popolo palestinese possa avere, il più velocemente possibile, un minimo di respiro e di pace è che i predoni di ogni grandezza e provenienza, che si accalcano fisicamente o idealmente ai suoi confini o che speculano politicamente all'interno degli stessi, raggiungano un nuovo precario equilibrio.

Le uniche prospettive di reale emancipazione che possiamo intravedere in un futuro prossimo è che si accrescano e si estendano quelle pratiche di auto-organizzazione portate avanti in molti villaggi palestinesi, sorte dalla solidarietà tra i comitati popolari palestinesi e organizzazioni come gli Anarchici Contro il Muro, al cui interno operano internazionalisti provenienti da tutto il mondo e israeliani antisionisti, che costantemente combattono, con pratiche prevalentemente di resistenza pacifica, l'arroganza dei coloni israeliani e dell'esercito che li appoggia. E non è un caso che è proprio in questi villaggi che è stata scelta un'altra strada rispetto al militarismo di Hamas.

Noi come anarchici e libertari di classe continueremo a denunciare il colonialismo sionista, così come denunciamo tutti gli imperialismi ed i fondamentalismi oppressori della libertà e della dignità dei popoli.
Continueremo a denunciare che intere schiere del proletariato mondiale soffrono l'oppressione e la miseria a causa degli scontri inter-imperialisti e dei cinici giochi politici dei potentati oligarchici locali, che divengono a loro volta pedine consapevoli o inconsapevoli nello scacchiere internazionale della contesa imperialista, sporco del sangue del proletariato.

Continueremo ad appoggiare le lotte e gli atti di solidarietà nei confronti del popolo palestinese, sostenendo tutte quelle manifestazioni in embrione di auto-determinazione che hanno e che stanno caratterizzando la lotta di interi villaggi della Palestina, convinti che sarà solo liberandosi dalla malefica influenza di qualsiasi oligarchia statale o parastatale che i lavoratori e le lavoratrici potranno conquistare terreno verso una vita più dignitosa.
2 gennaio 2009

Federazione dei Comunisti Anarchici (Italia)
Zabalaza Anarchist Communist Front (Sudafrica)
Common Cause (Ontario, Canada)
Militanti di Anarchists Against the Wall (Israele)

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