sabato 15 dicembre 2012

Accanto ai lavoratori delI'Ilva, che non cedono il loro diritto alla salute

Accanto ai cittadini di Taranto, che rivedicano il loro diritto a lavorare  per vivere, non per morire.
Taranto è l'emblema del fallimento della classe imprenditoriale italiana che ha cercato di galleggiare sulla crisi riducendo i costi del lavoro e delle tutele ambientali, invece che investire per ammodernare impianti e tecnologie, contando sulla scontata complicità di uno dello Stato.

Taranto è l'emblema del fallimento  di una classe politica nazionale, incapace di occuparsi del paese reale da sempre, incapace di ogni politica industriale e di ogni parvenza di pianificazione e indirizzo della cosa pubblica, pronta a favorire padroni e padroncini, ed è l’emblema di una classe politica locale preoccupata nella migliore delle ipotesi  delle proprie compatibilità.

Taranto è l'emblema il simbolo del fallimento della scelta legalitaria, del pensare che le leggi bastino a se stesse, anche se non ci sono rapporti di forze utili a farle rispettare.

Taranto  è l'emblema dell'impossibilità di sopravvivere al presente, anche da parte dei lavoratori e dei sindacati, se non si riesce a immaginare un futuro diverso.

E da Taranto bisogna ripartire.

Quello che si farà all'ILVA di Taranto dipende da quanto i lavoratori dell'ILVA riusciranno a imporre la loro presenza, la loro competenza, la loro conoscenza dei cicli produttivi nelle scelte di bonifica e di messa in sicurezza  degli impianti, la loro partecipazione al percorso decisionale e di controllo. Da quanto in questo saranno capaci di coinvolgere i loro compagni dell'ILVA nel resto d'Italia, perché se a Taranto si muore di lavoro non è che in Liguria si festeggi. E dall'infame e scontato  ricatto padronale bisogna uscire, tutti insieme. E se, o visto che, alcuni sindacati questo non riescono proprio a capirlo, solo i lavoratori possono farglielo capire.

E  se fosse che quello che si farà oggi all'ILVA di Taranto non diminuirà i morti per i prossimi dieci anni,  quello che i cittadini di Taranto  riusciranno a fare per modificare le politiche sanitarie regionali potrà forse farlo.  Visto che si muore di più, a Taranto, se si abita a Tamburi, in un quartiere popolare, e  non si può andare a farsi curare al nord. Altro che tagli alle spese regionali per la sanità! Perchè se oggi si sa quello che succede a causa dell'ILVA di Taranto, e di tante altre realtà produttive che producono sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici, e delle loro famiglie, a Taranto come a Priolo, come anni fa a Bagnoli e all'Acna di Cengio, è grazie a chi ha denunciato e denuncia, e a chi raccoglie queste denunce di base. Perché ora sono i numeri a dire che se si è poveri si muore di più, perché si è curati di meno, o si curati peggio.

E perché se un futuro diverso è possibile, va costruito insieme. Perché a Taranto si lavori per vivere, all'ILVA come altrove, e non per morire.

Federazione dei Comunisti Anarchici - Puglia

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