martedì 31 marzo 2009

Londra: manifestazione G20

Buona riuscita della manifestazione "Prima, le persone" sabato 28 marzo a Londra.

Partecipava un forte spezzone rosso e nero dietro uno striscione che diceva
"Azione Diretta: blocco operaio militante"
(foto a http://www.indymedia.org.uk/en/2009/03/425545.html).

Circa 30-40 mila i partecipanti. Si tratta della prima di una serie di manifestazioni programmate per questa settimana nella capitale inglese.

Allo spezzone hanno partecipato i comunisti anarchici di Liberty & Solidarity, oltre ad altre realtà quali l'AIT inglese, la FA, Class War, la CNT spagnola, ecc.

Avigliana: scarpe vecchie e manichini insanguinati alla Azimut

Il 28 marzo del 1997 la nave albanese Kater I Rades affondavanell’Adriatico: era stata speronata da una corvetta della Marina MilitareItaliana, la Sibilla.

Morirono 106 persone, colpevoli di fuggire alla guerra civile scoppiatanel loro paese.
Questa notte, a 12 anni dalla strage, alcuni antirazzisti e antimilitaristi hanno appeso alle finestre all’ingresso della Azimut di Avigliana due striscioni con le scritte “No alle produzioni di morte, no all’industria della guerra”, “In memoria del 106 morti della Kater IRades”.
Appoggiato all’ingresso un manichino bianco macchiato di vernice rossa, rossa come il sangue dei profughi e degli immigrati morti in mare. Intorno scarpe vecchie, quello che le onde restituiscono dei naufraghi.

Per chi non lo sapesse la Azimut sin dal 2005 ha un accordo con Fincantieri per la costruzione – nello stabilimento di Viareggio - dipattugliatori della Marina Militare. Gli stessi che danno la caccia agliimmigrati nel Mediterraneo, un immenso cimitero di guerra. La guerra contro i poveri.
Qui trovate le foto scattate da un anonimo reporter di passaggio: http://piemonte.indymedia.org/article/4534

Facciamo un passo indietro.
Marzo 1997. In Albania c’era la guerra civile, provocata dal fallimento delle Piramidi finanziarie promosse dal premier Sali Berisha. Migliaia di albanesi fuggivano verso l’Italia prendendo il mare in affollate carrette.
In Italia governava il centro sinistra. Primo ministro di un governodominato dai DS con l’appoggio di Rifondazione Comunista era Romano Prodi. In parlamento la Camera dei deputati era presieduta da Irene Pivetti, allora in versione beghina leghista, che chiedeva apertamente che si sparasse alle navi dei profughi e li si buttasse a mare.
Ministro dell’Interno era l’attuale presidente della Repubblica, GiorgioNapolitano. Napolitano, in accordo con Berisha, emesse un decreto di emergenza per il respingimento e l’espulsione degli albanesi.

Da lì alblocco navale il passo fu breve.
Unità della Marina Militare Italiana, le cui regole di ingaggio non sono mai state chiarite, formarono un muro di fronte alle coste albanesi. C’erano tutte le condizioni per una tragedia.
Il 28 marzo 1997 un’unità della Marina Militare, la Sibilla, intercettò una carretta zeppa di profughi, la Kater I Rades. Il mare era mosso e la Sibilla si avvicinò tanto, troppo, alla nave albanese, sino a speronarla.
La Kater I Rades affondò con il suo carico umano. I morti furono 106.
Il governo italiano parlò di incidente, la magistratura quasi dieci annidopo condannò i due comandanti: Namik Xhaferi, della Kater I Rades, a otto anni, e Maurizio Laudadio, della Sibilla, a tre.

Gli antirazzisti oggi come allora, dicono che è stata una strage. Una strage di Stato. Ad Avigliana, all’imbocco di quella Val Susa, dove negli anni Settanta le lotte antimilitariste ed uno storico sciopero alle officine Moncenisio ottennero la riconversione ad usi civili di alcune produzioni belliche, c’è la Azimut Benelli.

In questi ultimi mesi la crisi ha colpito duro anche alla Azimut conlicenziamenti e cassa integrazione. Lo scorso novembre sono stati lasciati a casa 200 lavoratori a termine, tra gennaio e febbraio di quest’anno è scattata la cassa integrazione per 950 su 1200 addetti dello stabilimento di Avigliana.

La Azimut produce yacht di lusso, ma, dal 2005, ha differenziato la sua produzione, stringendo un accordo con Fincantieri per la costruzione di pattugliatori per la Marina Militare Italiana.
I pattugliatori servono al contrasto dell’immigrazione clandestina ed operano in tutto il Mediterraneo, un mare che è divenuto un enorme cimitero per le migliaia di disperati che lo attraversano diretti verso l’Europa, in cerca di un futuro, di un’opportunità di vita.

I padroni lucrano sulle vite di tutti i lavoratori, immigrati o nativi.
Sono gli stessi che lasciano a casa gli operai quando i profitti calano, gli stessi che producono navi da guerra contro i lavoratori migranti. La solidarietà tra gli sfruttati è il mezzo più efficace contro chi guadagnasulla pelle di ciascuno di noi.

Federazione Anarchica Torinese – FAI

sabato 28 marzo 2009

Costruiamo la manifestazione del 18 aprile a Taranto contro la morte sul e da lavoro

autore:Rete Nazionale Sicurezza sui Posti di Lavoro

Governo e padroni affossano il Testo Unico
Serve uno sciopero generale per difendere la sicurezza sul lavoro
Basta morti in nome del profitto per una manifestazione nazionale a Taranto il 18 aprile.

Dopo la manifestazione del 6 dicembre, in occasione dell´anniversario della strage della ThyssenKrupp (5000 in piazza a Torino) l´assemblea nazionale della Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro lancia un altro appello: il 18 aprile tutti a Taranto!

Il 2009 si è aperto con il solito tragico ritmo di morti e infortuni sul lavoro con cui si erano chiusi gli anni precedenti e, in poco più di due mesi, siamo già a quasi cento morti e migliaia di infortuni. La crisi economica e la precarietà dilagante creano le condizioni di sempre maggiore ricattabilità e instabilità lavorativa che costringe i lavoratori ad accettare condizioni di sfruttamento sempre maggiori.
Il governo Berlusconi pensa agli aiuti alle imprese ed alle banche, mentre per i lavoratori non si prevedono neanche i fondi minimi per attuare le norme per la sicurezza sui luoghi di lavoro o per salvaguardare i salari falcidiati dalla cassintegrazione.

Al contrario, gli attuali tentativi di cancellazione della contrattazione collettiva nazionale e del diritto di sciopero aumentano la condizione di insicurezza per centinaia di migliaia di lavoratori che, di fronte allo spettro della disoccupazione, si trovano a dover scegliere tra lavori sempre peggiori, meno tutelati e meno pagati oppure a fare la fame.

E´ positivo il fatto che nel processo contro la ThyssenKrupp in corso a Torino, nonostante l´ostruzionismo dei legali della multinazionale, i padroni siano imputati per omicidio volontario e gli operai vengano riconosciuti come parte civile. Ma nell´azione giuridica a tutela della salute sul lavoro gli strumenti a disposizione vengono ulteriormente spuntati dal governo e dai padroni.

Infatti, l´attuale esecutivo ed i suoi ministri stanno conducendo un attacco pesante anche alle più piccole conquiste ottenute nel d.lgs. n. 81 del 9 Aprile 2008 (il Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro). Con il decreto cosiddetto "Milleproroghe" sono state rinviate di mesi misure importanti come la valutazione dello stress sul lavoro, l´obbligo di assicurare una data certa al documento sulla valutazione dei rischi (e relative sanzioni), il divieto di effettuare visite mediche preventive prima di assumere un lavoratore (in violazione dello Statuto dei lavoratori) e l´obbligo di comunicazione all´Inail degli infortuni di durata superiore a un giorno.

Non solo.
L´ultimo emendamento a questo decreto abolisce addirittura i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) nelle aziende con meno di 15 dipendenti e rinvia di una anno l´applicazione di ogni norma in settori a rischio come il trasporto aereo, marittimo e ferroviario!

E intanto vengono licenziati gli RLS da De Angelis a Pianeta, da Palumbo ai delegati dell´Ilva ....Con l´aggravarsi di una crisi sempre più pesante per i lavoratori e in un clima di totale restaurazione filo-padronale, le aziende investiranno sempre di meno sulla sicurezza sul lavoro e sulle misure antinquinamento che da loro vengono viste come un mero "costo" su cui risparmiare. Così ai morti sul lavoro si aggiungono i morti per malattie professionali e quelle sul territorio da inquinamento

Di fronte a questo panorama non possiamo restare passivi, dobbiamo mobilitarci!

SABATO 18 APRILE
MANIFESTAZIONE NAZIONALE A TARANTOPER LA SICUREZZA SUI LUOGHI DI LAVORO,CONTRO LA SALUTE NEGATA E LA PRECARIETA’

A Taranto perchè l'lILVA è la fabbrica con più morti sul lavoro d'Italia, perchè è la città simbolo con più infortuni, malattie professionali tumori, inquinamento e devastazione dell'ambiente.

Riva è il padrone con più profitti d´Italia. Il padrone più processato in Italia per omicidi bianchi, inquinamento, truffa ed estorsione, mobbing e per il lager della "palazzina LAF" (operai stipati otto ore al giorno in una palazzina fatiscente, senza lavorare, per spingerli a lasciare ogni tipo di attività sindacale o accettare il declassamento del proprio livello raggiunto dopo anni di duro lavoro).

Una manifestazione ancora una volta da costruire città per città, posto di lavoro per posto di lavoro, con la chiamata a raccolta dei lavoratori, degli RSU e degli RLS, dei sindacati di base e di classe, della FIOM e del resto della CGIL, delle organizzazioni sindacali nazionali e locali, delle associazioni familiari, ispettori, tecnici della prevenzione, medici, giuristi, intellettuali e artisti; con delegazioni di lavoratori metalmeccanici, chimici, edili, dei porti, delle ferrovie, degli appalti. Le rappresentanze delle vertenze simbolo come la Thyssen, Porto Marghera, Fincantieri, la ex-GoodYear, ecc...

Con la costruzione unitaria della partecipazione operaia, popolare, associativa di Taranto e di tutta la Puglia.

•Per uno sciopero generale sulla sicurezza sul lavoro.
•Per il rafforzamento e l´elezione diretta degli RLS in ogni luogo di lavoro indipendentemente dalla sua dimensione.
•Per l´estensione di tutti i diritti e le tutele minime ai lavoratori precari e a tutta la catena degli appalti e delle esternalizzazioni.
•Contro la distruzione e per il rafforzamento del Testo Unico sulla Sicurezza
.Contro l´attacco alla contrattazione nazionale ed al diritto di sciopero.

Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro
bastamortesullavoro@domeus.it

Le adesioni vanno inviate a: manifestazione18aprile@gmail.com

martedì 24 marzo 2009

Palestina-Israele, nonostante la repressione omicida, la lotta unitaria persiste

Bil'in, Ni'ilin, Um Salmuna, Jaayous, Jerusalem Tel Aviv - Jaffa
La settimana è iniziata con l'azione unitaria mattutina degli Anarchici Contro il Muro insieme agli abitanti del villaggio di Ras-Tira - nei pressi di Wadi Rasha. In serata gli Anarchici Contro Il Muro hanno preso parte alla manifestazione della sinistra radicale di fronte al ministero della guerra a Tel Aviv per l'attacco omicida contro Tristan Anderson a Ni'ilin. Durante la settimana gli Anarchici Contro Il Muro si sono uniti alle lotte contro l'evacuazione dei palestinesi dalla cintura di Gerusalemme ed anche da Jafa. Venerdì 20 marzo abbiamo partecipato come sempre alla manifestazione contro il muro della separazione a Bil'in (la numero 213), a Ni'ilin, a Um Salmuna, ed a Jaayous. Sabato 21 siamo stati invitati ad un meeting a Bidu - uno dei primi villaggi a lottare contro il muro della separazione, in relazione con le restrizioni di attraversare le loro terre al di la del muro.
TRISTAN ANDERSONNi'ilin 13.3.09 video della manifestazione su http://www.youtube.com/watch?v=TswsNohS__ITristan Anderson, un cittadino americano, è stato colpito da una bomboletta di gas lacrimogeno a largo raggio in quella manifestazione: http://www.youtube.com/v/G3NmAc2BwtI&hl=en&fs=1 E' stato colpito alla fronte e resta in condizioni critiche. Come lui, altri parecchi manifestanti sono stati seriamente feriti da queste nuove bombolette di gas a largo raggio. Inoltre, l'esercito è tornato ad usare il fucile Ruger .22 per sparare sui manifestanti. I feriti delle recenti manifestazioni sono il risultato prevedibile di certe scelte politiche. Le scuse di prammatica per lo sfortunato incidente e l'inchiesta in corso soddisferanno solo quelli che intendono mentire a se stessi. E' tempo di protestare per il ferimento di Tristan e di richiedere che l'esercito interrompa durante la manifestazioni l'uso di queste armi così particolarmente letali.Manifestazione di fronte al ministero della difesa in Via Kaplan a il 15-3-09 (domenica) alle 19.00LA MANIFESTAZIONEProtesta in solidarietà con Tristan a Tel Aviv il 15/03/2009 http://awalls.org/solidarity_protest_with_tristan_in_te..._avivDomenica sera, circa 70 attivisti israeliani - come pure alcuni attivisti internazionali - si son riuniti di fronte al Ministero della Difesa a Tel Aviv per dimostrare la propria solidarietà con Tristan Anderson, attualmente ricoverato in stato di incoscienza ed in serie condizioni all'ospedale di Tel HaShomer vicino Tel Aviv, e per esprimere la nostra rabbia contro questo fatto ed il contesto in cui si è verificato.Appena arrivati, ognuno di noi è stato rapidamente -ed alquanto aggressivamente- rinchiuso dalla polizia in un piccolo recinto delimitante una sorta di "area di protesta", che era circondata da tutti i lati da numerosi soldati della polizia di confine.http://awalls.org/files/images/TristanDemoMurdererSign_...0.jpgIl segno sulla tessera vuol dire "assassino" in ebraico, con una freccia che indica il soldato più vicino.
I manifestanti, in rappresentanza di parecchie organizzazioni, tenevano su cartelli con scritte sia in ebraico che in inglese, che condannano la prassi standardizzata dell'esercito di sparare gas lacrimogeni, proiettli ricoperti di gomma ed a volte munizioni vere in direzione delle manifestazioni palestinesi al fine di disperderle, come pure la brutalità generalizzata e la disumanità dell'occupazione militare israeliana. Tra gli slogan scanditi c'erano “mai uccidere o essere uccisi in nome del sionismo", “Soldato, assassino – l'Intifada vincerà!” e “Tristan, Tristan, non disperare, faremo finire l'occupazione”.http://awalls.org/files/images/TristanDemoBanner.jpgLo striscione dice "Assassini in uniforme"Durante la manifestazione, la gente apostrofava direttamente i soldati della Polizia di confine presenti, accusandoli di essere personalmente responsabili delle atrocità commesse dall'esercito nelle aree palestinesi (era stato un soldato della polizia di confine a sparare la bomboletta di gas che ha colpito Tristan), oppure cercando di spiegare loro le ragioni delle manifestazioni dei palestinesi prima di tutto, ed invitandoli a "girare i tacchi per andare [nel ministero della difesa] ad arrestare i veri criminali!”. Inoltre, le circostanze del ferimento di Tristan Anderson (ed il contesto più ampio, quale la lotta palestinese contro il muro) venivano descritte tramite un megafono, per essere sicuri che tutti sentissero le ragioni della manifestazione. Dopo circa un'ora e mezza, la manifestazione si è conclusa senza incidenti. BIL'INManifestazione del venerdì come sempre. E come sempre, appena siamo giunti vicino al cancello sulla strada, le forze di stato israeliane hanno iniziato a spararci addosso i gas... ma c'era un robusto vento da est che riportava le nuvole di gas verso i soldati che non erano abbastanza bravi a sparare i gas in modo da venire verso di noi e non verso di loro. Per cui, dopo una pausa hanno cambiato armi, iniziando a sparare granate acustiche che non ci hanno impressionato per niente. Quando si è capito che infuriati per il gas che gli tornava indietro, volevano cambiare munizioni, il comitato del villaggio ha dichiarato finita la manifestazione. Come al solito, i ragazzi hanno iniziato a lanciare sassi dopo la fine della manifestazione, mentre noi eravamo in visita ad una famiglia. Circa un'ora dopo, 2 soldati che avevano seguito i ragazzi fin dentro il villaggio -sparando gas- si sono avvicinati a noi. Ne è nato un confronto che li ha spinti a ritirarsi fino all'ingresso del villaggio dove stava il grosso delle truppe - circa una dozzina di soldati e 2 carri armati. Ci siamo confrontati con loro insieme ad altri attivisti del villaggio finchè i soldati non hanno smesso di sparare e finchè non si sono ritirati dal villaggio. RAS-TIRA - 15-3-09 http://awalls.org/uprooting_and_land_theaft_continues_i...ttiraDurante la lunga manifestazione e durante lo sradicamento degli ulivi, un gruppo di donne del villaggio ed uno degli Anarchici Contro Il Muro hanno formato un cerchio intorno ad un albero sulla strada dei bulldozer ed hanno bloccato l'avanzata delle macchine sradicatrici per alcune ore. Più di 30 ulivi secolari sono stati sradicati a Ras a Tira. Link ai video su http://www.youtube.com/watch?v=DX8pJooJ66g http://www.youtube.com/watch?v=hkq8SlwKdKwOltre 30 ulivi secolari sono stati sradicati ieri nelle terre di Wadi arRasha e Ras atTira nella regione di Qalqilya, per permettere la costruzione di un altro pezzo del muro in quell'area. Lo sradicamento era protetto da una numerosa presenza di soldati, agenti di polizia e dell'anti-sommossa, per impedire i tentativi delle donne del villaggio di fermare la distruzione degli uliveti. Attualmente, i due villaggi sono separati dal resto della Cisgiordania dal muro, che è stato costruito per dare quanta più terra possibile all'insediamento coloniale di Alfei Menashe. In seguito alla decisione della Corte Suprema di Israele, il percorso del muro in quella zona deve essere ridisegnato per escludere i villaggi dalla enclave di Alfi Menashe. Il nuovo percorso, sebbene ora lasci i villaggi ad est del muro, è stato pianificato con aspirazioni espansioniste e può davvero peggiorare la situazione dei villaggi. Col nuovo percorso, sebbene non più separato dal resto della Cisgiordania, Wadi arRasha sarà virtualmente tagliato fuori dalle sue terre, restanto con solo un quarto di acri sui circa 200 che verranno a trovarsi al di là del muro. In più, decine di ulivi sono in lista di sradicamento per permettere la costruzione del nuovo percorso. -------------------------------------------Alcuni links ad articoli interessanti in questa fine settimana e sui 22 giorni del massacro a Gaza nell'operazione "Cast Lead" :http://www.haaretz.com/hasen/spages/1072475.htmlhttp://www.haaretz.com/hasen/spages/1072510.htmlhttp://www.haaretz.com/hasen/spages/1072511.htmlUn video censurato dalle autorità della TV sul canale della comunità social radicalehttp://www.practivism.co.il/video/stv/ihl/stv-laws-of-o...g.wmv
Link correlato: http://ilanisagainstwalls.blogspot.com
Ilan Shalif (AAtW)
(traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali)

lunedì 16 marzo 2009

Palestina-Israele, cambiano i governanti sionisti, ma resta uguale la loro politica e continua la nostra lotta unitaria

Bil'in, Ni'ilin, Um Salmuna, Wadi AlRasha
La lotta unitaria a Wadi Rasha è ripresa domenica 8 marzo. Dopo tanto tempo sono ritornate le truppe israeliane sui pendii dei monti dove passa il percorso del muro. Cinque attivisti israeliani ed internazionali sono stati fermati http://www.youtube.com/watch?v=iMkgNIQVZuE. Sono stati rilasciati dietro cauzione poche ore dopo col divieto di rimettere piede a Shomron per i prossimi 15 giorni. Venerdì 13 siamo stati alla classica manifestazione a Bil'in, Ni'ilin, ed Um Salmuna. A Bilin, a fianco dei locali, degli internazionali e degli Anarchici Contro Il Muro c'era anche un contingente di donne attiviste del PFLP per celebrare la giornata della donna.I media hanno parlato di 400 partecipanti a Ni'ilin, e di un attivista USA ferito alla testa da una bomboletta di gas lacrimogeno ed operato d'urgenza al cervello. http://www.youtube.com/watch?v=oVOXK6brA5ITristan è ora intubato. La ferita riportata alla testa è molto seria ed i chirurghi hanno dovuto rimuovere parte del lobo frontale. Pare che resterà in coma profondo.
NI'ILIN"Tristan Anderson proveniente dalla California USA, di 37 anni, è stato portato all'ospedale israeliano di Tel Hashomer, vicino Tel Aviv. Anderson è in stato di incosciena ed ha perso moltissimo sangue dal naso e dalla bocca. Presenta una profonda lesione alla fronte dove è stato colpito da una bomboletta. E' ancora in sala operatoria. "Tristan è stato colpito da una bomboletta di gas sparata da oltre 500 metri di distanza. Mi sono precipitato sul posto appena ho visto che qualcuno era stato ferito, mentre le forze israeliane continuavano a sparare gas su di noi. Quando è arrivata l'ambulanza, i soldati si sono rifiutati di farla passare al checkpoint appena fuori del villaggio. Dopo 5 minuti di discussione, l'ambulanza è stata fatta passare."Teah Lunqvist (Sweden) - International Solidarity Movement"L'esercito israeliano usa le manifestazioni contro il muro come campo di sperimentazione per nuove armi di controllo di massa prodotte in Israele e destinate alla esportazione. Le nuove bombolette di gas lacrimogeno sono le armi più pericolose testate finora."Orly Levi, la portavoce dell'ospedale di Tel Hashomer ha dichiarato al quotidiano Ha¹aretz:Le condizioni di Tristan Anderson sono critiche, è stato anestetizzato, viene ventilato e monitorato. La Levi ha definito Anderson in pericolo di vita."WADI AL RASHACinque arrestati mentre continua lo sradicamento degli ulivi ed il furto della terra a Wadi arRasha 08/03/2009Distruzione di alberi ed arresti di attivisti a Wadi arRasha. Video di Yisrael Putermanhttp://www.youtube.com/watch?v=iMkgNIQVZuEDomenica 8 marzo, attivisti israeliani ed internazionali hanno dato il loro appoggio ai residenti del piccolo villaggio di Wadi arRasha, nell'area di Qalqilyah in Cisgiordania, dove prosegue la costruzione del muro.Al mattino presto, mentre i bulldozer iniziavano il loro lavoro per spianare il percorso del muro e gli operai iniziavano a tagliare gli ulivi prima di sradicarli, circa 15-20 palestinesi ed altri attivisti erano già lì cercando invano di negoziare ancora una volta con gli ufficiali israeliani per salvare gli ulivi, la terra e le condizioni di vita degli abitanti di Wadi arRasha. Di fronte alla irremovibilità delle autorità israeliane nel procedere allo sradicamento degli ulivi ed alla confisca della terra, i palestinesi hanno deciso di restare su una collina lì vicino, per essere testimoni della distruzione e per far sì che almeno qualcuno degli ulivi sradicati rimanesse in loro possesso per essere ripiantato altrove. Operai che tagliano un ulivo su http://awalls.org/files/images/Wad-arRasha-trimming-08-...9.jpgPoco dopo - senza alcuna ragione e senza nessun incidente- sei jeep militari accompagnate da un ufficiale di polizia sono giunte sul luogo ed hanno dichiarato tutta la zona area militare riservata, concedendo ai presenti pochi minuti per andersene. Quando la gente, pacificamente seduta per terra, che stava solo osservando la distruzione operata dai bulldozer, si è rifiutata di andarsene, 5 persone -2 israeliani e 3 internazionali- sono stati arrestati con la forza. Inoltre, mentre proseguiva l'abbattimento degli ulivi, un palestinese ha avuto un breve mancamento alla vista dei suoi ulivi sradicati. Tutti gli arrestati sono stati rilasciati poche ore dopo a condizione che non tornassero nella Samaria nei prossimi 15 giorni. Soldati portano via gli arrestati suhttp://awalls.org/files/images/Wad-arRasha-arrestees-08...9.jpgIl piccolo villaggio di Wadi arRasha, accanto al quale è sorto l'insediamento coloniale di Alfey Menashe - costruito sulla terra rubata al villaggio- sta per perdere il 90% della terra che gli era rimasta. Gli abitanti hanno invitato gli Anarchici Contro Il Muro ad un'altra manifestazione il 15 marzo.
Ilan Shalif(AAtW)
(traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali

domenica 15 marzo 2009

Sotto la presidenza Marcegaglia di Confindustria, per le donne la crisi peggiore dal dopoguerra a oggi

E per fortuna che c'è una donna alla presidenza della Confindustria?

Ma noi lo sappiamo, il feroce sfruttamento economico del capitale non guarda in faccia a nessuno, non sta a sottilizzare ne sul colore della pelle né sulle credenze religiose, ne tantomeno se sei maschio o femmina; i padroni, statali o privati che siano, prendono di mira soprattutto gli strati più deboli della popolazione, proprio perché più facilmente ricattabili e quindi più facilmente sfruttabili. Ecco perchè oggi prende di mira le lavoratrici, con gli ultimi provvedimenti sull'età pensionabile, con i licenziamenti e la cassa integrazione che colpisce in percentuale specialmente le donne.

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Segue un comunicato dal sito della Fiom (www.fiom.cgil.it)

Donne. Spezia (Fiom): “Allarmanti i dati della Cassa integrazione. Le lavoratrici pagano due volte il prezzo della crisi”

Laura Spezia, segreteria nazionale della Fiom-Cgil, ha rilasciato oggi la seguente dichiarazione. “I dati ufficiali del Coordinamento statistico dell’Inps - come riportati da alcuni organi di informazione - dicono che nel 2008, su un totale di circa 690mila lavoratori messi in Cassa integrazione ordinaria, le donne sono ben 380mila, ovvero più del 55%.”

“Se si considera che nel complesso dell’industria le donne sono soltanto il 28% degli occupati, risulta evidente che sono proprio le donne quelle che pagano il prezzo più pesante della crisi e delle ristrutturazioni aziendali. E anche se si guarda ai dati della Cassa integrazione straordinaria, si vede che il peso delle donne è quasi il doppio rispetto a quello della loro reale presenza nell’industria.

Le lavoratrici, infatti, costituiscono il 41% del totale dei lavoratori messi in Cassa integrazione straordinaria.”
“L’andamento della Cassa integrazione, che emerge da questi dati Inps, ci preoccupa particolarmente in una fase come questa in cui sta drammaticamente esplodendo la crisi nel comparto degli elettrodomestici, cioè in un comparto in cui le operaie arrivano a essere anche la maggioranza nei reparti di produzione.”

“Più in generale, questi dati Inps sulla Cassa integrazione sono allarmanti e, purtroppo, confermano quanto abbiamo più volte denunciato: le donne pagano due volte il prezzo della crisi, da un lato, perché sono inserite nei settori e nelle qualifiche più a rischio e, dall’altro, perché, ancora oggi, il loro lavoro è considerato marginale e quindi sono spesso le prime a essere messe in Cassa integrazione, in mobilità o, se precarie, ad essere mandate via dai luoghi di lavoro.”

“Infatti, questi dati corrispondono a una condizione di strutturale discriminazione e precarietà delle donne nell’industria, di cui il comparto metalmeccanico, da un punto di vista occupazionale, rappresenta da solo circa il 50%.
Già nel 2007, dai risultati dell’inchiesta Fiom sulle condizioni di lavoro nel settore metalmeccanico (in cui la presenza femminile è pari al 22%) emergeva una grave condizione di svantaggio delle donne rispetto ai salari, alla precarietà, ai livelli di inquadramento e alle condizioni generali di lavoro.”

Fiom-Cgil/Ufficio Stampa

venerdì 13 marzo 2009

CONTRO L’INCENERITORE DI ALBANO SABATO 21 MARZO DA PIAZZA MAZZINI ALLE 15,30 CORTEO

www.noinceneritorealbano.it

È da tempo che si cerca di imporre alla popolazione dei Castelli Romani la costruzione di un mega impianto di gassificazione dei rifiuti, ovvero un inceneritore che produrrà diossine, nano polveri e altri veleni inquinanti per la salute e il territorio.

Un impianto da costruire nel comune di Albano nell’area della discarica di Roncigliano, che non risolverà il problema dei rifiuti ma brucerà quelli più riciclabili ostacolandone la differenziazione e la riduzione, ma che ci regalerà il collasso definitivo delle falde idriche.
I responsabili di questo attacco sono ben noti: l’avv.Cerroni, ras della gestione dei rifiuti nel Lazio; il suo interlocutore principale in regione l’assessore Di Carlo; il presidente Marrazzo e suoi scudieri, le aziende AMA e ACEA fortemente partecipate dal Comune di Roma, dall’ing. Caltagirone uomo di Berlusconi, oltre che da multinazionali come Suez-Gaz de France.

I recenti clamorosi arresti di decine di dirigenti dell’inceneritore di Colleferro chiariscono bene come vengono gestiti questi impianti. Pneumatici, rifiuti tossici e speciali garantiscono più facilmente il raggiungimento delle alte temperature necessarie al funzionamento di queste “meraviglie” della tecnica; se poi vengono scaricate sugli abitanti, più o meno vicini, le schifezze più orrende, non c’è problema , basta taroccare i dati; tanto controlli e software sono nelle mani di chi brucia.
I controlli pubblici arriveranno solo dopo e solo se il diavolo ci mette la coda: più spesso non arriveranno mai.

La lotta contro l’inceneritore di Albano, come quella contro tutti gli altri impianti del genere, non è solo lotta contro la mala gestione dei rifiuti che potrebbero essere trattati “a freddo” in impianti TMB come ce ne sono in Italia, ma è da subito lotta contro l’autoritarismo politico ed economico che massacra la natura e le persone che la vivono.

Le popolazioni hanno messo in campo i più diversi tentativi di bloccare l’impianto: manifestazioni e presidi informativi in tutta l’area provinciale, controvalutazioni alla VIA, esposti al tribunale e alla ASL sulla discarica e la situazione delle falde, poi anche il ricorso al TAR.
Infatti la prima VIA del marzo 2008 era stata negativa; poi però quasi per magia Cerroni, Di Carlo, Marrazzo sono riusciti a torcere quel provvedimento fino a farlo diventare positivo.

L’ultimo passaggio autorizzativo ci sarà il prossimo 19 marzo quando si riunirà la conferenza dei servizi, composta da Regione, Provincia, ASL RMH, Comune di Albano, Comune di Ardea. Le poche persone che siederanno a quel tavolo decideranno su di noi e il nostro territorio.

La ASL e i comuni di Albano e Ardea si sono espressi ultimamente contro l’inceneritore. Ma le altalene di questi organi sono note ai più: manterranno la posizione o prevarranno ricatti o privati interessi?
Intanto lungo il sito già sorge una recinzione senza che si sia aspettato l’esito del ricorso al TAR e della stessa conferenza dei servizi.

Se non saremo in grado di respingere il pericolo, ci toccherà certamente la stessa sorte di Colleferro.

giovedì 12 marzo 2009

Appello comunista anarchico contro il vertice NATO

Nell'attuale contesto di crisi, di rarefazione delle risorse naturali e energetiche, le tensioni aumentano tra i grandi poteri per il controllo della pianeta. Per rispondere a questa necessità i paesi occidentali sviluppano il loro braccio armato, la NATO, al fine di portare avanti la loro politica aggressiva ed imperialista (Afghanistan, Irak, Georgia, Ucraina, ecc.).

La NATO, che festeggia i suoi sessanta anni d'esistenza, organizza il suo vertice annuale il 3 e 4 aprile sulla frontiera franco-tedesco (Strasburgo e Baden-Baden) sbandierando i vessilli della libertà, della pace e della democrazia.

Fondata nel 1949 per unire il Nord America e l'Europa Occidentale contro l'Unione Sovietica, l'Organizzazione del Trattato Nord Atlantico (NATO) deve trovare una nuova legittimità dopo il 1989 con il crollo del blocco dell'Est.
Secondo Sarkozy e Merkel, deve prendere in conto "oltre alle questioni militari, [...] la situazione finanziaria internazionale, gli approvvigionamenti energetici o le questioni delle migrazioni"(1).

La NATO diviene strumento di dominio globale del capitalismo occidentale.
Mentre le truppe della NATO incarnano un intervento imperialista in Afghanistan, come la coalizione americana in Irak, i popoli subiscono la doppia oppressione delle truppe straniere e dei governi fantocci piazzati per garantire il saccheggio delle risorse da parte delle multinazionali occidentali.

Gli obiettivi della NATO sono opposti agli interessi degli/delle oppressi/e, dei loro diritti democratici; in questi paesi dominati, la NATO impedisce la possibilità di auto-organizzarsi per combattere le oppressioni e gestire democraticamente le loro risorse.

Noi combattiamo il dominio delle istituzioni internazionali (NATO, ONU, FMI, G8, G20, OMC, ecc.) che sono gli strumenti del capitalismo per rafforzare lo sfruttamento dei lavoratori, delle lavoratrici e dei popoli.

Noi facciamo appello per le manifestazioni contro la NATO in tutto il mondo e a partecipare al controvertice, nel villaggio alternativo contro la NATO da 1 al 5 aprile, al fine di contrastare le politiche bellicistiche ed imperialiste, con manifestazioni, azioni, incontri e dibattiti.

Contro il capitalismo, l'imperialismo e l'autoritarismo!
Ritiro delle truppe NATO in tutto il mondo!
Solidarietà con i popoli oppressi!
Libertà di circolazione delle persone!

Marzo 2009

Federazione dei Comunisti Anarchici (Italia)

Zabalaza Anarchist Communist Front (Sud Africa)

Alternative Libertaire (Francia)

Union Communiste Libertaire (Canada)

North-Eastern Federation of Anarchist-Communists (Stati Uniti)

1. Dichiarazione di Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, 4 febbraio 2009.

mercoledì 11 marzo 2009

E le scorie dove le metto?

Quello che molti andavano affermando sul famigerato sito geologico di "Yucca Mountain", scelto negli USA per lo stoccaggio definitivo delle scorie nucleari, sembra sia giunto al suo epilogo finale.
Ormai sappiamo che il problema dello stoccaggio definitivo delle scorie e dei rifiuti nucleari è lo scoglio insormontabile su cui ancora oggi si infrangono tutte le vagonate di menzogne dette dagli industriali e dai loro paggi di corte, al solo scopo di intascare denaro pubblico attraverso i finanziamenti dei nuovi progetti nucleari.

Pare che Obama abbia deciso di chiudere Yucca Montain e di rinunciare definitivamente al progetto di costruire il deposito sotterraneo, in seguito alle enormi difficoltà tecniche riscontrate e al lievitare esponenziale dei costi. E se lo fanno dopo aver gia speso parecchi miliardi ci sarà qualche ragione.

La notizia al seguente link, che a sua volta cita come fonte il "The Washington Post".


http://ecoalfabeta.blogosfere.it/2009/03/obama-chiude-il-progetto-di-yucca-mountain.html

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Obama chiude il progetto di Yucca Mountain

Pubblicato da Marco Pagani alle 11:22 in Nucleare

Questa è davvero una breaking news e i giornali italiani non ne hanno ancora parlato:
il presidente Obama ha deciso di chiudere il progetto di Yucca Mountain per l'immagazzinamento delle scorie radioattive delle centrali nucleari.

Yucca Mountain è un sito nel deserto del Nevada che è stato scelto vent'anni fa per diventare la pattumiera nucleare americana e ospitare oltre 77000 tonnellate di scorie.
Ora, alla faccia dell'ingegnere nucleare italiano che solo 15 giorni fa dichiarava che il deposito sarebbe stato completato, il presidente USA ha deciso di chiuderlo.

In vent'anni non si è riusciti a rendere il sito adatto a ospitare i prodotti di fissione, soprattutto a causa delle infiltrazioni d'acqua. Nel frattempo il preventivo dei costi è lievitato da 6 miliardi di $ a 48 e poi a 80 miliardi. Finora ne sono stati spesi quasi 8.

Obama ha fatto più che bene a fermare il progetto. Quando una strada è senza uscita è meglio rinunciarci subito che andare a sbattere contro il muro; meglio accorgersene dopo aver speso 8 miliardi invece di 80.

Il Washington Post ha gioco facile a dire: allora dove mettiamo le scorie?
Si potrebbe controbattere che se un luogo sotto tonnellate di roccia in mezzo al deserto non è un luogo adatto, allora nessunluogo è adatto.
Il punto è semplice: nessuno dei "cervelloni nucleari" sa al momento cosa fare con le scorie, altrimenti lo avrebbero già messo in opera.

Il problema scorie radioattive è al momento senza soluzione. Prendiamone atto.

domenica 8 marzo 2009

Palestina-Israele, la lotta unitaria continua nonostante l'escalation della repressione

Questa settimana c'è stata una escalation nelle incursioni verso le case dei palestinesi. Soprattutto a Isawia (cintura di Gerusalemme) ma anche a Jafa (cintura di Tel Aviv).

Un altro villaggio si è unito alla lotta contro il muro della separazione - Wadi Rasha, ed il villaggio di Bait Jaala ha ripreso la lotta. Venerdì 6 marzo siamo stati regolarmente alle manifestzioni di Bil'in, Ni'ilin, Um Salmuna contro il muro della separazione.
Bil'in, 6-3-09, link al video http://www.youtube.com/watch?v=d08CxaiYIRE

Il villaggio di Wadi Rasha (Ras Tira) ha invitato i delegati di Anarchici contro il muro (ACIM) per un incontro a cui è seguita mercoledì 4 marzo la prima azione.
Ad Um Salmuna la manifestazione di venerdì 6 marzo è stata più intensa del solito grazie alla partecipazione di un cospicuo contingente del fronte democratico (soprattutto donne).

BIL'INdal report di Iyad Burnat- dirigente del Comitato Popolare di Bil'in:"Tre feriti e decine di intossicati per le inalazioni dei gas lacrimogeni durante la manifestazione settimanale del venerdì a Bil'in.
Venerdì 6 marzo 2009- i residenti di Bil’in si sono riuniti dopo la preghiera del venerdì per un'altra protesta indetta dal Comitato Popolare contro il muro e contro la costruzione degli insediamenti coloniali.
Alla protesta si sono uniti gli attivisti internazionali e gli israeliani di ACIM e contro gli insediamenti coloniali. I manifestanti portavano bandiere palestinesi e striscioni contro la politica di Israele tesa alla costruzione del muro e degli insediamenti, specialmente il recente piano che prevede la costruzione di nuove 75 unità abitative.
I manifestanti hanno anche condannato le recenti demolizioni di case ad Al-Bustan e Ras Khamis a Gerusalemme.

"WADI RASS"
Recentemente sono partiti i lavori per il muro della separazione sulle terre del villaggio di Wadi Ras. Il percorso previsto dal muro separerà dal villaggio il 70% degli uliveti che si ritroverà praticamente nell'area proibita. Molti alberi hanno le ore contate perchè si trovano proprio sul cantiere del muro.
Oggi (mercoledì 4 marzo) la gente del villaggio e gli israeliani di ACIM sono riusciti a fermare i lavori dei bulldozer per un'ora.
Venerdì 6 marzo saremo ancora nel villaggio per fermare i bulldozer e la distruzione degli uliveti".

Un altro report sull'azione di mercoledì: "Alle 8:00 di questa mattina, una gruppo di 20 palestinesi insieme a 15 israeliani ed attivisti internazionali si sono riuniti nel villaggio di Ras atTira, nel distretto di Qalqilya, per protestare contro la distruzione e l'annessione delle terre palestinesi. Di fronte al presidio, 3 bulldozer all'opera. Alcuni palestinesi ed attivisti pacifisti hanno protestato contro il furto della terra palestinese sedendosi di fronte ai bulldozer nel tentativo di impedire la distruzione delle coltivazioni.
http://awalls.org/files/images/Wadi-arRasha_0.jpg
Siamo stati malmenati da 2 coloni armati che hanno preso i manifestanti e li hanno spintonati via. Uno dei coloni ha preso la macchina fotografica e l'equipaggiamento annesso di un attivista israeliano e l'ha buttata giù lungo il pendio della collina.
"La polizia ha ignorato le lamentele sollevate dagli attivisti israeliani per il comportamento delle guardie di sicurezza che li hanno attaccati, anzi la polizia ha fermato uno degli attivisti israeliani, per rilasciarlo poco dopo.
Dopo un negoziato tra i proprietari palestinesi delle terre e le forze di polizia e dell'esercito, è stato raggiunto un accordo in base al quale gli ulivi più vecchi sarebbero stati restituiti ai loro proprietari dopo essere stati espiantati.
La distruzione nell'area di Wadi arRasha, che è iniziata una settimana fa, riguarda 5 piccoli villaggi nelle immediate vicinanze, per un totale di circa 1500 abitanti.

Un altro report su venerdì 6 marzo:
"Abbiamo conseguito un altro piccolo successo oggi a Wadi Rasha. Fermo il cantiere del muro oggi, pare a causa della prevista manifestazione. Niente guardie o soldati lungo il percorso del muro. Si è quindi dibattuto sull'incerto percorso del muro in quell'area.....L'esercito ha pianificato lo sradicamento degli ulivi per domenica ed agli ACIM è stato chiesto di aiutare i coltivatori che opporranno resistenza a questo scempio. Fate sapere se potete farcela.

"UM SALMUNA"
La manifestazione di questo venerdì 6 marzo è stata più intensa del solito grazie alla presenza di un cospicuo contingente del fronte democratico (per lo più donne). All'inizio eravamo circa in 200 e non vi era ombra di soldati. Pare che i cambiamenti sull'orario della manifestazione dello scorso venerdì li abbia confusi. E' partito un coraggioso corteo verso la strada del muro della separazione che passa sulle terre del villaggio. Dopo alcuni vani tentativi dei pochi soldati presenti di fermarci, è arrivato un battaglione più numeroso che è riuscito a fermarci sulla strada. I soldati hanno provato ad arrestare alcuni giovani, ma siamo riusciti ad impedirlo ed a consentire che i ragazzi presi di mira tornassero al villaggio.
Ad un certo punto le forze di stato hanno srotolato il filo spinato a mo' di barriera.... ma, le donne del villaggio ed il contingente del fronte lo hanno smantellato. Mentre le forze di stato avevano da ridire su questa azione e malmenavano gli autori, noi abbiamo risposto con un sit-in aggiuntivo di un quarto d'ora e con comizi prima di ritornare al villaggio.

Link: http://ilanisagainstwalls.blogspot.com/
Ilan Shalif (AAtW)
(traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali)

sabato 7 marzo 2009

L'Italia e le armi alla Nigeria

Un nuovo capitolo della serie: Italiani brava gente

Lo Stato Italiano, nella veste del ministro Frattini, cerca di piazzare armi di produzione italiana al governo nigeriano, così cerca di realizzare un doppio affare. Da una parte economico, con la vendita appunto, e dall'altra politico, rafforzando l'esercito nigeriano nella speranza che difenda meglio i predoni, nostri connazionali dell'ENI, che rapinano il petrolio dei nigeriani, dai gurriglieri del MEND.

A spiegare meglio i dettagli c'è un articolo da:

http://www.nigrizia.it/doc.asp?ID=11865&What=frattini

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Il governo di Abuja secondo Amnesty viola libertà fondamentali

05/03/2009
L’Italia e le armi alla Nigeria
Luciano Bertozzi
Nel suo recente viaggio in Nigeria, il ministro degli esteri Frattini ha concluso accordi con Abuja per la vendita di 2 navi militari, sollevando le critiche dei ribelli del Mend, che chiedono la ridistribuzione equa dei proventi del petrolio. E violando la legge 185.
La disponibilità del ministro degli esteri Frattini a fornire due navi militari alla Nigeria, annunciata nel corso della recente visita ufficiale nel paese africano (una delle tappe del suo tour africano, dal 9 al 13 febbraio- ascolta l'intervista a Carlo Marroni, giornalista de ilSole24ore, che traccia un resoconto del viaggio di Frattini ) ha suscitato le ire del Mend (Movimento per l’emancipazione del delta del Niger) che ha minacciato ritorsioni sulle imprese italiane, soprattutto del gruppo ENI, operanti in loco.
Il titolare della Farnesina ha incontrato ad Abuja il ministro della difesa ed ha riferito che il governo nigeriano è “interessato ad usare tecnologie italiane, navi leggere veicoli speciali, blindati Lince, aerei, tecnologie radar e controlli satellitari Alenia”.

” Il governo italiano – ha commentato il Mend - ha offerto, non richiesto, la fornitura di due navi militari all’esercito nigeriano che sta conducendo una guerra ingiusta contro le popolazioni del delta del Niger”.
La Farnesina ha replicato alle accuse del Mend affermando che il nostro paese favorisce la stabilizzazione ed ha ribadito l’invito alla Nigeria a partecipare al vertice del G8 di quest’estate in programma alla Maddalena.
Rafforzare l’apparato militare di uno stato che secondo Amnesty International viola le libertà fondamentali non aiuterà a risolvere politicamente il problema della popolazione che abita il Delta del Niger, area ricca di petrolio, i cui proventi non vengono però distribuiti equamente: la regione è la più povera e arretrata della Nigeria.. Anzi, il petrolio si trasforma in una sorta di maledizione: lo sfruttamento sconsiderato delle multinazionali straniere distrugge l’ambiente e ne impedisce ogni possibilità di sviluppo. La Nigeria, pur essendo un importante produttore non ha utilizzato i notevoli introiti derivanti dall’oro nero per migliorare la qualità della vita dei nigeriani: il paese è in fondo a tutte le statistiche socioeconomiche mondiali.

Le stesse multinazionali petrolifere sono state accusate di sostenere l’apparato militare. Inoltre negli ultimi anni si sono moltiplicati gli attacchi alle piattaforme petrolifere ed i sequestri dei lavoratori che hanno visto anche il coinvolgimento dell’ENI.
Tale contesto imporrebbe particolare cautela e la sospensione di ogni cooperazione militare: proprio il contrario di quanto avviene. Il paese è un importante cliente dell’industria militare italiana, il primo dell’Africa subsahariana. Nel 2007 , secondo la relazione governativa ,sono state consegnate armi per un valore di 16 milioni di euro. Nel 2006 Alenia Aeronautica ha firmato un contratto da 84 milioni di euro per la messa in efficienza degli aerei da addestramento MB 339 forniti in precedenza. . Nel 2005 la stessa azienda ha firmato un contratto da 60 milioni di euro per l’ammodernamento e la logistica degli aerei da trasporto G 222 forniti dall’Italia . L’accordo prevede anche la formazione tecnica del personale. In passato Abuja ha anche usufruito di servizi militari , non meglio specificati nei documenti ufficiali di Palazzo Chigi, per un valore di 2,8 milioni di euro. Ciò avviene mentre il nostro paese ha cancellato, nel 2005, gran parte del debito estero contratto con l’Italia, quasi 900 milioni di euro.
Commesse che, in coerenza con la legge 185 che disciplina l’export militare, dovrebbero essere quantomeno sospese: la legge vieta le vendite a paesi belligeranti. E’ da sottolineare, inoltre, che l’Onu nel 2006 ha denunciato l’uso sistematico della tortura da parte della polizia nigeriana.

giovedì 5 marzo 2009

ZOMBIE NUCLEARI E AFFARI ECONOMICI

Della serie, va in scena l’ennesimo atto della farsa “Zombie nucleari” dal titolo: “Sarkozy va a caccia di commesse nucleari e Berlusconi ne approfitta per dare una svolta al suo progetto di foraggiare la lobby degli industriali nucleari italiani”.

Il 24 febbraio in un vertice bilaterale svoltosi a Villa Madama, a Roma, Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy hanno firmato un Protocollo che getta le basi per una cooperazione in tutti i settori della filiera produttiva dell’energia atomica che accompagna il primo concreto atto verso il ritorno dell’Italia al nucleare. Gli attori tecnici ed economici dell’intesa sono le due principali compagnie energetiche nazionali, Enel e Edf.

L’accordo prevede la costruzione in joint venture in Italia di quattro centrali di terza generazione del tipo Epr (European Pressurized water Reactor), un reattore di progettazione interamente europeo nato dalla collaborazione della francese Areva e della tedesca Siemens. In cambio l’Enel collaborerà alla costruzione della nuova centrale atomica di Flamanville, in Francia, e di altri cinque reattori Epr.
Ma gli obiettivi futuri dello Stato italiano in campo energetico, del tutto in linea con la berlusconiana megalomania, sono molto più ambiziosi del suddetto protocollo d'intesa e prevedono entro il 2020 un contributo dell’energia nucleare sulla potenza totale elettrica italiana installata del 12%.
Ciò significa mettere in campo circa 12 mila megawatt e per realizzare questo obiettivo i nostri governanti non disdegnano di rivolgersi anche alla concorrenza dei francesi, ossia l’americana Westinghouse, costruttrice degli impianti Ap1000.
E ciò significa costruire almeno una decina di centrali, calcolando un cocktail tra gli Epr, aventi una potenza media di circa 1600 megawatt, e gli Ap1000 più piccoli, con potenza media di 1100 megawatt. La media di una centrale ogni due regioni.

Tutto ciò quando, nella peggiore delle ipotesi, noi sfruttiamo nei momenti di maggior consumo solo il 75% della potenza elettrica gia installata nel nostro territorio, con una riserva di potenza elettrica che non ha eguali nel mondo.

Le ragioni che vengono addotte per giustificare tali scelte sono le stesse che da tempo vanno ripetendo con ostinata quanto pelosa ostentazione: l’indipendenza energetica dagli altri paesi con la necessità di svincolarsi dalle altre fonti fossili, prima tra tutti il petrolio, la riduzione delle emissioni gassose, l’economicità dell’energia nucleare rispetto alle altre fonti, insieme ad una fiducia assoluta nella sicurezza degli impianti Epr e nella capacità tecnica dell’industria nucleare di risolvere il problema dello stoccaggio delle scorie nucleari.

Si parla di indipendenza energetica come se l’Italia fosse tra i maggiori produttori di uranio al mondo, quando noi in realtà non ne possediamo nemmeno uno straccio di giacimento, senza pensare poi che l’uranio è un elemento di quantità finita e che la sua rarità e, conseguentemente, il suo prezzo aumenteranno di pari passo col suo sfruttamento. D’altronde basta considerare come sono sfumate, nel nulla dei pii desideri, le velleità autarchiche francesi, che, pur possedendo il maggior arsenale nucleare civile europeo, sono costrette ad importare petrolio e gas quanto noi. (Qualcuno suggerisca a Scajola che se non si converte energeticamente l’intero settore degli autotrasporti, a ben poco serviranno le sue centrali nucleari dal punto di vista della diversificazione energetica e dal punto di vista dell’indipendenza.)

Considerare poi il nucleare come la panacea ecologica da contrapporre ai danni provocati dalle emissioni gassose della combustione delle fonti fossili, è una sottile quanto meschina operazione di falsità mediatica.. Come se l’uranio si trovasse così, sparso sulla superficie terrestre e non aspettasse altro che essere raccolto, senza sforzo e, soprattutto, senza nessun impatto sull’ambiente.
L’uranio è un elemento alquanto raro e per ottenerne delle quantità sufficienti da essere sfruttate nelle operazioni di conversione energetica, abbiamo bisogno di trattare (per non dire devastare) immense quantità di roccia che lo contiene, con enormi emissioni di CO2. Per non parlare poi dei processi di arricchimento, senza i quali non potrebbe essere impiegato, che comportano emissioni di CO2 ancora più pesanti dei processi estrattivi.

Vogliamo parlare dell’aspetto economico? Che, come vedremo in seguito, è poi l’argomento più caro ai nostri industriali, specialmente quando si tratta di fare affari con i soldi dei lavoratori.
Facciamo due semplici conti, chiarendo prima di tutto che non bisogna dargli assolutamente retta quando vogliono farci credere che l’energia nucleare è a buon mercato, perché nei loro conti non entrano affatto le spese relative allo smaltimento ed allo stoccaggio delle scorie, ne tanto meno le spese relative allo smantellamento dei vecchi impianti.
Allora: per costruire una centrale nucleare di 1000 megawatt ci vogliono dai 3 ai 5 miliardi di euro (secondo alcune delle agenzie mondiali che si occupano di energia). Prendiamo il valore medio di 4 miliardi. L’Italia ha intenzione di installare 4 centrali entro il 2020 per un totale di circa 6000 megawatt, corrispondenti a 24 miliardi di euro.

Si tratta di una cifra notevole. Quale impresa privata rischierà l’investimento quando per cominciare a intravedere un qualche guadagno dovranno passare almeno una quindicina di anni? Col rischio inoltre che quando si tratterà di cominciare a raccogliere i frutti ci si troverà di fronte ad una tecnologia obsoleta non più competitiva sul mercato capitalista.
Indovinate un pò allora da dove verranno i soldi necessari a coprire gli investimenti? È ovvio, dallo Stato, ossia dalle tasche di coloro che maggiormente contribuiscono alle sue casse, cioè la classe lavoratrice. E indovinate un pò chi ne sfrutterà i possibili guadagni? Risposta altrettanto facile: tutti quegli industriali che da anni scommettono su questa operazione. E lo Stato non solo offrirà su un piatto d’argento questa possibilità di guadagno ai soliti noti, ma si caricherà sulle spalle (ovviamente sempre su quelle dei lavoratori) tutti gli oneri legati al trattamento, smaltimento e stoccaggio delle scorie.

E sono spese enormi che abbiamo pagato e che continuiamo a pagare per il cosiddetto “decommissioning” dei vecchi impianti costruiti prima del referendum del 1987 e che continuiamo a sostenere per lo stoccaggio provvisorio delle scorie nel nostro territorio e per quelle, sempre italiane, sparse per l’Europa. Solo per fare un esempio, qualcuno ha quantificato il totale delle spese sostenute dal 1987 ad oggi in 11 miliardi di euro, considerando anche che in questa cifra è compresa anche quella parte che va sotto la dicitura di "oneri nucleari" pagata alla lobby nuclearista per compensare gli investimenti fatti per le infrastrutture e l’acquisto del combustibile, inutilizzati dopo la rinuncia referendaria all'atomo. Tutti questi soldi continuiamo a pagarli sotto forma di quote prelevate dalla bolletta elettrica.

Perché tutti questi costi in termini capitalistici che si tramutano poi in costi di salute e ambientali pesanti? Perché nessuno fino ad oggi ha risolto il problema della produzione e dello stoccaggio definitivo delle scorie nucleari. Non ci sono riusciti gli statunitensi, che pure sono il primo paese ad avere avuto a che fare con l’energia atomica, alle prese con problemi insormontabili da questo punto di vista, e avendo speso dei capitali paragonabili al Pil annuo di qualche Stato più piccolo nel tentativo di risolverlo. Stati Uniti che, pur avendo un territorio molto meno densamente abitato del nostro, non riescono a trovare un sito geologico idoneo alla conservazione definitiva delle stesse scorie.

Come ancora non è stato risolto il problema della sicurezza degli impianti nucleari. E per quanto Stati, agenzie addette, industrie nucleari, si impegnino allo spasimo nel cercare di nascondere gli incidenti che periodicamente avvengono in tali impianti, mettendo a repentaglio la salute, oltre che dei lavoratori, di uomini e donne di intere regioni. Senza scomodare il ricordo degli incidenti più gravi che si sono susseguiti, come quello di Chernobyl, basta ricordare che solo nei primi otto mesi del 2008 sono stati 27 gli incidenti di un certo rilievo, che hanno comportato l’inquinamento radioattivo di terreni coltivati, corsi d’acqua, falde freatiche, ecc.

Oppure vogliamo dire qualcosa sulla sicurezza degli impianti di tipo Epr, cosiddetti impianti di III generazione, che pur avendo un sistema di difesa attiva contro gli effetti della fusione del nucleo, non convincono nemmeno le agenzie ufficiali come la “Union of Concerned Scientists”, scettica sui programmi di sicurezza legati al progetto Epr e nemmeno eminenti scienziati che certamente non sono degli antinuclearisti dell'ultimora, come Carlo Rubbia, il quale così si espresse rispetto ai reattori di III generazione, intervistato dal Corriere della Sera nel 2003: “È un dinosauro, un reattore vecchio che cercano di ammodernare e che alla fine avrà costi di produzione dell’energia troppo elevati”
Se non altro anche perché l’Epr può utilizzare come combustibile il famigerato e più a buon mercato “MOX” (costituito da una miscela di plutonio e uranio), combustile di impiego più rischioso a causa della maggiore attività del plutonio.

Che dire allora di questo accordo tra Sarkozy e Berlusconi se non che sia la convergenza di interessi di chi ha necessità, come il primo, di piazzare i prodotti di un’industria civile sempre più capitalisticamente antieconomica in un mercato liberista, e di chi, come il secondo, vuole a tutti i costi continuare a far arricchire quella lobby di parassiti senza scrupoli dei nostri industriali, bravi come nessuno nel resto del mondo a far affari rischiando i soldi dei lavoratori.
27 Febbraio 2009

Federazione dei Comunisti Anarchici
Gruppo di Lavoro Energia e Ambiente

mercoledì 4 marzo 2009

Comunicato Commissione Sindacale FdCA

La crisi non è un flagello biblico mandato dal cielo, ma un lucido attacco alle condizioni di vita dei lavoratori.
Non serve pregare, è necessario rilanciare il conflitto sindacale dal basso, fabbrica per fabbrica, città per città.
Una crisi a macchia di leopardo sta insidiando e distruggendo risorse produttive, occupazione e reddito in diverse parti dell'Italia, dando luogo all'espulsione dai luoghi di lavoro dei soggetti più deboli (lavoratori immigrati, a tempo determinato, a progetto...) ed alla messa in cassa integrazione e/o mobilità dei lavoratori a tempo indeterminato. Il processo è in corso e non è vicino alla sua fine.

Nel settore pubblico, la scelta di ricorso massiccio al lavoro precario negli anni passati si sta ora trasformando tragicamente in una altrettanto massiccia produzione di disoccupazione, con la mancata stabilizzazione dei posti di lavoro.

Cresce così esponenzialmente il numero di lavoratrici e lavoratori su cui grava un forte ridimensionamento del potere d'acquisto dei salari, degli stipendi e delle pensioni, mentre resta una preoccupante situazione debitoria delle famiglie verso banche ed istituti finanziari per debiti contratti per mutui casa, spese sanitarie, spese per l'istruzione dei figli, per i consumi quotidiani. Debiti difficili da restituire e ulteriori eventuali necessari mutui difficili da ottenere dalle banche, preoccupate molto più della loro dimensione patrimoniale che dell'assicurare credito accessibile a lavoratori sempre più impoveriti.

Se le banche chiedono protezione al governo, se la Confindustria chiede ulteriori sgravi fiscali al governo, da parte sua il governo di destra chiede a centinaia di migliaia di lavoratori di farsi carico della crisi - pregando magari sulla Bibbia, come dice il ministro Tremonti- ma senza mettere in atto interventi di sostegno ai redditi. Anzi, dall'estate 2008 ad oggi, l'esecutivo di Berlusconi si è impegnato in provvedimenti ed accordi - come quello sul nuovo modello contrattuale con CISL-UIL-UGL e associazioni datoriali - che prefigurano una uscita dalla crisi con un paese afflitto da una precarietà lavorativa e sociale diffusa e da un livello dei salari spinto ulteriormente verso il basso, approfittando del ritorno alle gabbie salariali che si nasconde all'interno del nuovo modello contrattuale.

Dalla Legge Finanziaria ai provvedimenti sulla decontribuzione sulla produttività e detassazione degli straordinari, dai migliaia di tagli dei posti nella scuola al blocco delle assunzioni a livello statale e regionale, dall'accanimento contro i lavoratori pubblici per le malattie e le pensioni, fino ai provvedimenti liberticidi sul diritto di sciopero per soffocare il sindacalismo conflittuale, il governo ha aggiunto sale sulle piaghe aperte dalla crisi, ritenendo evidentemente che all'uscita dal tunnel il movimento dei lavoratori in Italia sarà così indebolito ed impoverito da non poter più riprendersi e riorganizzarsi, complice il ruolo di sindacati quali la CISL, la UIL e l'UGL.
Un governo che preferisce spendere in interventi sulla sicurezza, sul nucleare ed a salvare le banche, si limita a trasferire risorse alle Regioni per gli ammortizzatori sociali, ma non intende prendere in considerazione lo stanziamento di risorse nuove per tutti i lavoratori espulsi dai luoghi di lavoro.

In questa durissima situazione, dopo due decenni di condizionamenti a risolvere in maniera individuale i problemi di lavoro, vanno accolte e valorizzate tutte le espressioni collettive, organizzate e solidali, da parte dei lavoratori che cercano di difendersi dalla crisi, dalle serrate padronali, dai provvedimenti liberticidi del governo. Così la lotta dei lavoratori dell'INSE di Milano, della FIAT a Pomigliano d'Arco, le manifestazioni di Torino e di altre città sono un segnale di reattività e di resistenza a ciò che viene dipinto come inevitabile ed ineluttabile.
In questa congiuntura storica, il ruolo della CGIL (pur divisa al suo interno) e del sindacalismo di base, insieme all'azione spontanea di gruppi di lavoratori auto-organizzati, diventa decisivo per dare voce, espressione e rappresentanza sociale alle migliaia e migliaia di lavoratori colpiti dalla mannaia della crisi e da un governo che non lancia salvagenti.

Le prossime mobilitazioni annunciate dalla CGIL (manifestazione del 4 aprile contro il nuovo modello contrattuale e lo sciopero nella scuola/università il 18 marzo), quelle annunciate dal sindacalismo di base (manifestazione il 28 marzo e sciopero generale il 23 aprile), opportunamente valorizzate da un percorso di condivisione delle scelte di lotta che ottenga il mandato democratico dai luoghi di lavoro, vanno sostenute ed allargate oltre la sola dimensione sindacale per farne occasione di protesta e di dimostrazione di dissenso organizzato verso le scelte industriali e governative.

Non pagheremo noi la loro crisi! No ai licenziamenti ed alla cassa integrazione, reddito minimo garantito ed indennità per le vittime della disoccupazione, lavorare meno a parità di salari, aumenti salariali sganciati dalla produttività, controllo dal basso sulla contrattazione e risposta assembleare al fascismo aziendale.
Commissione Sindacale dell'FdCA
Cremona, 1 marzo 2009

martedì 3 marzo 2009

Palestina-Israele, il weekend di pioggia non impedisce agli Anarchici Contro il Muro di partecipare alla lotta unitaria

Bil'in, Jayyous, Ni'ilin ed anche Silwan

La pioggia non ha cancellato la manifestazione del venerdì a Bil'in, Jayyous, e Ni'ilin contro il muro della separazione e contro l'occupazione.
Alcuni hanno aderito alla manifestazione a Silwan, nella cintura di Gerusalemme, contro lo sgombero delle famiglie palestinesi. A Bil'in, il tema della manifestazione è stato: "solidarietà con i residenti di Silwan e sostegno per l'unità nazionale".

Al cancello sulla strada del muro della separazione solita "accoglienza" a base di gas lacrimogeni. A causa del vento forte e persistente -al punto di far ritornare indietro i gas lacrimogeni- l'unità militare delle forze di stato ha cambiato idea e ci ha "permesso" di raggiungere il recinto elettronico e di restare lì fino a che non abbiamo sciolto la manifestazione.

Video clip reperibile girato a Ja'ayus il 27-2-09 su
http://www.youtube.com/watch?v=lBMIiwLwBcQ

dalla pagina web degli Anarchici Contro il Muro:
Continuano le manifestazioni a Jayyous, Bil’in e Ni’ilin il 27/02/2009
http://awalls.org/demonstrations_continue_in_jayyous_bi..._ilin

Nei villaggi della Cisgiordania di Jayyous, Bil’in e Ni’ilin, ai Palestinesi si sono uniti in questo venerdì attivisti internazionali ed israeliani per le manifestazioni settimanali in programma contro il muro di Israele. Nonostante un tempo ostile con piogge insistenti e forti venti che non si sono fermati per tutto il giorno, gli abitanti di questi tre villaggi hanno dato vita alle manifestazioni di protesta ed hanno cercato di raggiungere il muro costruito sulle loro terre per separarli.

Manifestazione contro il muro a Jayyous. Video di Yisrael Puterman
http://www.youtube.com/watch?v=lBMIiwLwBcQ

A Jayyous - dove più di 68 acri di terra sono stati devastati per aprire il nuovo percorso del muro e dove altri 1,380 acri sono stati confiscati- alcun decine di manifestanti hanno sfidato la pioggia, portandosi bandiere palestinesi e scandendo slogan contro il muro.
Ma, appena il corteo di protesta è giunto alla periferia del villaggio per proseguire sulla strada in direzione del muro, i soldati hanno iniziato a sparare i gas lacrimogeni e le granate assordanti, costringendo la gente a fare marcia indietro e provocando il lancio di pietre da parte dei giovani per ritorsione.
Le jeep dell'esercito sono poi entrate nel villaggio, i soldati hanno fatto irruzione nelle case, perquisendo, maltrattando ed intimidendo la gente.
Poco dopo, l'esercito ha imposto il coprifuoco sull'intero villaggio, come forma di punizione collettiva allo scopo di dividere gli abitanti e fermare così le manifestazioni.

E' il caso anche di ricordare che nelle ultime settimane, Jayyous è stato vittima di un'intensa repressione, comprese ripetute occupazioni militari del villaggio con uso di proiettili veri contro i manifestanti (solo 9 giorni prima, più di 20 jeep erano entrate nel villaggio ed i soldati avevano fatto dei raid nelle case, occupandole e lanciando bombe assordanti nelle case per aprirsi un varco dove mettere un cecchino.
65 residenti, compresi gli organizzatori delle manifestazioni settimanali sono stati rastrellati ed interrogati e poi 17 di loro arrestati subito dopo.

A Ni’ilin, i residenti si sono riuniti dopo la preghiera del venerdì ed hanno provato a manifestare dalla strada principale del villaggio in direzione del muro. Il sentiero ad est era bloccato da una jeep dell'esercito, ed il terreno fangoso avrebbe reso molto difficile compiere spostamenti veloci, per cui i manifestanti sono ritornati nel centro del villaggio e poi verso l'ospedale da dove hanno iniziato a marciare sulla strada asfaltata in direzione del cantiere del muro. Ma una considerevole presenza militare ci aspettava dietro gli ulivi in fondo alla strada, così i soldati ci hanno attaccato con i lacrimogeni e le bombe assordanti ancora prima di lasciarci alle spalle la periferia del villaggio.
Quando le truppe hanno iniziato ad avanzare verso il villaggio, la gioventù locale ha alzato delle barricate ed ha cercato di respingere i soldati tirando di fionda e con petardi. I soldati si sono quindi posizionati nei dintorni di Ni’ilin da dove hanno sparato una grande quantità di gas nelle strade e nei vicoli, ricevendo in risposta lanci di pietre.
E' andata avanti così per un paio d'ore, dopo di che le truppe si sono ritirate dalla zona. Alcune persone sono state lievemente ferite dalle bombolette di gas ed intossicate dalle inalazioni di gas.

Manifestante prende a calci una bamboletta di gas a Bil'in. Foto di Haytham Al Khateeb
http://awalls.org/files/images/Bilin-27-02-09.jpg

A Bil’in, i manifestanti si sono riuniti a mezzogiorno ed hanno marciato dopo la preghiera verso la strada del muro. Portavano uno striscione gigantesco dipinto con tutte le insegne delle diverse fazioni politiche palestinesi, come simbolo di unità, mentre altri striscioni portavano scritte di condanna del razzismo di Israele e della sua violenza contro i civili -in questa settimana esercitata a Silwan, Gerusalemme Est, dove l'esercito ha recentemente demolito le case del rione di Bustan.

Nonostante la pioggia ed i gas sparati dalle truppe israeliane posizionate dall'altra parte del muro, alcuni manifestanti sono riusciti ad attraversare il cancello nell'area tra i due recinti per restare lì almeno 20 minuti, urlando per la pace e contro il furto di terra perpetrato da Israele. Parecchi sono stati intossicati dall'inalazione dei gas.

Link collegato: http://ilanisagainstwalls.blogspot.com/
Ilan Shalif (AAtW)
(traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali)

domenica 1 marzo 2009

A Bergamo, ritornano le cariche

A Bergamo gli antifascisti che si opponevano, ieri 28 Febbraio, all'inaugurazione di una sede dei nazi-fascisti di Forza Nuova, sono stati caricati a freddo dai celerini; mentre i fascisti sono stati protetti e lasciati sfilare senza problemi.

Non ci stupiamo ne ci indignamo, conosciamo le connivenze tra forze dell'ordine e neo-fascisti.
Il nostro compagno Valerio ha pagato nel tentativo di portarle alla luce del sole.

E nemmeno ci autocommiseriamo, ci limitiamo a registrare l'ennesimo episodio di odio sbirresco e fascista nei confronti di chi non vuole che le carogne fasciste sfilino indisturbate nel proprio territorio a molestare i più deboli. Che tanto solo questo sanno fare, forti con i deboli e zerbini coi potenti.

Sono gli ossequiosi cani da guardia del potere.
Sono quanto di più becero e umanamente rivoltante questa società fondata sulla legge del più forte esprime.

Solidarietà agli antifascisti che hanno manifestato a Bergamo.

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dal Manifesto

A Bergamo, ritornano le cariche
28/02/2009
Giorgio Salvetti

Sembrava tutto finito bene. Il corteo spontaneo antifascista control’apertura a Bergamo di un sede di Forza nuova si stava già sciogliendo,quando all’improvviso sono partite violente cariche della polizia.
Gli agenti sostengono di aver risposto al lancio di bottiglie da parte dei manifestanti, di aver perseguito un gruppetto bardato, denunciano agenti feriti e dicono di aver sequestrato anche un piccone. Ma di fatto sono state compiute cariche a freddo che hanno colpito tutto il corteo.
I manifestanti sono scappati per le strade del centro ma sono stati inseguiti dagli agenti in tenuta antisommossa che hanno continuato a prenderli a manganellate.
Cinquantanove antifascisti sono stati fermati e portati in questura e nella caserma dei carabinieri. Fuori dalla questura si sono riunite alcune decine di persone per conoscere la sorte dei loro compagni. Ma anche loro sono stati attaccati e presi a manganellate.
Ingiustificate.
Si è trattata di una giornata pessima segnata da una serie di azioni poliziesche violente che sanno di premeditazione comandata dall’alto. Mentre a Milano si teneva la manifestazione per Cox18.
La giornata a Bergamo è iniziata male quando, intorno alle 15,30, il boss di Forza Nuova, Roberto Fiore, ha inaugurato la sede del suo movimento neofascista in via Quarenghi, nella zona più multietnica della città, dove già sono stati commessi alcuni atti di razzismo. Da un paio d’anni è attiva a Bergamo una sezione di Forza Nuova i cui attivisti si fanno sentire spesso sui blog cittadini, che una volta erano appannaggio della sinistra.
Un migliaio di militanti antifascisti ieri pomeriggio si sono dati appuntamento proprio in via Quarenghi, a 70 metri dalla sede neofascista, da lì si sono mossi in corteo per le vie del centro facendo blocchi del traffico. Nulla di più. Sono stati lasciati anche sfilare 200 fascisti armati di caschi che hanno rotto la telecamera di una giornalista di Antenna 6.
La manifestazione antifascista dopo due ore è riconfluita verso via Quarenghi dove si stava sciogliendo. I neofascisti, circa 400 persone, se n’erano andati, e anche alcuni militanti di sinistra avevano cominciato a lasciare la piazza, quando, a sorpresa, è partita una carica tra via Paglia e via Paleocapa.
Un blitz molto duro e prolungato. Gli agenti hanno seguito i manifestanti in fuga in mezzo al traffico, li hanno picchati, davanti ai negozi, colpendo a manganellate anche ragazzi già fermati e buttati a terra.
«Il corteo era finito da un’ora - racconta un manifestante - addirittura il questore, Dario Rotondi, si era congratulato con alcuni organizzatori per la gestione della piazza quando i poliziotti sono scattati. Gli prudevano le mani».
A Bergamo si terrano le elezioni comunali e provinciali, e una giornata gestita con il pugno duro dalla polizia contro manifestanti di sinistra con scontri per le strade, cade a pennello per la Lega del ministro degli Interni Bobo Maroni.
Le forze dell’ordine sostengono di aver agito contro un gruppo venuto dafuori città, sarebbero stati loro a portare mazze e piccone. I fermati sono stati radunati in un cortile in questura. Sono probabili cinque arresti. Gli altri fermati verrano rilasciati nel corso della notte.