lunedì 29 giugno 2009

Comunicato FdCA sul 4 Luglio a Vicenza

La Federazione dei Comunisti Anarchici aderisce alla manifestazione del 4 luglio, e sostiene attivamente lo sforzo dei comitati cittadini che continuano a resistere efficacemente con una lotta di massa impegnata a fermare la militarizzazione del territorio del vicentino, già martoriato dalla presenza di diverse strutture militari.

La vostra lotta è la nostra lotta, la stessa che portiamo avanti con coerente impegno antimilitarista in tutte le piazze in cui siamo presenti; vi ringraziamo per la vostra tenacia e determinazione che rappresenta una delle più significative esperienze italiane di resistenza e di riscatto della volontà popolare, oltre che un simbolo attorno a cui si riuniscono tanti di coloro che lottano oggi per una società più libera, più giusta, più pacifica.

Un movimento organizzato dal basso e senza deleghe capace di produrre autorganizzazione e che invita alla coordinazione fra tutte le realtà di base che costituiscono nel territorio una speranza di opposizione sociale al dilagare della destra e degli effetti devastanti della crisi.

Dalle manifestazioni del 4 luglio, così come da quelle in svariate parti d'Italia contro il G8, dalla mobilitazioni abruzzesi che rivendicano diritti di autonomia e di rispetto del loro territorio e delle loro vite giunge forte il segnale che occorre rilanciare la democrazia di base e dal basso, la democrazia diretta, le presenze nei quartieri per creare spazi collettivi di base, autogestiti e di decisionalità, dove radicare la lotta anticapitalista e costruire l’alternativa libertaria, per non consegnare le nostre coscienze ed il nostro futuro alla barbarie del capitalismo, delle guerre e degli Stati.

Federazione dei Comunisti Anarchici

www.fdca.it

venerdì 26 giugno 2009

IRAN: una tragedia iniziata 30 anni fa

Con il bagno di sangue crolla in Iran il mito della repubblica islamica del popolo.

Il bagno di sangue con il quale i dirigenti della repubblica islamica stanno schiacciando la pacifica opposizione del popolo mette fine ad ogni pretesa alterità degli Stati di ispirazione islamica rispetto agli Stati cosiddetti “laici” dell’Occidente: quando le classi al potere, siano esse borghesie laiche o religiose, vengono chiamate dal popolo a rispondere in piazza del loro potere, degli abusi, dei privilegi, delle limitazioni della libertà che esse impongono alle opposizioni, allora inizia la repressione più feroce, si spara sulla gente, si lanciano le bestie dei corpi di sicurezza all’assalto per l’annientamento fisico dei manifestanti, siano essi lavoratori, donne, studenti.

Trent’anni fa non eravamo, noi anarchici, tra coloro che a sinistra salutavano la rivoluzione clericale khomeinista, purchè anti-imperialista e contro lo scià. Sapevamo che stava per iniziare una tragedia immane per il popolo iraniano, da cui non si sarebbe liberato così facilmente. E’ stata negli anni distrutta ogni componente organizzata laica e di sinistra, messa a tacere ogni autonomia sindacale, militarizzata la zona meridionale dei pozzi petroliferi, avviata una politica di posizionamento come potenza emergente a carattere regionale e come stato islamico guida, cogliendo favorevolmente le opportunità concesse dalle due guerre in Irak, dalla guerra in Afghanistan, dalle guerre israeliane in Libano ed in Palestina, dall’emergere della potenza economica cinese.

Una èlite clericale e autoritaria, corrotta e sfruttatrice governa un paese in cui il tasso di disoccupazione è tra il 25-35%, in cui si distribuiscono bonus da 50 a 600 euro a chi appoggiava il presidente Ahmadinejad, in cui costui ha permesso alle banche di stampare carte di credito che hanno indebitato gli iraniani, in cui sono 3-5 milioni di persone che compongono la feroce milizia basiji, in cui il petrolio non crea ricchezza per il paese né dà energia, in cui si sopravvive con i sussidi per il pane e i trasporti.

Questa èlite è oggi attraversata da scontri interni che le elezioni presidenziali hanno svelato nella loro durezza. A pagare però sono le migliaia di manifestanti le cui richieste ci appaiono minime, ma sono insopportabili per il potere iraniano se portate con l’azione diretta e dal basso, senza attendere la benevola concessione dall’alto: si chiede di tollerare la libertà di espressione, di non censurare o chiudere i giornali dell’opposizione, di non applicare la pena di morte sui minori, di dare maggiori opportunità di lavoro alle donne nel pubblico impiego, di non incarcerare gli studenti radicali, di dare più tutele alle donne nelle cause di divorzio.

La leadership teocratica guidata dai mullah è favorevole all’ingresso nella OMC, alle privatizzazioni, alle politiche neoliberiste, dispone di una enorme massa di manodopera a basso costo per la penetrazione di capitali cinesi e delle joint-ventures sui corridoi di gas e petrolio che vanno verso est e verso ovest. Gli USA e l’UE lo sanno ed hanno qualche difficoltà ad indignarsi più di tanto.

La solidarietà internazionale è resa difficile dall’isolamento dell’Iran, dai distinguo e dalle esitazioni che si fanno in Occidente, dalle ambiguità del mondo arabo verso l’Iran. Eppure se ci lasciamo intrappolare dalle sottili distinzioni tra “riformisti” alla Mousavi e i “moderati” del clero, dalla saggezza dei mullah di Qom rispetto alla rozzezza di Khamenei, dalla propaganda anti-occidentale ed anti-semita di Ahmadinejad, rischiamo di non vedere quel movimento che sta sfidando il potere dello Stato e che paga con i morti il suo solo osare di chiedere più libertà, più giustizia, più futuro, più vita.

Anche in Iran c’è una borghesia capitalista e sfruttatrice al potere, anche in Iran c’è un clero oscurantista e libertidica, anche in Iran c’è uno Stato violento e repressivo, anche in Iran c’è un popolo che viene oppresso e schiacciato.

E allora “intifada” contro la teocrazia di Tehran, resistenza popolare contro gli oppressori e gli assassini. La rivolta iraniana è una rivolta per una speranza di libertà e di giustizia sociale. Ha bisogno di tutta la solidarietà internazionale laica, antistatalista, antiautoritaria

Federazione dei Comunisti Anarchici
giugno 2009

venerdì 19 giugno 2009

Dallo Slai Cobas sui lavoratori del G8 aquilano

MENTRE PER I LAVORI DI RICOSTRUZIONE DELLE CASE DEI TERREMOTATI I TEMPI DEL GOVERNO SONO LUNGHI PER I LAVORI DEL G8 SI STA PROCEDENDO A TAPPE FORZATE, VIOLANDO APERTAMENTE NORMATIVE DI LEGGI E CONTRATTUALI, NORME DI SICUREZZA VERSO I LAVORATORI CHE LI STANNO ESEGUENDO.

LO SLAI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE, DOPO UN SOPRALLUOGO SUI CANTIERIDELLE NUOVE STRADE - DA AEREOPORTO A SCUOLA G.F. - HA PRESENTATO UN DENUNCIA ALL'ISPETTORATO DEL LAVORO E ALLA PROCURA DE L'AQUILA.

Slai Cobas per il sindacato di classesede nazionale Taranto v. Rintone, 22 - T/F 0994792086 - 3475301704 -cobasta@fastwebnet.it TA.
16.6.09

Alla DIREZIONE PROV.LE DEL LAVORO
Servizio Ispezioni Lavoro L'AQUILA
epc alla PROCURA deL'AQUILA

La scrivente O.S. denuncia quanto segue:
i lavoratori edili impegnati in questo periodo nei lavori per il G8 diampliamento/costruzione strade da e per Aereoporto di Pretura e Scuola Ispettori e Sovraintentenza Guardia di Finanza in Coppito.- non stanno usufruendo del riposo settimanale;
- effettuano un orario di lavoro giornaliero di 12 e più ore;
- sono costretti per l'intera giornata a lavorare sotto il sole, e anche durante le brevi pause lavorative non possono ripararsi all'ombra, mancando il cantiere di strutture mobili, pensiline, o altro;
- non sono dotati dei prescritti DPI;
- si lavora a ritmi intensi, a causa dei tempi stretti in cui devono essereultimate, con rischio di infortuni per i lavoratori.

Ci risulta che la ditta che sta prevalentemente operando è la TOTO di Chieti.
Ci sembra incredibile che in lavori appaltati direttamente dai Ministeri, si lavori violando platealmente le norme di leggi dello Stato.

CHIEDIAMO, PERTANTO, UN URGENTE INTERVENTO DI CODESTO ISPETTORATO DEL LAVORO.
Chiediamo di conoscere gli esiti degli accertamenti.

SLAI COBAS per il sindacato di classe

giovedì 11 giugno 2009

Alternativa Libertaria Sicilia - Giugno 2009 - Edizione straordinaria



Numero speciale della Redazione di Alternativa Libertaria Sicilia uscito in occasione del convegno sui novant'anni dalla costituzione dell'Unione dei Comunisti Anarchici d'Italia (1919), tenutosi a Firenze il 7 Giugno.


In questo numero, per creare un ponte ideale con Firenze, due interventi dei compagni:
- La Federazione dei Comunisti anarchici, di Donato Romito, SN FdCA
- Il movimento Comunista Anarchico Internazionale oggi, di Nestor McNab, Uffico Relazioni Internazionali della FdCA


Altri articoli del numero di Giugno 2009:
- Considerazioni a proposito delle "candidate".
- Sono tempi caldi
- Quale coscienza di classe?
- Lavoro e morte
- La nascita del laboratorio eco-ambientale del c.s.o.a. Forte Prenestino di Roma

Potete leggere gli articoli sul sito della Sezione di Palermo:


lunedì 8 giugno 2009

Solidarietà con la lotta dei popoli dell'Amazzonia in Perù!

Appello internazionale libertario

Questo appello è un'iniziativa di solidarietà internazionale libertaria con i popoli indigeni e dell'Amazzonia in Perù, in lotta per la difesa della loro terra e della loro cultura ancestrale. Questa terra e questa cultura sono oggi violate e minacciate dal governo peruviano, il quale -alleato con l'imperialismo, le multinazionali e la Destra (soprattutto l'APRA - Alianza Popular Revolucionaria Americana, Unidad nacional ed il movimento che si rifà a Fujimori) - ricorre a decreti esecutivi incostituzionali, in coerenza con la firma messa dal Perù sull'accordo con gli USA noto come NAFTA.

La Unión Socialista Libertaria si rivolge agli anarchici, ai libertari e ad altre organizzazioni similari in tutto il mondo perchè firmino questo appello, lo facciano proprio, ne diffondano i contenuti online, sulle mailing lists, nelle riviste, nei giornali, nei bollettini, nei documenti, sui murales, nei forum, negli eventi pubblici culturali e politici, e così via, con lo scopo di assumere una chiara e militante posizione libertaria su quello che sta succedendo in Perù.

Chiediamo perciò ai nostri compagni libertari di organizzare mobilitazioni e manifestazioni fuori delle sedi diplomatiche peruviane in ogni paese, in coordinamento con altri settori in lotta, allo scopo di denunciare le azioni dello Stato e delle multinazionali in Perù.Confidiamo nella solidarietà che ci caratterizza come rivoluzionari libertari, confidiamo nel fatto che faremo causa comune con i nostri fratelli indigeni, che gli faremo sapere che non sono soli, che la loro lotta è la nostra lotta, finché non avremo una società veramente fondata sulla piena libertà, sull'autonomia e sul progresso umano, senza sfruttati e senza sfruttatori.
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Le comunità indigene e dell'Amazzonia nella giungla peruviana (specialmente a Loreto, San Martín, Amazonas, Ucayali, Huánuco, Cuzco e Madre de Dios) stanno suonando ancora una volta i tamburi di guerra per la lotta e la resistenza contro la minaccia portata contro di loro dal modello economico neoliberista supportato dal governo peruviano (guidato dal partito Aprista).

Le comunità hanno lanciato un appello per la ribellione popolare con lo sciopero generale a tempo indeterminato che è in corso con grande partecipazione di massa dal 9 aprile di quest'anno. Le comunità sono dunque sul piede di guerra da oltre 50 giorni e questo è un chiaro esempio del loro valore, della loro capacità organizzativa e del loro eroismo.

Questo intenso processo di lotta degli indigeni dell'Amazzonia scaturisce dalle decisioni del governo peruviano, il quale contravvenendo ai trattati internazionali sottoscritti, sta sistematicamente violando la Convenzione dei Popoli Indigeni e Tribali, nota come Convenzione n°169, stabilita dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro, con cui si sancisce la preventiva consultazione obbligatoria dei popoli indigeni su qualsiasi intervento di pianificazione riguardi le loro terre, convocando gli appositi organismi delle comunità.

In altre parole, il governo Aprista ha iniziato (o meglio, ha ricominciato) una nuova campagna di inopinata sottrazione, e di vendita alle multinazionali più generose, di terre che per storia e tradizione appartengono a tutte le comunità (Wajún-Wampis, Kichuas, Arabelas, Huaronis, Pananujuris, Achuar, Murunahus, or Chitonahuas, Cacataibos, Matsés, Candoshis, Shawis, Cocama-Cocamilla, Machiguengas, Yines, Asháninkas, Yaneshas ed altre, comprese le popolazioni "non contattate"), che oggi rivendicano il loro diritto ad esistere e resistere.

Il ruolo dello Stato peruvianoLa Legge n°20653, la Legge Generale sulla Comunità dei Nativi, che venne approvata nel giugno 1974 dal regime militare del generale Juan Velasco Alvarado, riconosce la "legale esistenza e la identità giuridica dei popoli indigeni dell'Amazzonia e dei loro territori, dichiarandoli inalienabili, irrevocabili ed inviolabili". Questa legge venne confermata con la Costituzione del 1979.

Ma è stata stralciata con un semplice tratto di penna dalla Costituzione di Fujimori nel 1993, per spianare la strada alla confisca ed al saccheggio delle terre ad opera dei governi successivi, aprendo così le porte al NAFTA (North American Free Trade Agreement), recepito con una legge effetto dei decreti esecutivi del secondo governo Aprista.Non dobbiamo dimenticare il fatto che con la Costituzione Fujimori del 1993 si lascia aperta la porta al saccheggio delle risorse del paese. Quindi è chiaro che era già iniziato il lavoro per soffocare ed isolare le comunità, a tutto vantaggio dell'avidità delle multinazionali che ci guadagnavano in concessioni per l'estrazione di petrolio, gas, minerali, per il turismo ed il disboscamento in aree tradizionalmente appartenenti alle popolazioni che vivono in quelle terre.

In altre parole, veniva lastricata la strada perchè lo Stato potesse dichiarare che le terre dei popoli native erano "disponibili in base all'economia di mercato", ricorrendo a decreti esecutivi che bypassavano il Parlamento.Ancora una volta lo Stato peruviano si è dimostrato non essere altro che uno strumento di dominio e di sfruttamento nelle mani della classi sfruttatrici di questo paese, le quali stanno cercando di continuare il processo di esproprio non solo dei diritti politici, ma anche delle risorse dei popoli indigeni (nativi), che ora sono in rivolta contro il potere degli oppressori.

Come comunisti libertari, noi dichiariamo che il diritto alla libera autodeterminazione delle comunità dei nativi si esercita tramite il potere popolare, basato su principi comunitari, sull'utilizzo e sull'uso collettivo delle risorse naturali, nonché su quelle forme di lavoro e di benefici collettivi che sono stati tradizionalmente preservati in Amazzonia, sede di 31 dei 114 ecosistemi mondiali, sede del 95% delle foreste del Perù, importante fonte potenziale di acqua e delle risorse di energia idrica

La lotta dei popoli indigeni di Abya Yala
Nel contesto dello Sciopero Generale Popolare Indigeno, si è svolto nel Puno, una delle regioni meridionali del Perù, un importante meeting delle comunità native delle Ande. Questo incontro è stato denominato 4° Summit Continentale dei Popoli Indigeni e delle Nazioni di Abya Yala e si è concluso il 31 maggio scorso, con un accordo unanime per il rispetto della madre terra e delle sue risorse naturali, con un forte respingimento della privatizzazione dell'acqua, della presenza delle multinazionali e del modello economico neoliberista..

Questo accordo è stato incluso nella "Dichiarazione di Mama Quta Titikaka" (il Lago Titicaca, sul confine tra Perù e Bolivia), con cui si lancia per giugno una mobilitazione dei vari organismi sociali ed indigeni, in difesa dei popoli dell'Amazzonia, insieme ad un appello per manifestazioni e proteste da fare sotto le sedi diplomatiche peruviane in ogni paese.

E' importante in sé, sottolineare la natura di questo vertice indigeno, che è stato del tutto autogestito, con un'organizzazione cara ai militanti libertari. Nelle Raccomandazioni Conclusive, il vertice auspice la "costruzione delle Comunità Plurinazionali dei Popoli, basate sull'autogoverno e sulla libera determinazione di ogni popolo".Parimenti, si denuncia il ruolo della stampa ufficiale dedita alla disinformazione, allo snaturamento o al silenzio su quello che sta accadendo nella giungla peruviana, in evidente collusione con la corrente neoliberista all'interno del governo e con i suoi leaders: Alan García, vice-presidente ed ammiraglio in pensione responsabile dei massacri nelle carceri durante il primo governo Aprista negli anni '80; Luis Giampietri, il primo ministro, Yehude Simon, già leader di sinistra che è stato persino imprigionato per le sue posizioni e che ora è il fedele custode della reazione Aprista.

E' chiaro che per la borghesia che controlla lo Stato agli ordini dell'imperialismo, l'obiettivo è l'esproprio delle comunità. Si tratta al tempo stesso di un piano per distruggere la struttura di organizzazione sociale e di relazioni che lega le comunità tra di loro ed alla terra, una organizzazione sociale e relazionale che collide nella sua essenza con la concezione occidentale della proprietà e che quindi diventa un freno alla voracità del capitalismo multinazionale che sta cercando di radicarsi in queste zone, usurpandone i diritti grazie all'intervento dello Stato per farne dei feudi in cui sia garantita la prosperità ed il dominio degli sfruttatori.

Il Presidente Alan García mente "subdolamente" quando dice che dei 63 milioni di ettari della giungla peruviana, solo 12 milioni appartengono alle comunità dell'Amazzonia; infatti sono invece 25 i milioni di ettari che appartengono alle comunità, come confermato da Alberto Piango, leader e maggiore esponente delle comunità in lotta, il quale è stato accusato di "minacciare la sicurezza nazionale e di danneggiamento dei servizi pubblici", insieme ad altri esponenti indigeni, Marcial Mudarra, i fratelli Saúl e Servando Puerta, Daniel Marzano e Teresita Antazu. Inoltre, Pizango è già stato incriminato per "ribellione, sedizione ed altre offese" dal Tribunale Criminale Provinciale di Lima e sta affrontando una terza incriminazione per "disturbo alla pace" presso il Tribunale Criminale Provinciale di Utcubamba, in Amazzonia.

E' chiaro che questa serie di accuse ed in generale la repressione giudiziaria e politica fanno parte degli sforzi dello Stato per criminalizzare tutte le proteste popolari, per reprimere le giuste rivendicazioni sociali, e quindi poter negativamente influenzare l'opinione pubblica rappresentando i nostri fratelli e le nostre sorelle indigeni del Perù nient'altro che come "vandali o selvaggi, ignoranti incapaci di capire il progresso che porta la globalizzazione".Perciò, come libertari, crediamo che la lotta dei popoli indigeni, dell'Amazzonia e delle Ande, per la difesa della loro terra, del loro modo di organizzarsi, della loro cultura, sia parte di un programma minimo che comprende la conquista delle richieste dei popoli oppressi dallo Stato, dal capitalismo e dall'imperialismo.

Questa piattaforma minima dovrebbe essere basata sulla necessità di usare l'azione diretta allo scopo di cacciare le multinazionali dalle terre dei popoli native. E' in gioco l'integrità e la sostenibilità dell'habitat e dell'ecosistema della regione - il quale, va ricordato, è uno dei "polmoni" del pianeta- unica garanzia per far sì che ci sia uno sviluppo sostenibile ed un uso pianificato della flora e della fauna, sulla base dei criteri stabilità dalle comunità. Inoltre, è necessaria un'azione di auto-difesa delle terre, che devono essere riportate alle condizioni originarie..

Crediamo dunque che la vera ed attiva solidarietà con la lotta dei popoli indigeni e dell'Amazzonia, prenderà la forma della protesta popolare (agitazione, propaganda, scioperi sindacali e scioperi popolari, azione diretta, etc.), per essere incorporata in una piattaforma generale di lotta basata su quella dei popoli nativi.
Sostenere la giusta protesta dei popoli indigeni e dell'Amazzonia

Come comunisti libertari che non si aspettano nulla dallo Stato (se non la sua distruzione), noi stiamo con la lotta dei popoli nativi quale parte immediata di un progetto più ampio per la liberazione di tutti i popoli sfruttati, e quindi parte di una più ampia strategia o di un programma massimo per la rivoluzione sociale.Per questa ragione, dovremmo sostenere le rivendicazioni che nel breve termine servono a migliorare le condizioni di vita e ad agevolare l'organizzazione sociale, politica ed economica dei popoli indigeni, con lo scopo di affrontare lo Stato sfruttatore e distruggerlo dall'interno, costruendo quei nuclei di potere popolare che abbatteranno quel gigante dai piedi di argilla che è il capitalismo, ferito a morte a livello globale da una crisi globale che non può risolvere se, come noi vogliamo, è la borghesia che deve pagare questa crisi e non i lavoratori.Per cui noi sosteniamo la lotta dei popoli dell'Amazzonia e delle loro varie comunità per cercare soluzioni immediate e per unirsi nelle seguenti rivendicazioni:·

Abrogazione di tutte le leggi che danneggiano o violano gli interessi delle Comunità Native e Rurali: cancellazione della Legge n°29317, la legge sulle Foreste e le specie selvatiche, che è il prodotto di una modifica forzata e parziale del Decreto n°1090 (la "Legge della Giungla") e dei decreti correlati n°1089, 1064 e1020. In altre parole, i 99 decreti che sono stati imposti ai popoli senza averli consultati.·

Rispetto per l'autonomia e l'auto-determinazione delle comunità native e per la loro attiva partecipazione politica nel processo decisionale. La decisione finale sull'approvazione o meno di regolamenti legislativi o di contratti per le concessioni, deve essere presa tramite strumenti di democrazia diretta (assemblee popolari, referendum, etc.).·

Benefici e servizi affinché le comunità ed i popoli nativi possano sviluppare le loro attività produttive, commerciali ed industriali, nella prospettiva del controllo diretto su questi processi da parte dei popoli stessi, basato sui principi dell'autogestione e della socializzazione.·

Benefici e servizi per promuovere e lanciare l'istruzione e la cultura all'interno delle comunità (per esse e da esse). Più scuole ed insegnanti qualificati per promuovere l'istruzione degli studenti nativi. In altre parole, sviluppo di un sistema educativo di alta qualità senza quelle tendenze alla competizione ed alla sopraffazione che il mercato mondiale del capitalismo richiede.·

Maggiori benefici derivanti dall'esplorazione ed estrazione di petrolio e gas da devolvere ai popoli nativi, insieme alla costruzione di ospedali, strade e tutte le infrastrutture necessarie, previo approvazione da parte dei popoli stessi, gestite dalle stesse comunità tramite strumenti che diano loro il pieno controllo sulla amministrazione di queste infrastrutture.·

Immediata cessazione della campagna di criminalizzazione della protesta che il governo Aprista e la Destra peruviana stanno portando avanti, insieme alla fine della repressione contro gli attivisti sociali e fine degli altri mezzi psicologici di distrazione di massa per spostare l'attenzione del paese dai suoi veri problemi sociali.Solidarietà internazionale con la lotta dei popoli dell'Amazzonia in Perù!Immediata abrogazione del Decreto che viola la sovranità dei popoli indigeni!

Per la libertà e la difesa del pensiero, della cultura e dell'auto-determinazione di tutti i popoli del mondo!

Contro l'autoritarismo dello Stato, organizzazione e lotta dal basso!

Basta col NAFTA e con gli altri trattati capitalisti!

Fuori dall'America Latina tutte le multinazionali imperialiste e tutte le basi militari americane

Stop alla criminalizzazione della protesta; immediato rilascio degli arrestati nelle lotte!

Lunga vita alle lotte eroiche dei popoli indigeni di Abya Yala!

Siamo tutti Amazzoni!

Lunga vita a coloro che lottano!

Lima, 5 June 2009

Firmatari:
1.. Unión Socialista Libertaria (Lima, Peru)
2.. Federazione dei Comunisti Anarchici (Italia)

sabato 6 giugno 2009

Licenziamento De Angelis: 8 giugno 2009, ore 10,30, a Roma. Presidio di solidarietà alla prima udienza.

L'8 giugno tutti a Roma davanti al Tribunale !
Viale Giulio Cesare, 54 (metro A, fermata Lepanto) Aula 101, primo piano, giudice Conte

Il prossimo 8 giugno si terrà pressoil Tribunale di Roma la prima udienza del ricorso contro il licenziamento di Dante De Angelis, macchinista Fs e Rappresentante dei Lavoratori alla Sicurezza.
Dante è stato licenziato il giorno di ferragosto per aver segnalato, come delegato alla sicurezza, "problemi" ai treni Eurostar. Da allora ci sono stati diversi altri incidenti, altri due Etr si sono spezzati, 6 lavoratori sono morti sui binari, 2 viaggiatori uccisi e 4 orribilmente mutilati dalle porte Killer.

L'attacco frontale ai diritti sindacali e alle libertà fondamentali iniziate con il licenziamento, stanno proseguendo con l'intimidazione nei confronti di altri RLS attivi e di centinaia di lavoratori.
Il disegno aziendale di un ulteriore massiccio ridimensionamento del numero dei ferrovieri, l'introduzione del macchinista solo alla guida dei treni, l'attacco alle condizioni di lavoro e all'intero servizio ferroviario, in particolare ai pendolari e al trasporto merci, aprono inquietanti scenari per chi potrebbe essere espulso, per quelli che rimarranno e per tutti i viaggiatori.

La lotta per il reintegro di Dante riguarda tutti i ferrovieri, i lavoratori, i pendolari e i cittadini. La mobilitazione per il reintegro di Dante è una battaglia di civiltà.

Per questo invitiamo tutti, ferrovieri, pendolari, lavoratori e cittadini ad essere presenti:

8 GIUGNO '09, ORE 10.30
UDIENZA AL TRIBUNALE DI ROMA
Viale Giulio Cesare 54 (metro A, fermata Lepanto)Aula 101, primo piano, giudice Conte

mercoledì 3 giugno 2009

Elezioni europee: solo la lotta paga!

Dal 4 al 7 giugno gli elettori europei saranno chiamati a votare per scegliere chi li "rappresenterà" nel Parlamento Europeo.

Come comunisti anarchici, noi non riteniamo che le elezioni possano portare a dei cambiamenti reali, dato che preferiamo la democrazia diretta al posto della democrazia rappresentativa. In altre parole, preferiamo che le decisioni che riguardano tutti i lavoratori siano discusse ed adottate dagli stessi lavoratori, collettivamente.

Il funzionamento e gli scopi dell'Unione Europea sono del tutto opposti al modello autogestionario e quindi anche agli interessi popolari e dei lavoratori. I leader europei disprezzano a tal punto il popolo che, sebbene possano chiedere la nostra opinione, la sola risposta concessa è quella che fa sua la linea politica della UE, linea che è già stata decisa altrove.

Basti pensare al rigetto popolare tramite referendum del Trattato che stabiliva la Costituzione Europea, verificatosi nei paesi della UE in cui si è votato.

Il ruolo del Parlamento Europeo è coerente col sistema che difende gli interessi della classe capitalista. I vertici della UE (la Commissione, il governatore della Banca Europa, ecc.) non sono soggetti ad alcun controllo democratico e sono pesino liberi di difendere i loro interessi contro gli interessi della classe lavoratrice. Lo si vede nella violenza delle politiche di liberalizzazione e di privatizzazione che sono state messe in atto, e nell'austarità monetaria e di bilancio (lanciata col trattato di Maastricht).

Nell'attuale periodo di crisi, tali politiche provocano solo ulteriori sofferenze alla classe lavoratrice. Non c'è stato nessun minimo allentamento degli stretti vincoli del Patto di Stabilità, con cui si impongono livelli molto bassi di spesa e di deficit pubblico.E sebbene la Banca Centrale Europea si dica favorevole ad un allentamento dell'austerità monetaria, quello che poi fa è talmente limitato che potrà solo contribuire ad approfondire la crisi in Europa.

L'Unione Europa è una macchina da guerra che viene usata contro i diritti sociali e contro i lavoratori, specialmente contro i lavoratori immigrati: dumping sociale, taglio dei "costo del lavoro", "libera e distorta competizione", caccia agli immigrati, confini chiusi, cooperazione tra le polizie, e così via.

Perciò l'Unione Europa non è un'istituzione neutrale che ha bisogno di un qualche "rimodellamento" della sue politiche - essa è invece al pieno servizio istituzionale del potere capitalista per servire i padroni ed i banchieri.

L'elezione del Parlamento Europeo non cambierà questa situazione in nessun modo. Solo le lotte sociali unitarie di tutti i lavoratori europei in un ampio movimento sociale europeo possono fermare queste politiche ed incoraggiare la crescita di una forza rivoluzionaria contro il capitalismo e le sue isituzioni, per costruire un'altra società.

Una società basata su reali ideali internazionali di libertà, uguaglianza e solidarietà.

Federazione dei Comunisti Anarchici (Italy)
Alternative Libertaire (France)
Workers Solidarity Movement (Ireland)
Liberty and Solidarity (United Kingdom)

Link esterno: http://www.anarkismo.net