lunedì 8 novembre 2010

appello manifestazione 20 novembre a L'Aquila

Sono passati quasi due anni dal terremoto e qui a L’ Aquila va sempre peggio, per questo abbiamo deciso di tornare ancora una volta in piazza. Lo faremo il 20 novembre, invitando i movimenti a partecipare e a farsi carico di una situazione drammatica.
Sulla nostra pelle si è fatto e si sta facendo di tutto, la nostra città sta morendo, tra il disinteresse generale: vi invitiamo a stare un giorno con noi, per capire, per lottare. Oggi L’Aquila è una città fantasma, svuotata, senza più abitanti, dove si sopravvive senza diritti, senza lavoro, senza casa, con una crisi economica e sociale che colpisce sempre più persone. Ma la crisi di questa città è la crisi di un intero sistema e quanto viviamo noi è un modello che rischia di riproporsi, in dimensioni e modalità ancora più drammatiche.
Manifestare a L’Aquila non significa solo essere a fianco di circa centomila persone. Significa soprattutto capire che le catastrofi oggi
rappresentano sia la nuova frontiera dell’arricchimento, sia la forma
di governabilità, il modello con il quale imporre l’ordine attraverso
lo stato di emergenza. Il terremoto ha rappresentato il varco oltre il quale ciò che prima non era politicamente conveniente è diventato condivisibile, “necessario”. Si sta distruggendo un territorio e
si sta riducendo una città ad un’unica strada, ad un centro commerciale,
ad una serie di dormitori, ad una miriade di baracche.
Contemporaneamente ci vengono rubati i diritti: prima del terremoto nessun@ avrebbe accettato la limitazione delle proprie scelte, persino
nell’agire quotidiano, nessun@ avrebbe accettato di essere trattato non più come un cittadino ma come un mendicante costretto a ringraziare.
Nessun@ avrebbe accettato di essere licenziato dall’oggi al domani,
di perdere la propria attività lavorativa, di vivere tra transenne,
cancelli, colonne di mezzi militari e divise di ogni genere. Nessun@
avrebbe tollerato che i morti, i crolli, le difficoltà, la miseria,
diventassero oggetto di speculazione per le grandi imprese o di propaganda per i politicanti. Questo è il vero volto del “miracolo”
aquilano: un disastro! Si sono serviti di operazioni ciniche e
violente: la militarizzazione del territorio, i sistemi di
controllo, i campi, la sovraesposizione del G8, la Protezione Civile, i
commissariamenti, le menzogne, il buonismo, la creazione di falsi nemici e di falsi miti.
Vogliono produrre una società priva di ogni capacità critica, decisionale, resistenziale, frantumata in tante microscopiche nicchie; una società che rinunci alla propria dignità in cambio di quattro baracche con il televisore al plasma. E vogliono un territorio ridotto a merce. E’ quanto sta accadendo qui, in quella che era una tranquilla cittadina di provincia, è quanto potrebbe accadere ovunque!

EPICENTRO SOLIDALE

mercoledì 3 novembre 2010

Documento finale dell'8° Congresso FdCA

8° Congresso Nazionale

Federazione dei Comunisti Anarchici

Fano, 31 ottobre/1 novembre 2010


Costruire unità e solidarietà per l'alternativa libertaria


Il mito neoliberista di uno sviluppo inarrestabile legato alla diffusione del mercato si è dissipato, lasciando postumi dolorosi di contrazione dei mercati, solo apparentemente risolvibili con l'acutizzarsi della concorrenza e con il dumping sociale internazionale.

Così il capitalismo, mentre ridisegna la sua geografia, trova una apparente unità nello scaricare - proprio grazie alla globalizzazione - la sua crisi finanziaria sulle economie reali di interi continenti e dei singoli Stati.

Perché il capitalismo approfitta da sempre delle crisi per rigenerarsi, e ristrutturare a suo vantaggio i rapporti di forza delle classi.

In particolare in tutto l'occidente alla classe lavoratrice viene imposto di pagare il costo di una crisi che non ha creato, di accettare un arretramento delle condizioni di vita e di lavoro, un periodo di transizione di instabilità economica e sociale che modifica in profondità le condizioni di vita, in nome della concorrenzalità con aree geografiche a forte crescita e più bassi costi sociali.

L'attacco è all'intera struttura sociale, ai diritti ed alle certezze acquisite dai lavoratori con decenni di lotte in periodi di espansione, un attacco alla presenza stessa di un movimento operaio organizzato.

Con il doppio obiettivo di abbassare i costi, drenando ingenti risorse dal salario diretto, indiretto e differito necessarie all'auto-finanziamento della crisi, e di ricondurre la classe lavoratrice ad uno stato di ulteriore subordinazione agli interessi aziendali e quindi del mercato.

I lavoratori e le lavoratrici vengono messi in concorrenza spietata fra loro per il mantenimento di posti di lavoro sempre più fragili e meno remunerativi, mentre si cerca di disarticolare ogni risposta collettiva con l'abbattimento della agibilità sindacale e l'espulsione dal tavolo della concertazione di ogni sindacato non collaborativo.

A questo si accompagnano processi di riduzione di spazio di democrazia sostanziali in tutti i paesi europei, favoriti anche dallo svuotamento del ruolo politico di indirizzo degli Stati, meri applicatori delle direttive economiche sopranazionali che consistono in politiche di riduzione della spesa pubblica, essenzialmente dei servizi, a favore di politiche finanziarie e privatistiche di bilancio e di gestione del territorio e delle risorse.

Anche qui si cerca di convincere i lavoratori che agire sulla riduzione dei costi dei servizi pubblici e sulla contrazione della platea di coloro che ne hanno accesso significhi un risparmio individuale invece che un impoverimento collettivo, con la riduzione del salario indiretto e l'aumento del prelievo fiscale. Con il conseguente ridursi degli spazi di partecipazione politica, ridotta a culto di personalità o ricerca di posti di potere.

Sul piano sociale l'impoverimento così generato autoalimenta l'insicurezza, che acuisce i processi di divisione e spinge a cercare risposte individuali per la sopravvivenza e porta al degradarsi del territorio e delle relazioni sociali, con l'esclusione di ogni soggetto che non rientra nella logica della produzione e del consumo.

Ma l'unità e la solidarietà che scompaiono dai luoghi di lavoro, dai ranghi del sindacato, dalle lotte nel territorio, dalle manifestazioni e dagli scioperi, possono essere recuperate, riattivate e re-immesse in circolo solo con un lavoro capillare in ogni situazione che richieda la presenza, l'intelligenza politica, la capacità di unire e non dividere, di sviluppare solidarietà e non competizione, da parte degli attivisti rivoluzionari.

In questo contesto il ruolo dei Comunisti Anarchici è, ogni giorno, ovunque siamo presenti, continuare a diffondere pratiche politiche e relazionali libertarie, autogestionali e antigerarchiche come metodo, costruire gradualmente idee ed obiettivi alternativi al capitalismo ed agli Stati, come nostra piattaforma, costruire solidarietà e progettualità condivisa anche a livello internazionale.

Sostenere quelle parti di sindacato e quelle lotte sociali ancora in grado di sviluppare conflittualità e richiedere redistribuzione delle ricchezze invece di socializzazione delle perdite significa costruire, qui e ora, un'alternativa di classe.

Appoggiare le lotte di difesa dei diritti acquisiti ed il loro allargamento ai soggetti esclusi, allargare i diritti di cittadinanza, combattere le forme di criminalizzazione della povertà che sono alla base del razzismo sempre più diffuso, difendere i beni comuni con la rivendicazione di obiettivi unitari sempre più avanzati significa costruire qui e ora un'alternativa alla desertificazione e alla mercificazione del territorio.

Costruire reti e coordinamenti capaci di federare quelle organizzazioni ed associazioni che si battono per una medesima prospettiva o che si schierano contro uno stesso pericolo, (sia esso tanto il neofascismo, il razzismo, il patriarcato, l'omofobia quanto l'inquinamento, le privatizzazioni, le guerre dell'imperialismo...), soggetti collettivi capaci di sviluppare obiettivi politici, culturali, economici condivisi per far crescere le lotte sul territorio che ridisegnino una società più partecipativa e quindi più giusta, senza ricadere in meccanismi di delega, significa costruire l'alternativa libertaria.

Federazione dei Comunisti Anarchici

Fano 1 novembre 2010

Documento finale approvato dal VIII Congresso Nazionale della FdCA

(sul sito www.fdca.it a breve gli atti congressuali completi)